T9 - La novella delle papere

T9

La novella delle papere

Decameron, IV, Introduzione

Pare che alcune novelle del Decameron fossero cominciate a circolare prima che Boccaccio completasse l’opera e che l’autore ne avesse ricavato aspre critiche. Si spiega così il contenuto dell’Introduzione alla Quarta giornata, nella quale Boccaccio risponde ai rimproveri mossigli. I suoi detrattori sostengono che a un uomo maturo come lo scrittore non si addica trattare temi leggeri quali quelli delle sue novelle e in particolare assecondare e lodare le donne, come sembra voler fare con la sua opera (dedicata proprio alle donne innamorate). Boccaccio si difende: lo fa argomentando e rispondendo punto per punto alle critiche, ma soprattutto attraverso una novella (inserita all’interno della stessa Introduzione), che mostra l’innocente naturalezza del sentimento amoroso e della stessa attrazione erotica.

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Audiolettura

         […]
Nella nostra città, già è buon tempo passato, fu un cittadino il quale fu nominato
Filippo Balducci, uomo di condizione assai leggiere,
1 ma ricco e bene inviato2 e
esperto nelle cose quanto lo stato suo richiedea; e aveva una sua donna moglie, la
quale egli sommamente amava, e ella lui, e insieme in riposata
3 vita si stavano, a 

5       niuna altra cosa tanto studio4 ponendo quanto in piacere interamente l’uno all’altro.
Ora avvenne, sì come di tutti avviene, che la buona donna passò di questa vita,
né altro di sé a Filippo lasciò che un solo figliuolo di lui conceputo, il quale forse
d’età di due anni era. Costui per la morte della sua donna tanto sconsolato rimase,
quanto mai alcuno altro amata cosa perdendo rimanesse; e veggendosi di quella 

10    compagnia, la quale egli più amava, rimaso solo, del tutto si dispose di non volere
più essere al mondo ma di darsi al servigio di Dio e il simigliante fare del suo piccol
figliuolo. Per che, data ogni sua cosa per Dio,
5 senza indugio se n’andò sopra
Monte Asinaio,
6 e quivi in una piccola celletta se mise col suo figliuolo, col quale
di limosine in digiuni e in orazioni vivendo, sommamente si guardava di non ragionare, 

15    là dove egli fosse, d’alcuna temporal7 cosa né di lasciarnegli alcuna vedere
acciò che esse da così fatto servigio nol traessero,
8 ma sempre della gloria di vita
eterna e di Dio e de’ santi gli ragionava, nulla altro che sante orazioni insegnandogli.
E in questa vita molti anni il tenne, mai della cella non lasciandolo uscire né
alcuna altra cosa che sé dimostrandogli.
9

20    Era usato10 il valente uomo di venire alcuna volta a Firenze: e quivi secondo le
sue oportunità dagli amici di Dio sovenuto,
11 alla sua cella tornava.
Ora avvenne che, essendo già il garzone d’età di diciotto anni e Filippo vecchio,
un dì il domandò ov’egli andava. Filippo gliele disse; al quale il garzon disse:
«Padre mio, voi siete oggimai vecchio e potete male durar fatica;
12 perché non mi 

25    menate voi una volta a Firenze, acciò che, faccendomi cognoscere gli amici e divoti
di Dio e vostri, io, che son giovane e posso meglio faticar di voi, possa poscia13 pe’
nostri bisogni a Firenze andare quando vi piacerà, e voi rimanervi qui?».

         Il valente uomo, pensando che già questo suo figliuolo era grande e era sì abituato
al servigio di Dio, che malagevolmente le cose del mondo a sé il dovrebbono 

30    omai poter trarre, seco stesso disse: «Costui dice bene»; per che, avendovi a andare,
seco il menò.

         Quivi il giovane veggendo i palagi, le case, le chiese e tutte l’altre cose delle
quali tutta la città piena si vede, sì come colui che mai più per ricordanza vedute
no’ n’avea,14 si cominciò forte a maravigliare e di molte domandava il padre che 

35    fossero e come si chiamassero. Il padre gliele diceva; e egli, avendolo udito, rimaneva
contento e domandava d’un’altra. E così domandando il figliuolo e il padre
rispondendo, per avventura si scontrarono in una brigata di belle giovani donne
e ornate,15 che da un paio di nozze16 venieno: le quali come il giovane vide, così
domandò il padre che cosa quelle fossero.

