T11 - Stabat nuda Aestas

T11

Stabat nuda Aestas

Il titolo (letteralmente, “L’Estate stava nuda”) è tratto da un verso delle Metamorfosi del poe­ta latino Ovidio, una delle principali fonti d’ispirazione di Alcyone. La lirica, di incerta datazione, celebra l’estate, qui personificata in una divinità femminile.


Metro 3 strofe di 8 endecasillabi sciolti con assonanze irregolari.

Primamente intravidi il suo piè stretto

scorrere su per gli aghi arsi dei pini

ove estuava l’aere con grande

tremito, quasi bianca vampa effusa.

5      Le cicale si tacquero. Più rochi

si fecero i ruscelli. Copiosa

la resina gemette giù pe’ fusti.

Riconobbi il colùbro dal sentore.


Nel bosco degli ulivi la raggiunsi.

10    Scorsi l’ombre cerulee dei rami

su la schiena falcata, e i capei fulvi

nell’argento pallàdio trasvolare

senza suono. Più lungi, nella stoppia,

l’allodola balzò dal solco raso,

15    la chiamò, la chiamò per nome in cielo.

Allora anch’io per nome la chiamai.


Tra i leandri la vidi che si volse.

Come in bronzea mèsse nel falasco

entrò, che richiudeasi strepitoso.

20    Più lungi, verso il lido, tra la paglia

marina il piede le si torse in fallo.

Distesa cadde tra le sabbie e l’acque.

Il ponente schiumò ne’ sui capegli.

Immensa apparve, immensa nudità.

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il titolo e il motivo prendono spunto da un verso di Ovidio: stabat nuda Aestas et spicea serta gerebat (Metamorfosi, II, 28, “L’Estate stava nuda e portava ghirlande di spighe”). Tuttavia l’ispirazione si ferma in superficie, poiché il poeta latino con un’immagine di pura decorazione rappresenta l’Estate accanto al trono del Sole, in un atteggiamento ieratico e solenne. D’Annunzio invece la vede correre in mezzo a un bosco di ulivi, la insegue, la raggiunge prima che essa si dilegui nuovamente, infine la chiama e la rivede, tra le alghe, nuda e con i capelli immersi nella schiuma delle onde del mare.

Sarebbe forse inutile cercare di stabilire se la protagonista del componimento, personificazione della stagione estiva, sia una fanciulla reale oppure una trasfigurazione sognante, il fantasma di una creatura mitica (forse una ninfa o una dea), oppure ancora se il poeta abbia volutamente confuso i ricchi elementi del paesaggio con le belle fattezze di una donna, immersa nella natura lussureggiante fino a dissolversi totalmente in essa. D’altra parte, proprio l’ambiguità è la caratteristica del prodigio: dall’improvvisa apparizione della donna-Estate (Primamente intravidi, v. 1) allo stupore silenzioso di tutti gli spettatori naturali (Le cicale si tacquero. Più rochi / si fecero i ruscelli. Copiosa / la resina gemette giù pe’ fusti, vv. 5-7), dal suo misterioso trasvolare / senza suono (vv. 12-13) fino alla dissoluzione finale, nella grandiosa scena della sua nudità, che il poeta è tentato di saggiare «in una sorta di amplesso cosmico» (Roncoroni).

Le scelte stilistiche

Ammirata di spalle dal poeta, che ne ha progressivamente svelato la bellezza (dal piè stretto, v. 1, alla schiena falcata, v. 11, fino ai capegli, v. 23), la natura si svela così nella sua perturbante femminilità, al termine di un inseguimento sottolineato anche dal piano ritmico del testo. Dopo i versi rallentati e quasi immobili che chiudono la prima strofa, la seconda invece accompagna la tensione della fuga con un crescendo, prima suggerito dall’enjambement tra i vv. 12 e 13 e poi culminante con l’anadiplosi del v. 15 (la chiamò, la chiamò) e il successivo chiasmo (la chiamò per nomeper nome la chiamai, vv. 15-16).

Soggetto umano e natura si scambiano ruoli e fattezze: la donna, in particolare, si trasforma in paesaggio, tanto che d’Annunzio ne avverte la presenza attraverso sensazioni uditive (lo scalpiccio sugli aghi arsi dei pini, v. 2; il silenzio delle cicale, v. 5; il sordo rumore dei ruscelli, vv. 5-6; il crepitìo del falasco, vv. 18-19), termiche (il grande / tremito dell’aria, vv. 3-4) e cromatiche (la bianca vampa, v. 4). È infatti un’allodola ad aiutare il poeta a comprendere il fenomeno e a spingerlo a consacrarsi senza timore a una comunione panica e divina con la natura (l’allodola […] la chiamò per nome in cielo. / Allora anch’io per nome la chiamai, vv. 14-16).

