Genio universale o semplice prestanome?
Una figura poco conosciuta, non celebrata, che rimane avvolta nell’ombra
La biografia di Shakespeare è basata su una serie di ipotesi e leggende. Gli unici documenti firmati da un uomo che risponde al suo nome riguardano sempre aridi episodi della vita di tutti i giorni (atti notarili, contratti di compravendita). Di conseguenza, è sorto il dubbio che il provinciale William Shakespeare da Stratford, venuto a Londra in cerca di fortuna, abbia finito con il fare da prestanome a un personaggio importante, magari un esponente dell’alta aristocrazia elisabettiana, il quale, per ragioni di opportunità, non poteva rivelarsi come autore di teatro. Ma chi sarebbe stato il misterioso personaggio a cui Shakespeare avrebbe accettato di fare da “controfigura”? Sono state avanzate varie ipotesi: il conte di Oxford, quello di Rutland, quello di Derby, o ancora sir Edward Dyer, o addirittura una donna, la contessa di Pembroke.
Bacon…
Nel 1857 Delia Bacon, discendente del filosofo Francis Bacon (1561-1626), formulò la teoria oggi detta “baconiana”: il pensatore sarebbe stato a tempo perso anche un autore teatrale, ma poiché tale attività mal si accordava con la gravità dei suoi studi, avrebbe deciso di ricorrere a uno pseudonimo, William Shakespeare, appunto.
… o Marlowe?
Nel Novecento si è fatta strada un’altra ipotesi, avvincente e insieme rocambolesca: dietro a Shakespeare si celerebbe il drammaturgo e poeta Christopher Marlowe (1564-1593), artista inquieto, figlio di un ciabattino ma educato a Cambridge grazie a una borsa di studio, e morto a ventinove anni in una bettola londinese nel corso di una rissa. Alcuni studiosi ritengono che Marlowe fosse un informatore segreto della Corona britannica, e qualcuno si è spinto a credere che egli non sia morto nella famosa zuffa, ma sia invece riparato in Francia sotto falso nome per mettersi al sicuro o per svolgere qualche incarico riservato per conto di Sua Maestà. Dalla Francia Marlowe avrebbe continuato a scrivere, affidando le sue opere a qualcuno che le facesse passare come proprie: William Shakespeare.
Un’ipotesi meno romanzesca
Una spiegazione delle lacune nella biografia di Shakespeare, in realtà, non deve necessariamente calcare strade così romanzesche. All’epoca, il pubblico era interessato soprattutto agli attori, mentre gli autori restavano nell’ombra. Spesso le compagnie compravano i copioni per poco denaro, e da quel momento se ne assicuravano la proprietà esclusiva: l’autore perdeva così ogni diritto sull’opera. Inoltre, Shakespeare non era un attore di primo piano, quanto piuttosto un comprimario, se non un “caratterista”, ricoprendo talvolta, anche nelle rappresentazioni dei suoi drammi, parti decisamente minori (come per esempio lo spettro nell’Amleto, che pare fosse il suo “pezzo forte” come attore). Non deve perciò stupire il fatto che nessun contemporaneo si sia preoccupato di annotare i fatti della sua vita o di conservare i documenti che lo riguardavano.