T15 - Sorella

T15

Sorella

Questa poesia è dedicata alla sorella Maria, che Pascoli chiamava affettuosamente Mariù. L’atmosfera familiare descritta corrisponde, ancora una volta, a quella del «nido».


Metro Quartine di decasillabi e novenari alternati, a rima alternata (ABAB CDCD ecc.).

a Maria


Io non so se più madre gli sia

la mesta sorella o più figlia:

ella dolce ella grave ella pia,

corregge conforta consiglia.


5      A lui preme i capelli, l’abbraccia

pensoso, gli dice, Che hai?

a lui cela sul petto la faccia

confusa, gli dice, Non sai?


Ella serba nel pallido viso,

10    negli occhi che sfuggono intorno,

ah! per quando egli parte il sorriso,

le lagrime per il ritorno.


Per l’assente la madia che odora

serbò la vivanda più buona;

15   e lo accoglie lo sguardo che ignora,

col bacio che sa, ma perdona.


Ella cuce; nell’ombra romita

non s’ode che l’ago e l’anello:

ecco, l’ago fra le agili dita

20    ripete, Stia caldo, sia bello!


Ella prega: un lungo alito d’avemarie

con un murmure lene…

ella prega; ed un’eco soave

ripete, Sia buono, stia bene!

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

«Tra Giovanni e Maria Pascoli vi furono rapporti intensamente affettuosi, e più volte il poeta confessò di pensare alla sorella come a una madre consolatrice o di sentirsene padre; a sua volta Maria si preoccupò del fratello con una cura così vigile ed esclusiva che finì per isolarlo da ogni altro rapporto affettivo» (Melotti). La lirica, che nasce proprio da questi sentimenti, è scritta nell’ottobre-novembre 1895, nel periodo cioè in cui si sposa l’altra sorella, Ida: un matrimonio che viene percepito dal poeta come un “tradimento” del «nido» familiare. Per questo essa costituisce un documento eloquente dello stato di incertezza psicologica di Pascoli, che esaspera ulteriormente il carattere maniacale del proprio vincolo familiare, caricando la sorella “superstite” Maria di valori affettivi e di compiti protettivi.

Il poeta fa della sorella una figura circonfusa di un alone quasi sacrale, in qualche modo assimilandola alla Vergine Maria: non è casuale la struttura ternaria del v. 3, ella dolce ella grave ella pia, nel quale vengono ripresi due aggettivi, dolce e pia, attribuiti alla Madonna in una delle più note preghiere mariane, il Salve Regina; la stessa struttura è ribadita dal trinomio verbale del v. 4, corregge conforta consiglia, che configura azioni tipiche, all’interno della tradizione cattolica, dell’intervento mariano nella vita del fedele. Come la madre di Gesù, la sorella del poeta ha preservato la propria verginità, ponendosi inoltre al servizio della famiglia d’origine, di cui rappresenta una sorta di vestale.

Le scelte stilistiche

Di Maria l’autore offre un ritratto non fermo, bensì in movimento. Sono le azioni a caratterizzare la sua figura e a far trapelare, agli occhi del lettore, i sentimenti che la animano: essa si esprime in gesti d’affetto (vv. 5-8), interessandosi alla pensosità di Giovanni in maniera materna (l’abbraccia / pensoso, vv. 5-6) e offrendogli sostegno e conforto (dunque non è solo sorella o figlia, come si dice al v. 2, ma qui – soprattutto – madre, v. 1); cerca di non far pesare al fratello la propria tristezza quando egli si allontana da casa (vv. 9-12); conserva per il suo ritorno i cibi migliori, non lo rimprovera per l’assenza e perdona maternamente i suoi difetti (vv. 13-16). Infine Maria compie due azioni tipiche del mondo femminile nella società contadina: cuce (vv. 17-20) e recita il rosario (vv. 21-24). Ma entrambe queste attività sono finalizzate allo stesso scopo: il benessere e la serenità del fratello Giovanni nell’atmosfera ovattata del «nido». In tal modo la figura di Maria si definisce attraverso una descrizione non statica, bensì dinamica.

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Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Quali azioni compie Maria?