40    A cui il padre disse: «Figliuol mio, bassa gli occhi in terra, non le guatare,17
ch’elle son mala cosa».18
Disse allora il figliuolo: «O come si chiamano?».
Il padre, per non destare nel concupiscibile appetito del giovane alcuno inchinevole
disiderio men che utile,
19 non le volle nominare per lo proprio nome, cioè 

45    femine, ma disse: «Elle si chiamano papere».
Maravigliosa cosa a udire! Colui che mai più alcuna veduta non avea,20 non
curatosi de’ palagi, non del bue, non del cavallo, non dell’asino, non de’ denari né
d’altra cosa che veduta avesse, subitamente disse: «Padre mio, io vi priego che voi
facciate che io abbia una di quelle papere».

50    «Oimè, figliuol mio», disse il padre, «taci: elle son mala cosa».
A cui il giovane domandando disse: «O son così fatte le male cose?».
«Sì» disse il padre.
E egli allora disse: «Io non so21 che voi vi dite, né perché queste sieno mala cosa:
quanto è,
22 a me non è ancora paruta vedere alcuna così bella né così piacevole 

55    come queste sono. Elle son più belle che gli agnoli23 dipinti che voi m’avete più volte mostrati. Deh! se vi cal24 di me, fate che noi ce ne meniamo una colà sù di queste papere, e io le darò beccare».25
Disse il padre: «Io non voglio; tu non sai donde elle s’imbeccano!»,26 e sentì
incontanente
27 più aver di forza la natura che il suo ingegno; e pentessi d’averlo 

60    menato a Firenze.

 >> pagina 623 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Quello realizzato da Filippo Balducci con suo figlio è un esperimento pedagogico estremo e pericoloso, seppure compiuto in buona fede, cioè a fin di bene (o, meglio, quello che Filippo ritiene il bene). Traumatizzato dalla morte dell’amata moglie, l’uomo decide di andare in eremitaggio con il bambino di due anni, crescendolo lontano dalle tentazioni mondane. Quando il ragazzo ha compiuto diciotto anni, egli pensa che tutte le preghiere, le meditazioni, le penitenze insegnategli e praticate con lui fin dall’infanzia abbiano definitivamente orientato il giovane a una vita esclusivamente spirituale, in cui non trovino spazio altri interessi, soprattutto quello per il sesso femminile. Ma il padre ha sottovalutato la forza dell’istinto naturale. Ecco che basta la vista di un gruppo di fanciulle per far crollare il sistema educativo costruito con tanto impegno.

La novelletta delle papere si colloca all’interno dell’Introduzione alla Quarta giornata come una sorta di exemplum, che diventa, da parte di Boccaccio, anche una dichiarazione di poe­tica, cioè l’affermazione di quelli che sono gli intenti e i criteri che guidano il suo lavoro di narratore: egli è intenzionato a rappresentare la realtà nella sua interezza e nella sua concretezza, al di là degli schemi morali astratti a cui era ancora vincolata la stragrande maggioranza dei letterati del suo tempo.

Le scelte stilistiche

Ci vogliamo soffermare su un particolare, una piccola ma sintomatica questione lessicale, di questa novella dall’andamento rapido e incalzante. Di fronte alla domanda del figlio su come si chiamino le donne, Filippo ha una trovata che ci potrà sembrare strana: chiamandole con un nome diverso dal loro (papere), ritiene di poter limitare nel ragazzo il sorgere di desideri sessuali. Per comprendere questa idea bisogna ricordare che per l’uomo medievale esiste un nesso strettissimo tra la cosa e il suo nome, e che la parola possiede un potere performante, cioè capace di modificare la realtà. Si diceva infatti: nomina sunt consequentia rerum (i nomi sono conseguenza delle cose). Filippo ritiene cioè che alterando il rapporto tra il significante (il nome) e il significato (ciò che il nome indica, la realtà a cui esso rimanda) sia possibile, in qualche modo, trasformare la cosa (il sesso femminile), rendendola meno pericolosa. Ma il trucchetto non funziona: la natura (vocabolo chiave dell’orizzonte ideologico boccacciano) è più forte dell’ingegno (altro vocabolo chiave nel Decameron, ma qui utilizzato in un’accezione meno positiva che altrove).

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Perché Boccaccio inserisce questa novella nell’Introduzione alla quarta giornata?


2 Perché Filippo Balducci ha isolato il figlio, sin da bambino, dalla realtà sociale?


3 Elenca le cose che colpiscono l’attenzione del figlio di Filippo appena giunto a Firenze.

Analizzare

4 Individua nel testo degli esempi di ironia.

Interpretare

5 Perché, secondo te, Filippo sceglie proprio le papere per riferirsi alle donne?

Produrre

6 Scrivere per argomentare. Educare un figlio in un contesto completamente isolato è stata una delle utopie della pedagogia. Secondo te può essere efficace? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 30 righe.

Vola alta parola - volume 1
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Dalle origini al Trecento