L’AUTORE nel tempo

L’AUTORE nel tempo

Una fortuna immediata e duratura

La fortuna di Petrarca è da subito molto grande e ben presto si diffonde un’imitazione della sua poesia amorosa che prende il nome di Petrarchismo, fenomeno che si svilupperà poi soprattutto nel Cinquecento, con alterni risultati: da una parte fioriscono imitazioni più legate all’eleganza formale; dall’altro vi sono invece elaborazioni originali fuse con le più autentiche istanze culturali e letterarie del periodo, per esempio il platonismo. Petrarca diventa dunque il poeta più letto e imitato in tutta Europa tra Cinque e Seicento e resta un riferimento nella cultura europea – pur con momenti di minore fortuna – fino alle soglie del Romanticismo.

Tuttavia non mancano le voci critiche. Le polemiche intorno al valore dell’opera letteraria di Petrarca iniziano quando il poeta è ancora in vita; ciò porta Petrarca stesso a intervenire in difesa della propria opera e a chiarirne il messaggio culturale in un’ottica umanistica come si può riscontrare per esempio nell’epistola Posteritati ( T5, p. 451). La stessa prospettiva è offerta da Boccaccio nella sua opera De vita et moribus Francisci Petracchi de Florentia (Vita e costumi del fiorentino Francesco Petrarca), che rappresenta la prima biografia petrarchesca. Boccaccio, trascurando la produzione in volgare rispetto a quella latina, promuove l’immagine di un Petrarca filosofo morale e poeta epico-storico. Così le rime italiane passano in secondo piano come opere minori, in modo coerente, peraltro, allo stesso disinteresse che il poeta aveva ostentato nei loro confronti.

La diffusione quattrocentesca

L’Umanesimo quattrocentesco affina le conoscenze e lo studio filologico delle lettere latine e greche. Nel frattempo, tuttavia, si comincia a valorizzare la poesia in volgare. Così, a partire dalla seconda metà del XV secolo il Canzoniere viene “recuperato” e può trovare ampia diffusione. Lo stesso accade ai Trionfi, che interpretano alla perfezione il gusto classicistico del tempo, in particolare in virtù dei ricchi riferimenti storico-mitologici che li caratterizzano, e che diventano anche fonte d’ispirazione per la fantasia di pittori, incisori e miniaturisti.

Pietro Bembo e il Petrarchismo cinquecentesco

Quando, nel 1525, Pietro Bembo, una delle voci più autorevoli della cultura cinquecentesca – che nel 1501 aveva già curato una edizione del Canzoniere, stampata a Venezia da Aldo Manuzio –, dà alle stampe il trattato Prose della volgar lingua, la cultura poetica in volgare conosce un momento di grande fervore, praticando l’imitazione del Canzoniere petrarchesco come forma privilegiata di scrittura poetica. Bembo teorizza ciò che già stava avvenendo: chi avesse voluto scrivere poesie in volgare avrebbe dovuto imitare la lingua e lo stile di Petrarca.

Il Seicento e il rifiuto di Petrarca

La stagione d’oro di Petrarca e dei Petrarchisti termina nel Seicento. Se nella seconda metà del Cinquecento, in epoca manierista, Torquato Tasso ancora venerava e imitava Petrarca, che considerava «lirico eccellentissimo», secondo solo a Dante, con la diffusione del Barocco si delinea una sempre maggiore insofferenza nei confronti delle autorità culturali stabilite e dei valori letterari consacrati dalla tradizione.

Diminuiscono drasticamente le edizioni del Canzoniere, molte delle quali, secondo le indicazioni della Controriforma, escono “purgate” dei sonetti scritti da Petrarca in polemica con la Chiesa ai tempi della cattività avignonese.

