Le opere

Le opere

Le opere di Boccaccio cosiddette “minori” (minori rispetto al capolavoro rappresentato dal Decameron) si collocano negli anni che vanno dal periodo napoletano a quello successivo al ritorno a Firenze.

Le opere del periodo napoletano

Al periodo napoletano (1327-1340) risale un’ampia produzione in versi e in prosa, che trae spesso origine da spunti autobiografici e nella quale Boccaccio non tarda a esprimere la sua propensione alla narrativa. Fin dagli inizi scrive in latino oltre che in volgare; compone rime, poemi e romanzi d’amore (spesso di difficile datazione).

In questi testi l’autore tenta di conciliare, seppure in modi diversi, la tradizione cortese di origine provenzale con quella classica (greco-latina), che la cultura del tempo – si pensi all’impegno di Petrarca in tal senso – inizia a riscoprire e a valorizzare. Boccaccio, che si è avvicinato alla letteratura in modo autonomo, senza seguire un corso di studi regolari, compone queste opere anche per mostrare la propria erudizione, al punto che talvolta alcuni passaggi risultano prolissi e “iperletterari”.

Rime

Dagli anni napoletani fino all’ultimo periodo della sua vita, Boccaccio compone un consistente corpus di rime (oltre 150 componimenti, soprattutto sonetti e ballate), mai raccolte in un canzoniere organico. Sono testi di ispirazione stilnovistica e dantesca, incentrati su argomenti amorosi, esistenziali, spirituali e politici. Meno attento, rispetto a Petrarca, alla musicalità dei versi, Boccaccio appare però abile nel descrivere ambienti, paesaggi e psicologie, all’insegna di quel realismo che caratterizzerà fortemente il Decameron.

Filocolo

Prima opera in prosa di Boccaccio, il Filocolo (in base a un’approssimativa etimologia greca il titolo significherebbe “Fatica d’amore”) è uno sterminato romanzo in 5 libri. Al centro della narrazione vi è il contrastato amore tra Florio, figlio del re di Spagna, e Biancifiore, discendente da una nobile famiglia, come si scopre al termine di molteplici peripezie. Le tematiche sono quelle tipiche del romanzo greco e latino: l’avventura, il viaggio e la passione amorosa, che rappresenta il motore di tutta l’azione.

Tuttavia, oltre al racconto principale, l’autore introduce un’infinità di digressioni, che spaziano dalle dissertazioni bibliche alle disputazioni erudite, dalle narrazioni fantastiche di viaggi esotici a riflessioni di natura filosofica ed excursus mitologici. Questa dimensione metaletteraria si traduce in un vero e proprio repertorio di sperimentazioni di scrittura: ancora alla ricerca di un preciso e sicuro modello di lingua e di sintassi, l’autore deposita e assembla in questo suo primo apprendistato narrativo materiali diversi provenienti dalla sua esperienza di lettore onnivoro, capace di contaminare, secondo la tradizione del romanzo greco del periodo alessandrino (IV-I secolo a.C.), tutti i moduli artistici in uso, da quello avventuroso a quello epico fino a quello novellistico.

Ad accrescere l’interesse del Filocolo c’è infine una vera e propria anticipazione del Decameron. In un episodio contenuto nel quarto libro dell’opera, durante uno dei suoi viaggi alla ricerca dell’amata, Florio sosta nello spazio ameno e chiuso di un bellissimo giardino di Napoli, dove un gruppo di aristocratici, giovani e fanciulle, capeggiato da una regina di nome Fiammetta, conversa intorno a una serie di questioni d’amore, ispirate a racconti e novelle. È un espediente narrativo, questo, che troveremo anche nel capolavoro di Boccaccio.

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Caccia di Diana

Poemetto mitologico in 18 canti di terzine dantesche, la Caccia di Diana narra il contrasto tra Diana (dea della castità e della vita attiva) e Venere (dea dell’amore), simboli di due diverse concezioni della vita femminile. Avrà la meglio Venere, poiché le ninfe protagoniste dell’opera, inizialmente seguaci di Diana, preferiranno mettersi al servizio della dea dell’amore.

Filostrato

Nel Filostrato (“Vinto d’amore”, secondo l’etimologia greca del titolo, omaggio al mondo classico pagano) si narra, nel metro popolare dell’ottava (l’ottava di endecasillabi a rima ABABABCC sarà tipica di tutta la produzione cavalleresca successiva), la storia di Troilo e della sua infelice passione per Criseida, donna volubile e scaltra. La vicenda del poemetto (diviso in 9 parti), fondamentalmente autobiografica, è relativa alla vita sentimentale dell’autore durante gli anni napoletani, come suggerisce egli stesso nel dedicare l’opera a Fiammetta, la donna amata, ed è modellata sui gusti del pubblico cortigiano a cui Boccaccio si rivolge.

