T8 - La dignità di una moglie caparbia

T8

La dignità di una moglie caparbia

Atto I, scena XX

Dopo aver perso molto denaro, Eugenio è arrivato alla bottega del caffè. Qui, Don Marzio continua a spettegolare ai danni di Lisaura, della quale Ridolfo prende le difese. Il caffettiere si offre inoltre di aiutare Eugenio, vendendo a un buon prezzo le pezze di stoffa del giovane mercante. Mentre Eugenio spera invano di contendere a Leandro le attenzioni di Lisaura, arriva Placida, moglie di Leandro-Flaminio, vestita da pellegrina; infine giunge anche, mascherata, Vittoria, moglie di Eugenio, la quale è venuta a sapere dei suoi orecchini dati in pegno e delle perdite al gioco del marito.

Scena ventesima


Vittoria, poi Eugenio dalla locanda.

VITTORIA Voglio accrescere la di lui sorpresa col mascherarmi. (si maschera)

EUGENIO Io non so quel ch’io m’abbia a dire;1 questa nega,2 e quei tien sodo.3 Don

Marzio so che è una mala lingua. A queste donne che viaggiano, non è da credere.

5      Mascheretta? A buon’ora! Siete mutola?4 Volete caffè? Volete niente?

Comandate.

VITTORIA Non ho bisogno di caffè, ma di pane. (si smaschera)

EUGENIO Come! Che cosa fate voi qui?

VITTORIA Eccomi qui, strascinata dalla disperazione.

10    EUGENIO Che novità è questa? A quest’ora in maschera?

VITTORIA Cosa dite, eh? Che bel divertimento! A quest’ora in maschera.

EUGENIO Andate subito a casa vostra.

VITTORIA Io andrò a casa, e voi resterete al divertimento.

EUGENIO Voi andate a casa, ed io resterò dove mi piacerà di restare.

15    VITTORIA Bella vita, signor consorte!

EUGENIO Meno ciarle, signora, vada a casa, che farà meglio.

VITTORIA Sì, anderò a casa; ma anderò a casa mia, non a casa vostra.

EUGENIO Dove intendereste d’andare?

VITTORIA Da mio padre, il quale nauseato de’ mali trattamenti che voi mi fate, saprà

20    farsi render ragione del vostro procedere,5 e della mia dote.

EUGENIO Brava, signora, brava. Questo è il gran bene che mi volete, questa è la premura6

che avete di me e della mia riputazione.

VITTORIA Ho sempre sentito dire che crudeltà consuma amore. Ho tanto sofferto, ho

tanto pianto; ma ora non posso più.

25    EUGENIO Finalmente7 che cosa vi ho fatto?

VITTORIA Tutta la notte al giuoco.

EUGENIO Chi vi ha detto che io abbia giuocato?

VITTORIA Me l’ha detto il signor Don Marzio, e che avete perduto cento zecchini in

contanti e trenta sulla parola.

30    EUGENIO Non gli credete, non è vero.

VITTORIA E poi, a’ divertimenti con la pellegrina.8

EUGENIO Chi vi ha detto questo?

VITTORIA Il signor Don Marzio.

EUGENIO (Che tu sia maledetto!). (da sé) Credetemi, non è vero.

35    VITTORIA E di più impegnare la roba mia, prendermi un paio di orecchini, senza

dirmi niente. Sono azioni da farsi ad una moglie amorosa, civile e onesta, come

sono io?

EUGENIO Come avete saputo degli orecchini?

VITTORIA Me l’ha detto il signor Don Marzio.

40    EUGENIO Ah lingua da tanaglie!9

VITTORIA Già dice il signor Don Marzio, e lo diranno tutti, che uno di questi giorni

sarete rovinato del tutto; ed io, prima che ciò succeda, voglio assicurarmi della

mia dote.

EUGENIO Vittoria, se mi voleste bene, non parlereste così.

45    VITTORIA Vi voglio bene anche troppo, e se non vi avessi amato tanto, sarebbe stato

meglio per me.

EUGENIO Volete andare da vostro padre?

VITTORIA Sì, certamente.

EUGENIO Non volete più star con me?

50    VITTORIA Vi starò, quando avrete messo giudizio.

EUGENIO Oh signora dottoressa, non mi stia ora a seccare. (alterato)

VITTORIA Zitto; non facciamo scene per la strada.

EUGENIO Se aveste riputazione, non verreste a cimentare10 vostro marito

in una bottega da caffè.

55    VITTORIA Non dubitate, non ci verrò più.

EUGENIO Animo, via di qua.