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Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Dai un titolo a ciascuna strofa e riassumine il contenuto.


2 Descrivi l’aspetto fisico della donna-dea sulla base delle immagini usate dal poeta.

ANALIZZARE

3 La lirica è ricca di immagini che coinvolgono diverse sfere sensoriali. Trascrivile qui sotto:


tatto 

 


vista

 


udito

 


olfatto

 


4 I vv. 15-16 contengono tre figure retoriche: quali?


5 Evidenzia i termini che, normalmente attribuiti al comportamento umano, si riferiscono qui a elementi della natura. Quale risultato ottiene il poeta con questo procedimento?

INTERPRETARE

6 Come definiresti il registro lessicale adoperato da d’Annunzio? Rispondi facendo riferimento al testo con opportuni esempi.

COMPETENZE LINGUISTICHE

7 Associa ai seguenti termini aulici usati nel componimento dei sinonimi di uso comune, oltre a quelli suggeriti in nota.


 vampa  messe

cerulee

   colubro

copiosa

   lungi

T12

Implorazione

Sotto il titolo di Madrigali dell’estate troviamo una serie di undici brevi liriche, di cui ignoriamo la data di composizione, che affrontano il tema della lenta agonia dell’estate. Qui di seguito ne presentiamo tre, simili sia sotto l’aspetto tematico sia sotto quello metrico-stilistico.


Metro Madrigale formato da 2 terzine a rima replicata ABC, ABC e da 2 distici a rima baciata DD, EE.

Estate, Estate mia, non declinare!

Fa che prima nel petto il cor mi scoppi

come pomo granato a troppo ardore.


Estate, Estate, indugia a maturare

5       i grappoli dei tralci su per gli oppi.

Fa che il colchico dia più tardo il fiore.


Forte comprimi sul tuo sen rubesto

il fin Settembre, che non sia sì lesto.


Sòffoca, Estate, fra le tue mammelle

10    il fabro di canestre e di tinelle.

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T13

Le lampade marine

La quiete notturna del mare pare annullare ogni sensazione.


Metro Madrigale formato da 2 terzine a rima replicata ABC, ABC e da un distico assonante.

Lucono le meduse come stanche

lampade sul cammin della Sirena

sparso d’ulve e di pallide radici.


Bonaccia spira su le rive bianche

5      ove il nascente plenilunio appena

segna l’ombra alle amare tamerici.


Sugger di labbra fievole fa l’acqua

ch’empie l’orma del piè tuo delicata.

T14

Nella belletta

In questo madrigale compare un motivo caro alla poetica dannunziana: l’ossessione della decadenza.


Metro Madrigale formato da 2 terzine a rima replicata ABC, ABC e da un distico assonante.

Nella belletta i giunchi hanno l’odore

delle persiche mézze e delle rose

passe, del miele guasto e della morte.


Or tutta la palude è come un fiore

5      lutulento che il sol d’agosto cuoce,

con non so che dolcigna afa di morte.


Ammutisce la rana, se m’appresso.

Le bolle d’aria salgono in silenzio.

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

La stagione estiva sta per finire e il poeta registra i segni di questo inevitabile tramonto. La piena esperienza della vitalità della natura e del corpo, che l’estate ha portato con sé, comincia ora a lasciare spazio alla consapevolezza dell’avvicinarsi dell’autunno, stagione in cui il sole declina e viene meno l’esuberanza giovanile. I Madrigali dell’estate costituiscono una successione omogenea di liriche che trasmettono proprio la percezione di un imminente distacco: il mito di una totale fusione con la natura, alimentato nell’animo dalla “grande estate”, si spegne in questo sentire malinconico, che saluta una stagione breve dell’esistenza e l’illusione della felicità e dell’amore.

La prima lirica dei Madrigali può essere interpretata come l’epigrafe o l’introduzione dell’intera sezione. D’Annunzio implora l’estate di fermarsi, di aspettare a far maturare i grappoli nelle vigne e di rimandare l’arrivo di settembre: il tono languido, l’invocazione iniziale (poi ripresa in anafora al v. 4) e gli imperativi successivi sottolineano lo struggimento del poeta.
Anche nelle Lampade marine lo stato d’animo dell’io lirico è debole e spossato nel cogliere il progressivo disfarsi della bellezza dei luoghi e delle cose e nel fissarsi su impressioni evanescenti: la luce fioca delle meduse sul mare piatto, le ombre del plenilunio sulla spiaggia, il sussurro delle onde che a fatica arrivano sulla battigia. Le sensazioni sono tutte smorzate, come se annunciassero la propria imminente fine, in un pallido accenno cromatico che sottintende anche una delicata ma insinuante sensualità.

