I testi

I testi

Temi e motivi dei componimeti antologizzati

T8

La sera fiesolana

l’umanizzazione della natura e del paesaggio

il richiamo al Cantico delle creature 

la ricerca della musicalità

T9

La pioggia nel pineto

la metamorfosi del corpo in elemento naturale

la fusione con i suoni, i colori e la sostanza della natura

il potenziamento di sé come capacità di comprendere oltre i propri sensi

T10

Meriggio

la perdita di identità nella natura

l’esaltazione dell’energia vitale

T11

Stabat nuda Aestas

la personificazione dell’estate

le immagini che coinvolgono le sfere sensoriali

T12

Implorazione

la richiesta all’estate perché non finisca

T13

Le lampade marine

la descrizione dell’evanescenza delle cose

T14

Nella belletta

la morte delle cose che appassiscono e marciscono nel calore

T15

I pastori

la nostalgia per un mondo semplice negato al poeta

il ritorno alle origini

T8

La sera fiesolana

Si tratta della prima delle composizioni di Alcyone in senso cronologico. Scritta nel giugno 1899 nella villa La Capponcina, dove d’Annunzio si trova in compagnia di Eleonora Duse, la lirica viene pubblicata per la prima volta nel novembre dello stesso anno sulla rivista “Nuova Antologia” con le tre strofe di cui si compone intitolate rispettivamente La natività della lunaLa pioggia di giugno e Le colline.


Metro 3 strofe di 14 versi ciascuna di varia lunghezza con rime libere, seguite da una ripresa di 3 versi, il primo dei quali è in rima con l’ultimo della strofa precedente.

Fresche le mie parole ne la sera

ti sien come il fruscìo che fan le foglie

del gelso ne la man di chi le coglie

silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta

5      su l’alta scala che s’annera

contro il fusto che s’inargenta

con le sue rame spoglie

mentre la Luna è prossima a le soglie

cerule e par che innanzi a sé distenda un velo

10    ove il nostro sogno si giace

e par che la campagna già si senta

da lei sommersa nel notturno gelo

e da lei beva la sperata pace

senza vederla.

15    Laudata sii pel tuo viso di perla,

o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace

l’acqua del cielo!


Dolci le mie parole ne la sera

ti sien come la pioggia che bruiva

20    tepida e fuggitiva,

commiato lacrimoso de la primavera,

su i gelsi e su gli olmi e su le viti

e su i pini dai novelli rosei diti

che giocano con l’aura che si perde,

25     e su ’l grano che non è biondo ancòra

e non è verde,

e su ’l fieno che già patì la falce

e trascolora,

e su gli olivi, su i fratelli olivi

30     che fan di santità pallidi i clivi

e sorridenti.


Laudata sii per le tue vesti aulenti,

o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce

il fien che odora!


35     Io ti dirò verso quali reami

d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti

eterne a l’ombra de gli antichi rami

parlano nel mistero sacro dei monti;

e ti dirò per qual segreto

40    le colline su i limpidi orizzonti

s’incùrvino come labbra che un divieto

chiuda, e perché la volontà di dire

le faccia belle

oltre ogni uman desire

45     e nel silenzio lor sempre novelle

consolatrici, sì che pare

che ogni sera l’anima le possa amare

d’amor più forte.


Laudata sii per la tua pura morte,

50    o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare

le prime stelle!

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Siamo in una sera di giugno, bagnata dalla pioggia (commiato lacrimoso de la primavera, v. 21) e illuminata dal pallido barlume della luna, nel momento evanescente del crepuscolo: un momento di passaggio, di trasformazioni impercettibili, carico di attesa e suggestione. Nel silenzio immobile del calare del giorno si percepiscono solo vaghi, lievissimi suoni, piccole variazioni di luce, il fruscio delle foglie del gelso che un contadino, su una scala appoggiata al tronco, raccoglie.

