T21 - Vergine bella, che, di sol vestita

T21

Vergine bella, che, di sol vestita

Canzoniere, 366

La conclusione del Canzoniere è affidata a quest’ultimo componimento di argomento religioso. Come notava già Giosuè Carducci, questa canzone è, insieme, «lauda, inno ed elegia. Come inno o lauda, è oggettiva e canta le lodi della Vergine: come elegia […], è soggettiva e narra lo stato d’animo del poeta». Infatti il testo è, insieme, lode alla Vergine, confessione dei propri peccati e invocazione di aiuto spirituale. La datazione del componimento è incerta, ma la stesura risale forse al 1353.


Metro Canzone di 10 strofe di 13 versi ciascuna, con schema di rime ABCBAC (fronte) e CddCEfE (sirma); il congedo ha lo stesso schema della sirma; l’ultimo verso di ogni strofa presenta una rima al mezzo con il verso precedente.

Vergine bella, che, di sol vestita,

coronata di stelle, al sommo Sole

piacesti sì che ’n te Sua luce ascose,

amor mi spinge a dir di te parole;

5      ma non so ’ncominciar senza tu’ aita,

et di Colui ch’amando in te si pose.

Invoco lei che ben sempre rispose,

chi la chiamò con fede:

Vergine, s’a mercede

10    miseria extrema de l’humane cose

già mai ti volse, al mio prego t’inchina,

soccorri a la mia guerra,

bench’i’ sia terra, et tu del ciel regina.

Vergine saggia, et del bel numero una

15    de le beate vergini prudenti,

anzi la prima, et con più chiara lampa;

o saldo scudo de l’afflicte genti

contra’ colpi di Morte et di Fortuna,

sotto ’l qual si triumpha, non pur scampa;

20    o refrigerio al cieco ardor ch’avampa

qui fra i mortali sciocchi:

Vergine, que’ belli occhi

che vider tristi la spietata stampa

ne’ dolci membri del tuo caro figlio,

25    volgi al mio dubio stato,

che sconsigliato a te vèn per consiglio.

Vergine pura, d’ogni parte intera,

del tuo parto gentil figliuola et madre,

ch’allumi questa vita et l’altra adorni,

30    per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre,

o fenestra del ciel lucente altera,

venne a salvarne in su li extremi giorni;

et fra tutti terreni altri soggiorni

sola tu fosti electa,

35    Vergine benedetta,

che ’l pianto d’Eva in allegrezza torni.

Fammi, che puoi, de la Sua gratia degno,

senza fine o beata,

già coronata nel superno regno.

40    Vergine santa, d’ogni gratia piena,

che per vera et altissima humiltate

salisti al ciel onde miei preghi ascolti,

tu partoristi il fonte di pietate,

et di giustitia il sol, che rasserena

45    il secol pien d’errori oscuri et folti;

tre dolci et cari nomi ài in te raccolti,

madre, figliuola et sposa:

Vergine gloriosa,

donna del Re che nostri lacci à sciolti

50    et fatto ’l mondo libero et felice,

ne le cui sante piaghe

prego ch’appaghe il cor, vera beatrice.

Vergine sola al mondo senza exempio,

che ’l ciel di tue bellezze innamorasti,

55    cui né prima fu simil né seconda,

santi penseri, atti pietosi et casti

al vero Dio sacrato et vivo tempio

fecero in tua verginità feconda.

Per te pò la mia vita esser ioconda,

60    s’a’ tuoi preghi, o Maria,

Vergine dolce et pia,

ove ’l fallo abondò, la gratia abonda.

Con le ginocchia de la mente inchine,

prego che sia mia scorta,

65    et la mia tòrta via drizzi a buon fine.

Vergine chiara et stabile in eterno,

di questo tempestoso mare stella,

d’ogni fedel nocchier fidata guida,

pon’ mente in che terribile procella

70    i’ mi ritrovo sol, senza governo,

ed ò già da vicin l’ultime strida.

Ma pur in te l’anima mia si fida,

peccatrice, i’ nol nego,

Vergine, ma ti prego

75    che ’l tuo nemico del mio mal non rida:

ricorditi che fece il peccar nostro

prender Dio, per scamparne,

humana carne al tuo virginal chiostro.