2 Che tipo di sentimenti mostra Maria nei confronti del fratello?


3 Quali sentimenti traspaiono da parte del poeta nei confronti di Maria?

Analizzare 

4 Rintraccia alcuni esempi di fonosimbolismo.


5 Quali due versi sono legati da un chiasmo? Con quale scopo espressivo?


6 Individua altre figure retoriche, oltre al chiasmo, presenti nel componimento.

Interpretare

7 Al v. 2 il poeta definisce Maria la mesta sorella. Da che cosa potrebbe derivare tale mestizia?

Produrre

8 Scrivere per esporre. Spesso i poeti dedicano testi a membri della famiglia. Individua una poesia (o una canzone) che ami in modo particolare su tale argomento: quali analogie e differenze noti con Sorella di Pascoli? Scrivi un testo espositivo di circa 20 righe.


9 Scrivere per argomentare. In una famosa dichiarazione lo scrittore francese André Gide (1869-1951) dice: «Famiglie, vi odio». In questo modo egli evidenzia l’impossibilità di scrivere in maniera efficace sulla famiglia, in quanto i risultati sarebbero troppo scontati, banali, viziati da un eccesso di vicinanza, in una parola retorici. Si può scrivere di argomenti che ci coinvolgono personalmente mantenendo allo stesso tempo una certa distanza, emotiva e psicologica? Che cosa pensi al riguardo? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 20 righe.

T16

X Agosto

È una delle liriche più celebri e sofferte della raccolta: in questi versi di straordinario nitore formale, scritti nel 1896, è ripercorso l’evento più doloroso della vita di Pascoli: l’assassinio del padre, avvenuto il 10 agosto 1867.


Metro Quartine di decasillabi e novenari alternati, a rima alternata (ABAB CDCD ecc.).

 Asset ID: 118994 (let-audlet-x-agosto-g-pascoli230.mp3

Audiolettura

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l’aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.


5      Ritornava una rondine al tetto:

l’uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de’ suoi rondinini.


Ora è là, come in croce, che tende

10    quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell’ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.


Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero: disse: Perdono;

15    e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono…


Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano:

egli immobile, attonito, addita

20    le bambole al cielo lontano.


E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d’un pianto di stelle lo inondi

quest’atomo opaco del Male!

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il tema della poesia è spiegato chiaramente da Maria Pascoli, sorella di Giovanni: «Il fatto che proprio nella sera di San Lorenzo alcuni uomini iniqui tolsero la vita, senza nemmeno un’ombra di causa che potesse spiegare tanta crudeltà, al nostro padre che lasciava otto figli, suggerisce al poeta l’immagine che il cielo pianga le sue stelle su questa terra buia e malvagia».

La sciagura familiare è quindi associata alla festività di San Lorenzo, quando si verifica il fenomeno astrale delle stelle cadenti: il dolore personale sembra riflettersi in una corrispondenza cosmica, dilatandosi fino a diventare l’allegoria del dramma universale della vita. La Terra, infatti, pur essendo un pianeta minuscolo, appare agli occhi del poeta come il regno del male (quest’atomo opaco del Male, v. 24), tanto più spietato perché gratuito e diretto a colpire creature innocenti. Ma la violenza immotivata è prodotta dall’uomo e non dalla natura, a cui – diversamente che nel pensiero di Leopardi – non vengono attribuite responsabilità: essa può apparire lontana e distante dalle sofferenze degli uomini (E tu, Cielo, dall’alto dei mondi / sereni, infinito, immortale, vv. 21-22; il motivo è anticipato dall’aria tranquilla del v. 2 e dal cielo lontano ripetuto ai vv. 10 e 20), ma in realtà piange, accendendo la volta celeste con le stelle cadenti, le quali non sono altro che le lacrime del cielo.

In tal modo si manifesta l’empatia dell’universo per le sciagure umane, una confortante, materna pietà per il male che si abbatte sulla Terra. Quella commozione della natura offre quindi un’estrema consolazione per la condizione che accomuna gli uomini e gli animali: sia il poeta sia i rondinini conoscono il trauma della protezione infranta, la tragedia dell’essere orfani, la distruzione del «nido», la precarietà e la solitudine che irrompono nella vita, spezzando per sempre la serenità innocente dell’infanzia.

 >> pagina 506 

Le scelte stilistiche

L’urgenza emotiva della tematica autobiografica viene riassorbita, sul piano formale, in una struttura di grande equilibrio compositivo, incentrata su una fitta serie di simmetrie e parallelismi e sull’esplicita corrispondenza dei due racconti, quello ambientato nel mondo della natura (la rondine uccisa) e quello nel mondo degli uomini (l’uomo ucciso, cioè il padre del poeta). I due universi sono tanto affini tra loro da potersi scambiare perfino i termini chiave: la rondine torna al suo tetto (v. 5) mentre l’uomo torna al suo nido (v. 13).