Il paesaggio collinare fiorentino, con la sua dolcezza, i suoi uliveti e il fiume Arno, assiste alla fine della primavera, che muore e si trasforma in estate: immerso in questa atmosfera sta il poeta, che contempla e loda la sera tuffandosi nel suo grembo fresco e dolce, pronto ad afferrare tutte le fuggevoli sensazioni (visive, olfattive, uditive, tattili, anche gustative) che provengono dalla natura. Accanto a lui si coglie una presenza femminile, silenziosa, in attesa di apprendere dall’amante un’arcana rivelazione: il mistero sacro dell’amore, che le labbra (v. 41) delle colline sembrano voler svelare.

Abbiamo provato a sintetizzare il contenuto della lirica, sebbene essa non presenti uno sviluppo logico-discorsivo, ma si articoli in un libero fluire di immagini e percezioni, legate tra loro da una catena ininterrotta di analogie. Più che descrivere, infatti, il poeta esprime uno stato d’animo sospeso e indefinito attraverso impressioni e suggestioni. Anche l’apparizione della luna, che è l’immagine centrale della prima strofa, non viene rappresentata, ma evocata come il momento miracoloso della sera, contemplata nel gioco degli scambi tra dimensione psichica e dato naturale, tra realtà fisica e trasfigurazione antropomorfica. La stessa tacita presenza della donna, alla quale si rivolge il poeta, è ridotta al minimo, richiamata appena da accenni discreti (ti sien, vv. 2 e 19; il nostro sogno, v. 10; ti dirò, vv. 35 e 39; ci chiami, v. 36), mentre la sera viene personificata in una languida figura femminile.

Siamo dunque all’opposto di una resa oggettiva o realistica: la natura è interiorizzata e umanizzata dal poeta, che rappresenta, oltre alla sera, la luna e gli altri elementi del paesaggio come figure umane, partecipi della vita divina che anima l’universo in ogni sua fibra. Al tempo stesso, egli e la donna amata si compenetrano nella natura, entrando in essa e condividendone la continua, vitale e armoniosa metamorfosi.

Di questa meraviglia naturale d’Annunzio si assume il compito di rivelare l’essenza e la musica segreta grazie a una sapiente modulazione di suoni, ritmi, immagini. Come un poeta-veggente, egli si ritiene il solo a poter decifrare la complessità dell’esistenza, a farsi interprete di profonde verità insondabili da parte dell’uomo comune, a decodificare la «foresta di simboli» e le «corrispondenze», come le aveva definite Baudelaire ( p. 404), che si celano dietro il reale, in una fitta trama di rapporti tra le cose.

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Non a caso, tutto il testo è attraversato da una notevole tensione espressiva; il poeta annuncia parole (vv. 1 e 18) e ripete ti dirò (vv. 35 e 39); perfino la natura è agitata dalla stessa necessità: verso quali reami / d’amor ci chiami il fiume (vv. 35-36), le cui fonti / eterne […] parlano nel mistero sacro dei monti (vv. 36-38), le colline si piegano come labbra (vv. 40-41) e hanno volontà di dire (v. 42).

La ragione arcana (il segreto, v. 39) che riposa al fondo dell’essenza della natura rimane però indefinibile, come evidenziano le espressioni mistero sacro (v. 38), divieto (v. 41), chiuda (v. 42), silenzio (v. 45). Qualcosa di sacro e inviolabile (un divieto, v. 41) impedisce alle parole di essere pronunciate: la magia enigmatica del potere dei suoni e delle sensazioni può essere soltanto evocata nella trasfigurazione di una vita panica e sublime, oltre la sfera e i limiti dell’umano, nell’impalpabile confine tra il dicibile e l’indicibile. Anche sotto la superficie innocente e pura della Sera fiesolana, d’Annunzio ribadisce le prerogative esclusive di una sensibilità superiore.

Le scelte stilistiche

La ricerca della musicalità emerge innanzitutto dalla fluidità melodica delle strofe, che si snodano senza spezzature, con una punteggiatura ridotta al minimo (la prima ne è addirittura priva) e con un’accentuata concatenazione sia sintattico-retorica sia contenutistica. C’è, è vero, un numero cospicuo di enjambement, che tuttavia, più che frammentare il ritmo, lo cadenza in lunghe sequenze di sillabe. Le figure di suono accentuano il tessuto musicale della lirica: rime (sera : s’annera; foglie : coglie; spoglie : soglie ecc.), allitterazioni (per esempio, la ricorrenza del suono f nei primi versi) e fonosimboli rappresentano i fenomeni descritti.