Vergine, quante lagrime ò già sparte,

80    quante lusinghe et quanti preghi indarno,

pur per mia pena et per mio grave danno!

Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno,

cercando or questa et or quel’altra parte,

non è stata mia vita altro ch’affanno.

85    Mortal bellezza, atti et parole m’ànno

tutta ingombrata l’alma.

Vergine sacra et alma,

non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno.

I dì miei più correnti che saetta

90    fra miserie et peccati

sonsen’andati, et sol Morte n’aspetta.

Vergine, tale è terra, et posto à in doglia

lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne

et de’ mille miei mali un non sapea:

95    et per saperlo, pur quel che n’avenne

fôra avenuto, ch’ogni altra sua voglia

era a me morte, et a lei fama rea.

Or tu, Donna del ciel, tu nostra Dea

(se dir lice, et convensi),

100 Vergine d’alti sensi,

tu vedi il tutto, et quel che non potea

far altri, è nulla a la tua gran vertute:

por fine al mio dolore;

ch’a te honore, et a me fia salute.

105 Vergine, in cui ò tutta mia speranza

che possi et vogli al gran bisogno aitarme,

non mi lasciare in su l’extremo passo.

Non guardar me, ma Chi degnò crearme;

no ’l mio valor, ma l’alta Sua sembianza,

110 ch’è in me, ti mova a curar d’uom sì basso.

Medusa et l’error mio m’àn fatto un sasso

d’umor vano stillante:

Vergine, tu di sante

lagrime et pie adempi ’l meo cor lasso,

115 ch’almen l’ultimo pianto sia devoto,

senza terrestro limo,

come fu ’l primo non d’insania vòto.

Vergine humana et nemica d’orgoglio,

del comune principio amor t’induca:

120 miserere d’un cor contrito humile.

Che se poca mortal terra caduca

amar con sì mirabil fede soglio,

che devrò far di te, cosa gentile?

Se dal mio stato assai misero et vile

125 per le tue man’ resurgo,

Vergine, i’ sacro et purgo

al tuo nome et penseri e ’ngegno et stile,

la lingua e ’l cor, le lagrime e i sospiri.

Scorgimi al miglior guado,

130 et prendi in grado i cangiati desiri.

Il dì s’appressa, et non pote esser lunge,

sì corre il tempo et vola,

Vergine unica et sola,

e ’l cor or conscientia or morte punge.

135 Raccomandami al tuo Figliuol, verace

homo et verace Dio,

ch’accolga ’l mio spirto ultimo in pace.

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Possiamo dividere la canzone in due parti. Nella prima (vv. 1-78) il poeta innalza lodi alla Vergine e, insieme, la invoca affinché abbia compassione di lui e lo aiuti. Nella seconda parte (vv. 79-137) l’autore ricorda la figura di Laura ed esprime il proprio pentimento per avere troppo a lungo occupato l’anima con il vagheggiamento di una bellezza mortale che ora è terra (v. 92); la passione per Laura e l’eccessiva attenzione alle cose umane lo hanno reso insensibile alla dimensione spirituale e trascendente; ora egli chiede a Maria di riempire il suo cuore di lacrime di contrizione, affinché possa giungere, con la morte, alla salvezza eterna.

Laura, protagonista del Canzoniere, torna anche nell’ultimo componimento della raccolta, sebbene qui in posizione secondaria, e senza essere mai indicata con il suo nome, poiché si allude alla sua persona soltanto con espressioni generiche: Mortal bellezza (v. 85), tale (v. 92), Medusa (v. 111). In questa canzone è rappresentata tuttavia in termini più positivi che altrove. Per esempio ai vv. 94-97 il poeta giustifica indirettamente la freddezza e indifferenza di Laura rispetto alla sua sofferenza d’amore, mentre in altri componimenti del Canzoniere, soprattutto nelle “Rime in vita”, le aveva definite crudeli: al termine di questo lungo viaggio esistenziale la virtù della donna si è rivelata per lui provvidenziale, in quanto lo ha tenuto lontano dal peccato e dalla dannazione. È anche vero, tuttavia, che il poeta descrive gli effetti destabilizzanti della sua bellezza: Laura era come Medusa, la creatura della mitologia che trasformava in pietra chiunque la guardasse in volto.