La prima strofa (vv. 1-4) e l’ultima (vv. 21-24) incorniciano il dramma di violenza e di morte nel pianto di stelle (v. 23, che riprende il gran pianto del v. 3): una suggestiva analogia che indica le stelle cadenti della notte di San Lorenzo e insieme introduce il motivo del dolore e del lutto (come piangono gli uomini, così piange il cielo), poi sviluppato nelle quartine centrali (vv. 5-20).

La seconda e la terza quartina (vv. 5-12) descrivono l’uccisione di una rondine che portava il cibo ai suoi piccoli, mentre la quarta e la quinta (vv. 13-20) rappresentano l’assassinio dell’uomo, che non potrà più portare alle sue figlie le bambole che aveva comprato per loro.

Anche l’immagine della rondine introduce un’analogia: la sua morte anticipa e richiama quella del padre del poeta; il tetto (v. 5) della rondine diventa poi il nido (v. 13) dei Pascoli; l’uccello portava il sostegno materiale alla sua famiglia (la cena de’ suoi rondinini, v. 8), così come il padre di Pascoli era l’unico sostegno economico per la moglie e gli otto figli.

Oltre alla similitudine esplicita fra la rondine e il padre, la critica ne ha individuato una implicita con il martirio di Cristo: il sacrificio di Ruggero Pascoli per la propria famiglia viene assimilato a quello di Gesù per l’umanità intera. Tale interpretazione si basa su alcuni elementi presenti nel testo: la rondine abbattuta rimane con le ali aperte come in croce (v. 9); gli spini del v. 6 sembrano rimandare alla corona di spine portata da Cristo nella Passione; inoltre le rondini, nella leggenda popolare, sono gli uccelli che consolarono Gesù in croce. Anche il perdono offerto ai carnefici (Perdono, v. 14) ricorda le parole di Cristo morente: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Tuttavia, al di là di questi riferimenti più o meno espliciti alla tradizione cristiana, è assente in Pascoli qualsiasi tipo di consolazione religiosa: se la morte di Cristo è, nella visione del credente, fonte di salvezza per tutti gli uomini, l’uccisione del padre del poe­ta resta un fatto assurdo e privo di significato salvifico; è un sacrificio inutile poiché le tenebre non sono dissipate da alcuna luce divina e la morte crudele non apre ad alcuna forma di redenzione.

 >> pagina 507 

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi brevemente il contenuto del componimento.


2 Da quale evento sono accomunati la rondine e l’uomo?


3 In che senso la conclusione della poesia ci illumina sulla visione pascoliana dell’esistenza umana?

Analizzare

4 Quale figura retorica possiamo individuare nel- l’espressione restò negli aperti occhi un grido (v. 15)? Spiegane il significato.


5 Individua almeno due anafore e spiegane l’effetto sul piano semantico.


6 Il lessico della lirica è per lo più semplice e immediato. Ciò tuttavia non esclude il ricorso occasionale a un registro più elevato (per esempio gli aggettivi immobile, attonito, al v. 19, sembrano essere riprese manzoniane dalla prima strofa del Cinque maggio). Individua vocaboli e costrutti che rimandano a questo registro più letterario.


7 Sottolinea nel testo tutti i vocaboli e le espressioni che appartengono al campo semantico del «nido».


8 Analizza la sintassi del componimento. Trovi una prevalenza di asindeti o di polisindeti? Con quale effetto espressivo?


9 Completa la tabella, trovando i rimandi che ricorrono tra la prima e l’ultima strofa.


 Prima strofa

Ultima strofa

concavo cielo

 Cielo


 dall’alto dei mondi /sereni

gran pianto

 


 atomo opaco

sfavilla

 

10 Completa la tabella con i rimandi relativi alle strofe centrali.


 Seconda e terza strofa

Quarta e quinta strofa

Ritornava

 tornava

tetto

 

l’uccisero

 

aveva un insetto

 


 dono

quel verme

 


 casa romita

Interpretare

11 Perché, a tuo parere, al v. 13 la casa dei Pascoli viene detta nido?


12 Quale immagine del «nido» pascoliano emerge complessivamente da questa lirica?

Dibattito in classe

13 In questo componimento Pascoli definisce la terra atomo opaco del Male (v. 24): ti sembra che questa visione pessimistica sia confermata anche dagli altri testi che hai letto? Discutine con i tuoi compagni.

Vola alta parola - volume 5
Vola alta parola - volume 5
Il secondo Ottocento