VITTORIA Vado, vi obbedisco, perché una moglie onesta deve obbedire anche un

marito indiscreto.11 Ma forse, forse sospirerete d’avermi, quando non mi potrete

vedere. Chiamerete forse per nome la vostra cara consorte, quando ella non sarà

60    in grado più di rispondervi e di aiutarvi. Non vi potrete dolere dell’amor mio.

Ho fatto quanto fare poteva una moglie innamorata di suo marito. M’avete

con ingratitudine corrisposto; pazienza. Piangerò da voi lontana, ma non saprò

così spesso i torti che voi mi fate. V’amerò sempre, ma non mi vedrete mai più.

(parte)

65    EUGENIO Povera donna! Mi ha intenerito. So che lo dice, ma non è capace di farlo; le

anderò dietro alla lontana, e la piglierò colle buone. S’ella mi porta via la dote,

son rovinato. Ma non avrà cuore di farlo. Quando la moglie è in collera, quattro

carezze bastano per consolarla. (parte)

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Vittoria è una borghese fedele all’istituto del matrimonio. A prescindere dalle motivazioni affettive, nella società settecentesca è il matrimonio a garantire alla donna un riconoscimento sociale, attribuendole, come moglie, un ruolo all’interno della famiglia e della casa. A stipulare il contratto nuziale è il padre, che impone così alla figlia un partito conveniente e, allo stesso tempo, vincola il marito al rispetto della donna in quanto rappresentante della famiglia d’origine, in una rete di doveri reciproci che assicurano onorabilità e credibilità sociale.

Vittoria si dimostra consapevole dei propri doveri coniugali (Vado, vi obbedisco, perché una moglie onesta deve obbedire anche un marito indiscreto. […] Ho fatto quanto fare poteva una moglie innamorata di suo marito. M’avete con ingratitudine corrisposto; pazienza, rr. 57-62), ma anche dei propri diritti, e pertanto intende tutelare la propria dignità (Piangerò da voi lontana, ma non saprò così spesso i torti che voi mi fate. V’amerò sempre, ma non mi vedrete mai più, rr. 62-63).

Anche se per Vittoria il matrimonio borghese non esclude la sfera degli affetti (Vi voglio bene anche troppo, r. 45; V’amerò sempre, r. 63), rivolgendosi a Eugenio la donna fa leva sugli argomenti che più sembrano interessarlo, come se per lui le nozze avessero rappresentato soprattutto una questione di denaro; a causa delle intemperanze del marito, infatti, Vittoria può strumentalmente minacciare la rescissione del contratto da parte di suo padre (mio padre […] saprà farsi render ragione del vostro procedere, e della mia dote, rr. 19-20). La reazione di Eugenio conferma questa visione delle cose (Povera donna! Mi ha intenerito. […] S’ella mi porta via la dote, son rovinato, rr. 65-67): la riconciliazione con Vittoria è necessaria soprattutto per un calcolo di convenienza.
Nella scena compaiono solo due personaggi, Eugenio e Vittoria, eppure l’autore riesce a rendere incombente anche la presenza di un terzo personaggio: Don Marzio, che si conferma così uno dei protagonisti della commedia, pur calcando la scena per un tempo minore di altri. Egli viene nominato alla r. 4, e poi, ripetutamente, in modo quasi cantilenante, dalla r. 28 alla r. 41, come responsabile delle rivelazioni che inchiodano Eugenio alle proprie responsabilità.

Le scelte stilistiche

L’espediente della concatenazione delle battute, ricorrente nelle commedie goldoniane, conferisce velocità e ritmo alla scena. I dialoghi si sviluppano attraverso la concitata ripresa di parole, espressioni e concetti (eugenio Che novità è questa? A quest’ora in maschera? vittoria Cosa dite, eh? Che bel divertimento! A quest’ora in maschera, rr. 10-11). In questo caso, in particolare, si creano giochi di parole e contrasti che esprimono bene il sarcasmo con cui Vittoria si rivolge al marito (eugenio Andate subito a casa vostra. vittoria Io andrò a casa, e voi resterete al divertimento. eugenio Voi andate a casa, ed io resterò dove mi piacerà di restare. vittoria Bella vita, signor consorte! eugenio Meno ciarle, signora, vada a casa, che farà meglio. vittoria Sì, anderò a casa; ma anderò a casa mia, non a casa vostra. eugenio Dove intendereste d’andare?, rr. 12-18).

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Che cosa intende dire Vittoria con la risposta Non ho bisogno di caffè, ma di pane (r. 7)?


2 In quali battute è evidente la preoccupazione, da parte dei due coniugi, di evitare di rendere pubblici i loro problemi, per non intaccare la propria rispettabilità?