Nell’ultimo madrigale, Nella belletta, la fine della stagione si traduce nell’avvio di un processo di disfacimento o di decomposizione della natura, che trasmette una vaga fascinazione di morte: il violento calore di agosto, a contatto con la palude riarsa e marcescente, diffonde un odore dolciastro di putrefazione.

La sensazione di una maturità sfatta, appassita e prossima alla morte contagia proprio le cose e i frutti solitamente più ricchi, freschi e vitali: le persiche mézze (v. 2), le rose / passe (vv. 2-3), il miele guasto (v. 3), che nel cuore trionfante dell’estate avevano rappresentato la voluttà dei profumi (le pesche), il godimento dell’amore (le rose), la dolcezza della passione (il miele). Rimane un unico segnale di vita, il gracidare della rana nello stagno, ma anch’esso scompare all’avvicinarsi del poeta, sostituito dall’immagine delle bolle d’aria (v. 8) che emergono dal fondo della palude.

Le scelte stilistiche

La struttura metrica qui adottata permette a d’Annunzio di calibrare perfettamente le varie parti del discorso poetico, esprimendo con immediatezza le diverse impressioni suscitate in lui dalla realtà naturale. Al contempo, sul piano lessicale, i madrigali adottano un linguaggio realistico e descrittivo, pur senza rinunciare a suggestive sfumature metaforiche o analogiche (nelle Lampade marine, le meduse Lucono… come stanche / lampade, vv. 1-2; i fondali del mare sono il cammin della Sirena, v. 2; l’acqua produce un rumore lieve come un Sugger di labbra fievole, v. 7): ciò spiega il ricorso a un linguaggio tecnico che a prima vista potrebbe apparire esasperato (si pensi alla precisione dei termini botanici: oppi, colchico, ulve, tamerici), ma che risponde di fatto all’esigenza di una netta e quasi oggettiva essenzialità, in contrasto con ogni eccesso o compiacimento verbale.

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Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Quali diversi aspetti della fine dell’estate vengono presentati nelle tre liriche? Sintetizzali in un paio di righe per ciascun componimento.

ANALIZZARE

2 Individua, in tutti e tre i componimenti, gli elementi naturali che caratterizzano l’estate.


3 Quale relazione si instaura, in Implorazione, tra la personificazione dell’estate e quella dell’autunno?


4 Collega a ciascuna delle seguenti immagini presenti ne Le lampade marine l’aggettivo che il poeta ha scelto per qualificarne il carattere o l’essenza.


  • a Le lampade fievole
  • b Le radici pallide
  • c Le rive bianche
  • d Il plenilunio delicata
  • e Il rumore dell’acqua stanche
  • f L’orma del piede nascente
  • fievole
  • pallide
  • bianche
  • delicata
  • stanche
  • nascente

5 Quali elementi creano l’atmosfera malinconica de Le lampade marine?


6 Individua le sensazioni olfattive, visive e uditive descritte da d’Annunzio in Nella belletta per suggerire l’idea della natura in decomposizione.

INTERPRETARE

7 In che cosa la figura femminile di Implorazione è simile o diversa da quella di Stabat nuda Aestas ( T11, p. 605)?


8 Nella belletta si chiude su un’immagine di silenzio: in che cosa si avvicina o differisce da quella di Meriggio ( T10, p. 600)?


9 Quali stati d’animo tipici del dannunzianesimo sono presenti in questi tre componimenti.

Dibattito in classe

10 Quale immagine dell’estate preferisci tra quelle offerte da componimenti come Meriggio e Stabat nuda Aestas e quella presente nei Madrigali dell’estate? Perché? Confrontati con i compagni.

Acqua e morte

Opposte forze di amore e morte, dramma e pace percorrono il dipinto del pittore simbolista Odilon Redon: vicino al mondo della letteratura, Redon racconta nei suoi dipinti miti e storie sfruttando una gamma di colori fantastici e quasi surreali, in cui le tonalità accese dello sfondo azzurro e delle macchie colorate dei fiori sembrano stemperare il dramma incombente. Il pittore dedica una serie di tele a Ofelia, la protagonista femminile dell’Amleto di Shakespeare: secondo la narrazione del poeta inglese, la donna, incautamente appesa a un ramo di salice che vorrebbe adornare di ghirlande di fiori, scivola in un gorgo d’acqua e muore. In questo dipinto Ofelia, come una ninfa o una creatura marina, sembra abbandonarsi alle onde che stanno per ucciderla e già chiude gli occhi ad accettare il suo destino di morte.

Vola alta parola - volume 5
Vola alta parola - volume 5
Il secondo Ottocento