D’altra parte, se è vero che Petrarca mette nelle mani di Maria il pesante bagaglio della sua vita, è anche vero che il bilancio conclusivo è ben lontano dal risolversi in una svolta mistica. Come si vedrà più avanti dai riscontri stilistici, la condizione psicologica del poeta viene ribadita: la guerra interiore, lo stato di incertezza, l’angoscia e il dolore si manifestano semmai con autenticità ancora più sofferta e sconsolata. In ciò sta il grande valore, umano e letterario, della canzone, che non è «un frigido monumento di retorica che resta, poco o tanto, estraneo all’intima ispirazione di Petrarca, ma è precisamente il testo che la riassume e la ripropone con accenti di confessione, a fronte dell’imminente appuntamento con la morte» (Fenzi).

Le scelte stilistiche

L’andamento del testo, ampio e solenne, è di tipo liturgico: ogni strofa inizia con la parola Vergine, un vocativo che, in tutte le strofe, viene ripetuto poi al nono verso. Del linguaggio liturgico sono caratteristici i numerosi epiteti formulari riferiti alla Madonna. Conforme a questo tono è anche il congedo, nel quale il poeta non si rivolge, com’era consuetudine, alla propria canzone, ma continua invece a parlare a Maria, concludendo con la richiesta più importante, quella di una morte nella grazia di Dio. L’ultima parola del componimento, pace, è quella che meglio di ogni altra può dar voce all’anima inquieta dell’autore, con la sua perenne aspirazione a una serenità per lui molto difficile da raggiungere.

Coerentemente con le caratteristiche che abbiamo messo in luce, sono numerose nella canzone le immagini tratte dalle Sacre Scritture: la tabella che segue le elenca e ne indica le diverse fonti.


Versi

Riferimenti alle Sacre Scritture

vv. 1-2 di sol vestita, / coronata di stelle

Apocalisse, 12, 1: «una donna vestita di sole […] e sul suo capo una corona di dodici stelle»

vv. 14-15 Vergine saggia, et del bel numero una / de le beate vergini prudenti

Commune Virginum ad laudes, antifona prima: «Vergine sapiente e una del numero di quelle sagge»

v. 17 saldo scudo

Secondo libro di Samuele, 22, 3: Dio è definito «mio scudo»

v. 35 benedetta

Ave Maria: «tu sei benedetta fra le donne»

v. 40 d’ogni gratia piena

Ave Maria: «piena di grazia»

v. 61 dolce et pia

Salve Regina: «O clemente, o pia, o dolce vergine Maria»

v. 62 ove ’l fallo abondò, la gratia abonda

Lettera ai Romani, 5, 20: «Dove abbondò la colpa, sovrabbonderà la grazia»


Infine, al v. 28 – del tuo parto gentil figliuola et madre – troviamo un riferimento a Dante, e precisamente all’incipit della preghiera alla Vergine dell’ultimo canto del Paradiso: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio».

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Ma c’è anche un altro tipo di intertestualità, interna al Canzoniere e relativa alle varie fasi dell’esperienza sentimentale del poeta. Citiamo nella seguente tabella esempi, tratti da altri testi del Canzoniere, di aggettivi, sostantivi, espressioni e immagini riferiti qui a Maria, ma altrove utilizzati spesso a proposito di Laura.


Versi

Testo

Testi del Canzoniere

Verso di riferimento

v. 20

refrigerio

327

«L’aura, e l’odore, e ’l refrigerio, e l’ombra» (v. 1)

vv.

22-25

Vergine, que’ belli occhi / […] volgi

305

«volgi a me gli occhi, e i miei sospiri ascolta» (v. 8)

v. 29

allumi questa vita, et l’altra adorni

309

«per adornare i suoi stellanti chiostri» (v. 4)

326

«ché l’altro ha ’l cielo, e di sua chiaritate, /

quasi d’un più bel sol, s’allegra e gloria» (vv. 9-10)

v. 41

vera et altissima humiltate

323

«humile in sé, ma ’ncontra Amor superba» (v. 64)

   

325

«alta humiltate, in se stessa raccolta» (v. 8)

v. 42

salisti al ciel onde miei preghi ascolti

305

«volgi a me gli occhi, e i miei sospiri ascolta» (v. 8)

v. 43

fonte di pietate

203

«fonte di pietà» (v. 8)

v. 52

vera beatrice

191

«dolce del mio penser hora beatrice» (v. 7)

v. 55

cui né prima fu simil né seconda

342

«né prima simil né seconda» (v. 5)

v. 87


 
 