Teseida

Sullo sfondo delle guerre vittoriose di Teseo (il leggendario re di Atene) contro le Amazzoni (le donne guerriere della mitologia greca), il Teseida racconta la drammatica vicenda di due amici, Arcita e Palemone, entrambi accesi dall’amore per Emilia e perciò divenuti rivali. La materia di questo poema (ancora in ottave) in 12 libri è dunque di nuovo amorosa (oltre che epica).

Le opere del periodo fiorentino

Il Teseida viene completato a Firenze, dove, a partire dal 1340, Boccaccio trascorrerà gran parte della sua vita. Negli scritti napoletani aveva messo a frutto una ricca esperienza di lettore, attratto dai contenuti psicologici della poesia a lui contemporanea, nonché dalle vicende amorose divulgate, soprattutto in Francia, da un’abbondante produzione letteraria. Negli scritti successivi egli sente invece l’influenza della letteratura toscana, si attenua un certo invadente autobiografismo e ai modi di un gusto ancora troppo acerbo subentra una maggiore maturità espressiva.

A Firenze, però, l’autore trova un panorama culturale ancora fortemente segnato dalla poesia allegorica, di cui la Commedia di Dante rappresentava il punto di massima espressione. Nel desiderio di farsi accettare dal nuovo ambiente, Boccaccio si dedica inizialmente a opere che rimandano a questa tradizione.

Comedia delle ninfe fiorentine

Nasce così, tra il 1341 e il 1342, la Comedia delle ninfe fiorentine, più nota con il titolo quattrocentesco di Ninfale d’Ameto, un’opera mista di prosa e terzine (prosimetro), in parte ispirata alla poesia bucolica classica, ma modellata sulla poesia di tipo allegorico-didattico che ha per tema l’amore del pastore Ameto per la ninfa Lia, trasfigurato in chiave morale.

Grazie all’incontro con le ninfe di Firenze (che rappresentano le virtù), il pastore Ameto si ingentilisce. È molto chiaro, in questo mutamento, l’influsso della concezione stilnovistica dell’amore, ma con una significativa evoluzione: la bellezza e la virtù delle ninfe/donne non hanno più la finalità di avvicinare l’uomo a Dio, bensì sono proprietà fine a sé stesse, che portano verso il godimento edonistico, in base a un ideale che, di lì a pochi anni, sarà tipico della cultura umanistica. Si tratta di un edonismo legato non solo alla semplice contemplazione della bellezza, ma anche al piacere della parola: le ninfe, infatti, raccontano storie che in qualche modo anticipano il gusto del Decameron per il racconto. È un altro passo, dunque, verso la tendenza a coniugare componenti diverse: classicità, poesia allegorica, valori e temi preumanistici.

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Amorosa visione

Nell’Amorosa visionepoema allegorico in terzine (50 canti) composto tra il 1342 e il 1343 (e poi rielaborato tra il 1355 e il 1360) a imitazione della Commedia dantesca – l’autore mette a frutto gli aspetti dottrinali ed eruditi della sua cultura, tornando al genere del romanzo e alla materia sentimentale. Il poeta racconta in prima persona un sogno nel quale una donna gentile lo accompagna dentro un castello. All’uscita si imbatte in alcune donne, tra le quali Fiammetta, con cui si apparta. La scena però si interrompe, e la donna che lo guidava riappare all’improvviso, spiegandogli che potrà realizzare i suoi desideri solo dopo aver appreso i precetti impartitigli durante il viaggio.

Elegia di Madonna Fiammetta

Nell’Elegia di Madonna Fiammetta, un romanzo in prosa dei primi anni Quaranta, Boccaccio narra (ma fingendo che a raccontarla sia la stessa protagonista) la triste storia di una giovane, lasciata dall’amante Panfilo per un’altra donna. Si tratta di un’opera assai originale e profondamente innovativa. L’autore assume il punto di vista di Fiammetta, una gentildonna napoletana sposata, la quale, dopo che Panfilo è tornato a Firenze, si trova a visitare i luoghi del loro amore, tormentata dai ricordi e dalla gelosia. Anche in questo caso, i nomi sono simbolici e il titolo contiene un omaggio alla poe­sia classica greca e latina, essendo l’elegia (una poesia dai toni meditativi e malinconici, spesso di compianto per una condizione di infelicità) un genere assai praticato nelle letterature classiche.