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Analizzare

3 A causa della sua debolezza di carattere, Eugenio, invece di assumersi le proprie responsabilità, cerca di capovolgere la situazione e far sentire in colpa Vittoria per una sua presunta mancanza: cerca nel testo le battute in cui emerge questo atteggiamento.


4 Quale significato è attribuito da Eugenio al termine dottoressa (r. 51)?

Interpretare

5 Qual è lo stato d’animo di Vittoria? E quello di Eugenio?

Produrre

6 Scrivere per esporre. Negli ultimi decenni, l’istituto matrimoniale ha conosciuto una profonda trasformazione. Dopo esserti documentato in proposito, delinea la situazione in cui si trova oggi in un testo espositivo di circa 20 righe.

Dibattito in classe

7 Quali elementi del rapporto tra Vittoria ed Eugenio ti sembrano moderni e attuali e quali, invece, ancorati agli usi della società dell’epoca? Discutine con i compagni.

T9

La lezione morale di Ridolfo

Atto II, scena II

Ridolfo è riuscito a vendere convenientemente le pezze di stoffa di Eugenio, ma decide di non consegnargli subito l’intero ricavato, per evitare che il giovane lo perda nuovamente al gioco.

Ridolfo ed Eugenio.

EUGENIO Ebbene, amico Ridolfo, avete fatto niente?

RIDOLFO Ho fatto qualche cosa.

EUGENIO So che avete avute le due pezze di panno; il giovine1 me lo ha detto. Le

5      avete esitate?2

RIDOLFO Le ho esitate.

EUGENIO A quanto?

RIDOLFO A tredici lire il braccio.3

EUGENIO Mi contento; denari subito?

10    RIDOLFO Parte alla mano, e parte col respiro.4

EUGENIO Oimè! Quanto alla mano?

RIDOLFO Quaranta zecchini.

EUGENIO Via, non vi è male. Datemeli, che vengono a tempo.5

RIDOLFO Ma piano, signor Eugenio, V. S. sa pure che gli ho prestati trenta zecchini.

15    EUGENIO Bene, vi pagherete, quando verrà il restante del panno.

RIDOLFO Questo, la mi perdoni, non è un sentimento onesto da par suo. Ella sa

come l’ho servita con prontezza spontaneamente, senza interesse, e la mi vuol

fare aspettare? Anch’io, signore, ho bisogno del mio.

EUGENIO Via, avete ragione. Compatitemi, avete ragione. Tenetevi li trenta zecchini,

20    e date quei dieci a me.

RIDOLFO Con questi dieci zecchini non vuol pagare il signor Don Marzio? Non si

vuol levar d’intorno codesto diavolo tormentatore?

EUGENIO Ha il pegno in mano, aspetterà.

RIDOLFO Così poco stima V. S. la sua riputazione? Si vuol lasciar malmenare dalla

25    lingua d’un chiacchierone? Da uno che fa servizio apposta per vantarsi d’averlo

fatto, e che non ha altro piacere che metter in discredito i galantuomini?

EUGENIO Dite bene, bisogna pagarlo. Ma ho io da restar senza denari? Quanto respiro

gli avete accordato al compratore?

RIDOLFO Di quanto avrebbe bisogno?

30    EUGENIO Che so io? Dieci, dodici zecchini.

RIDOLFO Servita subito. Questi son dieci zecchini, e quando viene il signor Don

Marzio, io recupererò gli orecchini.

EUGENIO Questi dieci zecchini, che mi date, di qual ragione s’intende che sieno?6

RIDOLFO Gli tenga, e non pensi altro. A suo tempo conteggeremo.7

35    EUGENIO Ma quando tireremo8 il resto del panno?

RIDOLFO La non ci pensi. Spenda quelli, e poi qualche cosa sarà; ma badi bene di

spenderli a dovere, di non gettarli.

EUGENIO Sì, amico, vi sono obbligato. Ricordatevi nel conto del panno tenervi la

vostra senseria.9

40    RIDOLFO Mi maraviglio; fo il caffettiere, e non fo il sensale.10 Se m’incomodo per un

padrone, per un amico, non pretendo di farlo per interesse. Ogni uomo è in

obbligo di aiutar l’altro quando può, ed io principalmente ho obbligo di farlo

con V. S., per gratitudine del bene che ho ricevuto dal suo signor padre. Mi chiamerò11

bastantemente ricompensato, se di questi danari, che onoratamente gli

45    ho procurati, se ne servirà per profitto della sua casa, per risarcire il suo decoro

e la sua estimazione.12

EUGENIO Voi siete un uomo molto proprio13 e civile; è peccato che facciate questo

mestiere; meritereste meglio stato,14 e fortuna maggiore.