Nel Settecento la “rivisitazione” di Alfieri

Con l’inizio del XVIII secolo, in virtù dei princìpi estetici di semplicità e grazia che vogliono superare il “cattivo gusto” barocco, come intendeva fare l’Accademia dell’Arcadia, Petrarca è di nuovo apprezzato. Si tratta, tuttavia, di un Petrarca depotenziato degli aspetti emotivi ed etico-morali, mentre tutta l’attenzione risulta puntata sulla forma.

Questi limiti vengono però superati da un personaggio d’eccezione: lo scrittore e drammaturgo Vittorio Alfieri. Il suo rapporto con il Canzoniere non si configura infatti quale atto di formale ossequio letterario a una tradizione consolidata, bensì come una vera e convinta esperienza di vita. Nelle sue Rime Alfieri rivive la lezione etica e sentimentale di Petrarca, che viene trasfigurata coscientemente. Egli cioè riprende alcune situazioni meditative petrarchesche, come l’amore per la natura solitaria o le incertezze esistenziali, per caricarle di una nuova forza tragica.

Foscolo, primo lettore moderno del Canzoniere

Nell’Ottocento cambia radicalmente il modo di guardare a Petrarca: non più come mae­stro di stile e di gusto, ma come autore dalla sensibilità inquieta e dunque moderna, pienamente in accordo con lo spirito romantico, che rivalutava il Medioevo e scopriva l’importanza della soggettività e dell’introspezione psicologica.

Questo è già l’approccio di Ugo Foscolo nei suoi quattro Saggi sul Petrarca, che partono da una precisa base di documentazione storica per sviluppare un’indagine della biografia spirituale di Petrarca e dell’universo psicologico nel quale affonda le radici il mondo del Canzoniere. Foscolo si sofferma anche sulle idee politiche di Petrarca, evidenziandone l’amore per Roma e l’avversione per la presenza delle potenze straniere nel territorio italiano.

Tra i romantici, Manzoni fu poco petrarchista, mentre lo fu maggiormente Leopardi, che nel 1826 pubblicò a Milano un commento al Canzoniere. Nel secondo Ottocento sarà il critico Francesco De Sanctis a offrire una sintesi critica attorno a Petrarca. Egli ne individua la contraddizione tra reale e ideale, una contrapposizione non risolta che sfocia nell’accidia. De Sanctis ambienta questi contrasti – tra carne e spirito, immanenza e trascendenza, riflessione e immaginazione – sullo sfondo storico del passaggio dal Medioevo all’Umanesimo, fra tradizione e innovazione: da ciò la definizione di Petrarca come «primo uomo moderno» e «padre dell’Umanesimo».

Petrarca nel Novecento

Il Novecento vede instaurarsi un rapporto complesso con Petrarca e con la sua poesia. La “rivoluzione” poetica pascoliana determina un deciso aggiornamento del lessico e dello stile verso una maggiore aderenza alla quotidianità. Però il modello petrarchesco continua a esercitare, magari un po’ in sordina, influssi importanti sulla produzione in versi. A partire da Guido Gozzano, che intitola la prima sezione dei suoi Colloqui “Il giovenile errore”; per proseguire con Gabriele d’Annunzio, che reinterpreta il Canzoniere in una chiave estetizzante in termini di musica e stile; fino a giungere ai poeti della rivista “La Ronda” e dell’Ermetismo, che guardano a Petrarca come a un modello di essenzialità espressiva. In un saggio del 1943, dal titolo Il poeta dell’oblio, Giuseppe Ungaretti identifica nella poesia petrarchesca una poesia della memoria, che filtra l’ardore del sentimento nella purezza dell’eloquio e nella musica del verso. Ungaretti definisce Petrarca il «primo inventore della poesia moderna».

La continuità del petrarchismo ha fissato una lingua che ha attraversato i secoli consegnando uno strumento nitido e coeso, e ha indicato pure le direttrici di una poetica dominante che si ritrova in correnti e poeti della contemporaneità.

Vola alta parola - volume 1
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Dalle origini al Trecento