 

alma (aggettivo)


 
 
 

289

«L’alma mia fiamma oltra le belle bella» (v. 1)

329

«spegner l’almo mio lume ond’io vivea» (v. 10)

337

«posi in quell’alma pianta; e ’n foco e ’n gielo» (v. 10)

347

«ti stai, come tua vita alma rechiede» (v. 2)

v. 133

Vergine unica et sola

185

«bellezza unica et sola» (v. 11)

Questi richiami non sono casuali. Sulla base delle osservazioni sin qui fatte, potremmo concludere che anche quando Petrarca afferma di voler dimenticare Laura per lodare la Vergine, di volersi lasciare alle spalle le passioni mondane del passato per volgersi all’assoluto, di fatto non riesce a farlo, al punto che in lode della Vergine usa le stesse espressioni che aveva utilizzato per la donna amata. È però possibile interpretare questi richiami anche in modo opposto: come una presa di distanza dal proprio percorso esistenziale e letterario, per sottolineare la propria conversione. Ma che si preferisca la prima o la seconda interpretazione, un dato è certo: tra la poesia amorosa e quella religiosa c’è in Petrarca una sostanziale continuità, che risulta evidente proprio dall’analisi del piano lessicale ed espressivo.

 >> pagina 515 

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Perché al v. 21 gli uomini sono detti sciocchi?


2 A quale aspetto della propria biografia si riferisce l’autore al v. 83?


3 Ai vv. 111-117 vengono contrapposti due tipi di pianto. Quali?

Analizzare

4 La stessa figura retorica presente al v. 29 ritorna in due versi della quarta strofa. Rintracciala nel testo e spiegane l’effetto.


5 Quale figura retorica riconosci al v. 117?


6 Individua nell’ultima strofa della canzone un insistito polisindeto.


7 Come definiresti lo stile della canzone?

interpretare

8 Perché Laura non viene mai chiamata per nome?


9 Perché al v. 111 si cita Medusa? Ci sono altri riferimenti alla mitologia classica?


10 Vergine bella, che, di sol vestita si conclude con la parola pace, come la canzone Italia mia, benché ’l parlar sia indarno ( T13, p. 487). Quali analogie o differenze ravvisi tra i due testi?

  intrecci letteratura

Marco Santagata L’amore in sé

Quando la letteratura incontra la vita: Laura come nome dell’amore


Marco Santagata (n. 1947) è uno dei massimi studiosi di Petrarca, ma è anche un apprezzato scrittore. Nel romanzo L’amore in sé (2006) ha unito la competenza dello studioso alla passione del narratore. Il protagonista del libro è un docente universitario, chiamato presso l’ateneo di Ginevra a tenere un corso sul Canzoniere.

Durante una lezione, per un vero e proprio lapsus freudiano scambia il nome della Laura di Petrarca con quello di Bubi, il primo amore della sua vita. La ragazza gli era apparsa nel corridoio della scuola una mattina di molti anni prima. In un cortocircuito tra vita e poesia, si era fatto strada in lui il sentimento d’amore, vissuto prima “di lontano”, come pura contemplazione, e poi dichiarato. L’autore opera una sottile indagine psicologica degli stati d’animo di questo adolescente innamorato, fino alla rivelazione di un terribile segreto, che segnerà la separazione dei due. Accanto a quel tempo remoto, compaiono altri frammenti della vita del protagonista, con la moglie, il figlio disabile, un allievo che sfida la sua intelligenza, ma che morirà tragicamente.


Per lui esisteva solo Bubi.

Eccola. Attraversava la strada. Solitaria, regale, dorata… […]

Una certa acerbità nei movimenti e un gestire prima leggermente in ritardo e poi accelerato, quasi a recuperare, la rendevano unica e originale. Perfino il nome era unico. Nessuno la chiamava Roberta. Lei era la sola Bubi di tutta la città. Speciale e aristocratica. […]

Come tutte le altre, Bubi indossava un grembiule nero con il colletto bianco. Sul nero il biondo dei capelli moltiplicava di splendore.

Vola alta parola - volume 1
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Dalle origini al Trecento