RIDOLFO Io mi contento di quello che il cielo mi concede, e non iscambierei il mio

50    stato con tanti altri che hanno più apparenza, e meno sostanza. A me nel mio

grado non manca niente. Fo un mestiere onorato, un mestiere nell’ordine degli

artigiani, pulito, decoroso e civile. Un mestiere che, esercitato con buona maniera

e con riputazione, si rende grato15 a tutti gli ordini16 delle persone. Un

mestiere reso necessario al decoro delle città, alla salute degli uomini, e all’onesto

55    divertimento di chi ha bisogno di respirare.17 (entra in bottega)

EUGENIO Costui è un uomo di garbo: non vorrei però che qualcheduno dicesse che

è troppo dottore. Infatti per un caffettiere pare che dica troppo; ma in tutte le

professioni vi sono degli uomini di talento e di probità. Finalmente18 non parla

né di filosofia, né di matematica; parla da uomo di buon giudizio; e volesse il

60    cielo che io ne avessi tanto, quanto egli ne ha.

 >> pagina 443 

Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Le finalità moraleggianti di Goldoni emergono con molta chiarezza in alcuni interventi di Ridolfo. In questo brano, il caffettiere impartisce a Eugenio una vera e propria lezione di vita, tentando di insegnargli il valore della generosità e della riconoscenza (Ogni uomo è in obbligo di aiutar l’altro quando può, ed io principalmente ho obbligo di farlo con V. S., per gratitudine del bene che ho ricevuto dal suo signor padre, rr. 41-43). Le sue parole, però, suonano troppo paternalistiche all’autore stesso, che, attraverso la riflessione di Eugenio (Costui è un uomo di garbo: non vorrei però che qualcheduno dicesse che è troppo dottore, rr. 56-57), sembra esprimere un certo fastidio per l’atteggiamento quasi cattedratico assunto dal bottegaio.


1 In che modo Ridolfo cerca di evitare che Eugenio sperperi al gioco quanto guadagnato dalla vendita dei panni?


2 Perché Ridolfo si sente obbligato verso Eugenio?

Ridolfo è il prototipo del piccolo borghese virtuoso, alieno da sentimenti di invidia e da desideri di scalata sociale, cosciente di appartenere a un ceto ben preciso e orgoglioso del proprio status (Fo un mestiere onorato, un mestiere nell’ordine degli artigiani, pulito, decoroso e civile, rr. 51-52). Privo di velleità di sovvertimento delle gerarchie e dell’assetto sociale, l’interesse di Ridolfo – e di Goldoni dietro di lui – è piuttosto il miglioramento morale degli individui, che egli cerca di ottenere attraverso il richiamo alla moderazione e al riconoscimento delle cose davvero importanti della vita (Io mi contento di quello che il cielo mi concede, e non iscambierei il mio stato con tanti altri che hanno più apparenza, e meno sostanza, rr. 49-50).


3 Quale ritratto di Don Marzio viene delineato dalle parole di Ridolfo?


4 Individua nel testo tutti i termini e le espressioni pronunciate da Ridolfo che si riferiscono all’ambito dei valori del buon vivere civile.

Le scelte stilistiche

Il tentativo di Ridolfo di allontanare Eugenio dal vizio si svolge attraverso un dialogo – lo strumento scenico che, come di consueto, assolve alla funzione di presentare l’interazione tra i personaggi – dalle caratteristiche quasi socratiche, in cui il caffettiere tenta di ricondurre il giovane al buon senso attraverso una serie di domande retoriche (Così poco stima V. S. la sua riputazione? Si vuol lasciar malmenare dalla lingua d’un chiacchierone?, rr. 24-25), che costringono Eugenio a riconoscere la sensatezza di quanto afferma il suo interlocutore (Via, avete ragione. Compatitemi, avete ragione, r. 19; Dite bene, bisogna pagarlo, r. 27).

Verso la fine della scena, laddove si fa più chiara la finalità moralistica dell’autore – espressa in questo caso attraverso la figura di Ridolfo –, il ritmo veloce degli scambi di battute lascia spazio al monologo, il mezzo più efficace per esporre discorsi più articolati e proporre a lettori e spettatori una precisa visione del mondo.


5 Individua, nella prima parte del dialogo, le ripetizioni che caratterizzano il botta e risposta dei due interlocutori.


6 Quale monologo di Ridolfo verte su situazioni e valori personali e quale su questioni collettive?

Vola alta parola - volume 3
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Il Seicento e il Settecento