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La tradizione è presente anche nella scelta della forma espressiva: una lettera indirizzata alle donne innamorate, il cui modello ricorda da vicino l’Ovidio delle Heroides, opera costituita da alcune lettere di eroine (questo il vocabolo che traduce il titolo latino) del mito classico, le quali confessano agli amati le loro sofferenze d’amore. Il poeta Ovidio (43 a.C. - 17/18 d.C.) è effettivamente uno degli autori elegiaci più importanti della tradizione latina e rappresenta, per Boccaccio, un precedente autorevole. L’elemento di forte novità di Ovidio consisteva proprio nel dare voce alla donna. Nella precedente poe­sia amorosa, infatti, la donna/domina (cioè la “donna/padrona”), pur rappresentando apparentemente il nucleo dell’opera letteraria, era tuttavia un oggetto d’amore, spesso inconsapevole e comunque muto e lontano. Invece con Ovidio – e poi con Boccaccio che lo riprende – la donna assume, seppur attraverso la penna maschile, il ruolo di chi prova sentimenti e li descrive.

Mentre un personaggio come Francesca da Rimini, nel canto V dell’Inferno, suscita in Dante un atteggiamento di condanna (sebbene unita all’umana compassione), Fiammetta innamorata ha tutta la comprensione non solo di Boccaccio, ma anche dei lettori: l’autore porta il pubblico a considerare l’amore in quella chiave edonistica che più prepotentemente si riaffaccerà nel Decameron e che vedrà tante protagoniste femminili rivendicare il proprio diritto ad amare, anche nella dimensione dei sensi. Insomma, Fiammetta è una sorta di modello di quella spavalderia femminile rappresentata in diverse novelle (in particolare della Quarta giornata) del capolavoro di Boccaccio.

Ninfale fiesolano

Il nume tutelare del Ninfale fiesolano non è più Fiammetta, bensì Amore in persona, che guida l’autore a raccontare una «storia molto antica». Nell’opera – un poemetto in 473 ottave scritto probabilmente tra il 1344 e il 1346 (ma alcuni studiosi lo retrodatano addirittura al periodo napoletano) – Boccaccio elabora in forma leggendaria le origini dei torrenti Africo e Mensola, nei pressi di Firenze, e in tal modo racconta la fondazione di Fiesole. Il testo è il capostipite in volgare di un genere destinato ad avere grande successo nella poesia rinascimentale, quello della poesia idillico-mitologica e pastorale (per esempio con la Nencia da Barberino di Lorenzo il Magnifico e le Stanze per la giostra del Poliziano).

Il Decameron

Tra il 1349 e il 1353 Boccaccio compone la sua opera più importante, la raccolta di 100 novelle intitolata Decameron. Ne tratteremo nella seconda parte dell’Unità ( p. 563).

Le opere successive al Decameron

Dopo il capolavoro, Boccaccio, suggestionato dal modello letterario di Petrarca, si dedicherà alla stesura di una serie di opere erudite in latino, non prima però di aver composto un testo in volgare, il Corbaccio. Sempre in volgare sarà anche il Trattatello in laude di Dante.

Corbaccio

Il Corbaccio (scritto intorno al 1365) è un’aspra satira in prosa contro le donne. Pare che a muovere la penna dell’autore sia stata una poco fortunata avventura amorosa vissuta intorno ai quarant’anni. Invaghitosi di una graziosa vedova, le rivela il suo ardente desiderio attraverso alcune lettere. La donna però gli preferisce un amante più giovane e più ricco e giunge al punto di sbeffeggiarlo facendo leggere le lettere al nuovo compagno. Così lo scrittore si trova pubblicamente schernito «a guisa d’uno beccone» (cioè di un uomo tradito).

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Boccaccio decide perciò di scrivere quest’opera violentemente misogina. Il titolo vorrebbe dire “brutto corvo”, cioè “uccellaccio del malaugurio”, oppure, secondo altri, “frusta” (dallo spagnolo corbacho). A partire da un’edizione fiorentina del 1487 comparirà un sottotitolo, Laberinto d’amore. Infatti nella finzione narrativa l’autore si ritrova, in sogno, all’interno di una sorta di labirinto, costituito da un’inestricabile foresta, nella quale, trasformati in animali, si trovano a espiare la loro colpa gli uomini che si sono ubriacati alle fonti dell’amore terreno.