La relazione tra i diversi aspetti delle cose viene sottolineata soprattutto dalla metafora, assai frequente al fine di rendere l’immagine umanizzata della natura. La luce lunare diventa il viso di perla (v. 15) della sera, le vene d’acqua lasciate dalla pioggia sono i suoi grandi umidi occhi (v. 16), il suo profumo è irradiato dalle vesti aulenti (v. 32); e il medesimo processo di umanizzazione tocca anche gli altri aspetti naturali evocati: dalla campagna alla primavera, dai pini alle fronde degli alberi ecc. Particolarmente audaci sono le sinestesie, che rimarcano la compresenza di piani sensoriali diversi: è il caso delle Fresche […] parole (v. 1), che accostano la sensazione uditiva a quella tattile (non sono le foglie a essere umide, ma è la sensazione uditiva delle parole del poeta a rendere la percezione della freschezza); così come del si tace / l’acqua del cielo (vv. 16-17), dove la vista è compenetrata nel silenzio; e delle Dolci […] parole (v. 18), che fondono gusto e udito.
Nella delicatezza di immagini e suoni che caratterizza la lirica non manca infine un importante residuo dell’estetismo misticheggiante tipicamente decadente. Ci riferiamo alle terzine della ripresa-ritornello posta in chiusura di ciascuna delle tre strofe, terzine chiaramente modellate sul Cantico delle creature di Francesco d’Assisi. Tuttavia, oltre a conferire una veste arcaizzante al testo, il motivo della lode offerta in dono alla sera, trasformata in figura femminile, è una suggestione elegante e simbolica. Al di là della formula d’apertura (Laudata sii), il poeta ricrea un’atmosfera di pace e consolazione (come si coglie dall’accenno agli ulivi al v. 29, chiamati, con un termine francescano, fratelli), che si spegne nel sensuale dissolversi della notte (vv. 49-51), epilogo di una estenuata e conturbante partitura liturgica.

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Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 A chi si rivolge il poeta nella lirica?


2 Quali particolari permettono di collocare la situazione evocata in una specifica stagione dell’anno?


3 Riassumi il contenuto di ciascuna strofa.

ANALIZZARE

4 Analizza il lessico utilizzato da d’Annunzio: a quale registro linguistico rimanda? Motiva la tua risposta con opportuni riferimenti al testo.


5 Compila un catalogo dei particolari cromatici presenti nella lirica.


6 Completa la tabella collegando ciascuna delle seguenti figure retoriche alla rispettiva espressione:


similitudine metafora epizeusi sineddoche personificazione • figura etimologica • apostrofe


su gli olivi, su i fratelli olivi (v. 29)

 

o Sera (vv. 16, 33, 50)

 

come il salce (v. 33)

amare / d’amor (vv. 47-48)

 

beva la sperata pace (v. 13)

 

antichi rami (v. 37)

 

pini dai novelli rosei diti (v. 23)

 


7 Nel componimento, ciascuno degli elementi naturali elencati qui di seguito compie un’azione, o così sembra, proprio come un essere umano. Indica attraverso quali immagini poetiche d’Annunzio ha reso la loro personificazione:


la Luna

 


la campagna

 


la Sera

 


la pioggia

 


i germogli dei pini

 


il fieno falciato

 


gli olivi

 


8 Individua i fonosimboli presenti nel testo.

INTERPRETARE

9 Qual è il valore attribuito alla parola poetica? E quale ruolo il poeta assume per sé?


10 Quali parole conferiscono una particolare atmosfera erotica all’ultima strofa?

COMPETENZE LINGUISTICHE

11 Individua nel testo almeno cinque latinismi e scrivi, per ciascuno, un sinonimo di uso comune.

Produrre

12 Scrivere per argomentare. La sera rappresenta un topos molto frequente in poesia, soprattutto a partire dal Romanticismo. A tuo giudizio, per quale motivo? Facendo riferimento a testi di poeti che conosci, metti in luce l’originalità con cui d’Annunzio affronta il tema.

Vola alta parola - volume 5
Vola alta parola - volume 5
Il secondo Ottocento