Qui lo scrittore incontra il marito morto della perfida vedova di cui si era innamorato, il quale gli si propone, novello Virgilio dantesco, come guida per portarlo in salvo. L’anima del defunto gli svela le astuzie, le lusinghe e i difetti della moglie, ma anche di tutte le donne in generale in modo che possa rivelare quanto ha udito.

Trattatello in laude di Dante ed Esposizioni sopra la Comedia

All’ammirazione per Dante e per la Divina Commedia – l’aggettivo «divina» fu aggiunto proprio da Boccaccio al titolo del capolavoro dantesco per indicarne l’altissimo livello poe­tico – ci riporta il Trattatello in laude di Dante (composto tra il 1351 e il 1355 e poi risistemato negli ultimi anni). È un saggio sulla vita del sommo poeta, che intende essere un risarcimento per i torti subiti dall’Alighieri da parte della sua città, l’ingrata Firenze. L’opera fornisce informazioni sul contesto storico in cui visse Dante (alcune ancora oggi di fondamentale importanza per gli studiosi) e presenta anche un ritratto fisico e morale del poeta, che – apprendiamo – non era di alta statura, aveva naso aquilino e occhi piccoli, era di carnagione scura ed era orgoglioso, ambizioso e desideroso di gloria. Dopo la vita, Boccaccio illustra le opere di Dante, con maggiore attenzione agli aspetti stilistico-retorici che ai contenuti filosofico-religiosi.

Al Trattatello vanno aggiunte – altra testimonianza del culto dantesco dello scrittore – le Esposizioni sopra la Comedia, che raccolgono i commenti ai canti dell’Inferno (fino al XVII) esposti da Boccaccio nelle pubbliche letture nella chiesa di Santo Stefano di Badia.

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Le opere latine

Tra le opere in latino vanno ricordate le 25 Epistole (tra le quali alcune a Petrarca e ad altri umanisti), il Buccolicum carmen (Carme bucolico: 16 egloghe a carattere allegorico, composte a partire dal 1349 e raccolte intorno al 1367) e tutta la serie delle opere erudite, che testimoniano l’imitazione, da parte di Boccaccio, del Petrarca umanista: il De casibus virorum illustrium (Le sventure degli uomini illustri: 9 libri, completati nel 1373, di biografie di personaggi famosi e infelici, da Adamo ai contemporanei), il De mulieribus claris (Le donne celebri: volume, scritto intorno al 1362, che contiene le biografie di un centinaio di illustri figure femminili), il De montibus, silvis, fontibus, lacubus, fluminibus, stagnis seu paludibus, et de nominibus maris liber (Libro sui monti, sui boschi, sulle fonti, sui laghi, sui fiumi, sugli stagni e sulle paludi e sui nomi del mare: un vasto dizionario-repertorio geografico scritto tra il 1355 e il 1373) e, infine, la Genealogia deo­rum gentilium (Genealogia degli dei pagani: una raccolta in 15 libri di molti miti della classicità greco-romana), considerato il più importante trattato latino di Boccaccio, che vi lavora dal 1350 fino alla morte.

La vita

 

Le opere

Nasce a Firenze o a Certaldo (presso Firenze)

1313

 

Si trasferisce a Napoli con il padre

1327-1340

Rime, Filocolo, Caccia di Diana, Filostrato, Teseida

Ritorna a Firenze

1340

 

Si trasferisce a Ravenna e successivamente a Forlì

1341-1347

Elegia di Madonna Fiammetta

  1341-1342 Comedia delle ninfe fiorentine (Ninfale d’Ameto)
  1342-1343 Amorosa visione (prima stesura)
  1344-1346 Ninfale fiesolano

Ritorna a Firenze nel periodo della peste

1348

 
  1349-1353 Decameron

Incontra Francesco Petrarca

1350

Genealogia deorum gentilium (inizio stesura, che prosegue fino alla morte)

  1351-1355 Trattatello in laude di Dante
  1355-1373 De montibus, silvis, fontibus, lacubus, fluminibus, stagnis seu paludibus, et de nominibus maris liber (inizio stesura, che prosegue fino alla morte), Amorosa visione (rielaborazione)

È sospettato di vicinanza a una congiura antigovernativa a Firenze, cui segue un periodo di isolamento

1360

 

Si ritira a Certaldo

1362

De mulieribus claris

  1365 Corbaccio
  1367 Buccolicum carmen (iniziato nel 1349)

Muore a Certaldo

1375

Esposizioni sopra la Comedia, De casibus virorum illustrium

Vola alta parola - volume 1
Vola alta parola - volume 1
Dalle origini al Trecento