T18 - Una zuffa tra due diavoli (Inferno)

T18

Una zuffa tra due diavoli

Inferno, XXII, 133-151

Ci troviamo nella quinta bolgia dell’ottavo cerchio (fraudolenti), nella quale sono puniti, immersi nella pece, i barattieri, cioè coloro che si sono macchiati della frode propria di chi ricopre una carica pubblica.

Nel passo che presentiamo assistiamo alla zuffa tra due diavoli: Calcabrina si avventa su Alichino, colpevole di essersi lasciato sfuggire un dannato da tormentare (Ciampolo di Navarra); i due finiscono con il cadere nella pece, rimanendone cotti e appiccicati. Il loro capo, Barbariccia, dovrà mandare altri quattro diavoli in loro aiuto. Si tratta di una situazione comica, per la quale l’autore utilizza un linguaggio basso, plebeo e dalla sonorità aspra.

Irato Calcabrina de la buffa,

volando dietro li tenne, invaghito

135 che quei campasse per aver la zuffa;


e come ’l barattier fu disparito,

così volse li artigli al suo compagno,

138 e fu con lui sopra ’l fosso ghermito.

Ma l’altro fu bene sparvier grifagno

ad artigliar ben lui, e amendue

141 cadder nel mezzo del bogliente stagno.

Lo caldo sghermitor sùbito fue;

ma però di levarsi era neente,

144 sì avieno inviscate l’ali sue.

Barbariccia, con li altri suoi dolente,

quattro ne fé volar da l’altra costa

147 con tutt’i raffi, e assai prestamente


di qua, di là discesero a la posta;

porser li uncini verso li ’mpaniati,

150 ch’eran già cotti dentro da la crosta;


e noi lasciammo lor così ’mpacciati.

 >> pagina 349 

T19

L’incontro con Casella

Purgatorio, II, 76-90; 106-117

Il brano presenta l’incontro tra Dante e un amico di gioventù, il musico Casella, sulla spiaggia dell’Antipurgatorio. Il poeta vi è arrivato da poco insieme a Virgilio; davanti a loro si distende l’immenso mare, è il primo mattino e l’azzurro del cielo cede a poco a poco al sole che sorge. Ecco giungere, dall’orizzonte, una piccola imbarcazione, sospinta dalle ali di un angelo. Ne discende una folla di anime di penitenti destinate al Purgatorio, che appaiono inesperte dei luoghi, timide, smarrite.

Dante e Virgilio si avvicinano al gruppo di anime, dal quale se ne stacca una per accorrere verso il poeta e abbracciarlo. È l’anima di Casella, legato a Dante da affettuosa amicizia. Il poeta ricorda come egli fosse capace, con le sue melodie, di placare il suo animo quando era in preda a una passione o a un turbamento.

Il dolce mattino di primavera, la serenità del cielo, la placida distesa del mare, la mitezza dell’aria: tutto invita alla tenerezza e alla nostalgia. Dante prega così l’amico di intonare un canto, come tante volte aveva fatto da vivo. E Casella lo accontenta. Dopo la bestialità che caratterizza i comportamenti infernali (dei diavoli e dei dannati) assistiamo qui a un recupero dell’umanità e della dignità che le è propria.

Il tono del brano contribuisce a restituire il senso di una situazione di calma e di pacatezza; e le scelte stilistiche (sia lessicali sia sintattiche) vanno tutte nella direzione di una composta dolcezza.

Io vidi una di lor trarresi avante

per abbracciarmi, con sì grande affetto,

78    che mosse me a far lo somigliante.

Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!

tre volte dietro a lei le mani avvinsi,

81    e tante mi tornai con esse al petto.

Di maraviglia, credo, mi dipinsi;

per che l’ombra sorrise e si ritrasse,

84    e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.

Soavemente disse ch’io posasse;

allor conobbi chi era, e pregai

87    che, per parlarmi, un poco s’arrestasse.

Rispuosemi: «Così com’ io t’amai

nel mortal corpo, così t’amo sciolta:

90    però m’arresto». […]

E io: «Se nuova legge non ti toglie

memoria o uso a l’amoroso canto

108 che mi solea quetar tutte mie doglie,


di ciò ti piaccia consolare alquanto

l’anima mia, che, con la sua persona

111 venendo qui, è affannata tanto!».

«Amor che ne la mente mi ragiona»

cominciò elli allor sì dolcemente,

114 che la dolcezza ancor dentro mi suona.

Lo mio maestro e io e quella gente

ch’eran con lui parevan sì contenti,

117 come a nessun toccasse altro la mente.

L’angelo nocchiero

L’artista francese Gustave Doré realizzò a partire dal 1855 una serie di incisioni destinate a illustrare una lussuosa edizione della Commedia dantesca: tale era la sua fiducia nel progetto che pagò lui stesso la pubblicazione del volume, che, al suo apparire sul mercato nel 1861, ebbe uno straordinario successo. Le incisioni combinano tra loro varie tradizioni artistiche: sono ambientate in paesaggi di impronta nordica dove i personaggi emergono gradualmente dallo sfondo del mondo ultraterreno. In questa scena, con l’incontro tra Dante e le anime del Purgatorio, Dante e Virgilio, in ombra, appena usciti dall’Inferno, incontrano l’angelo nocchiero mentre conduce sulla sua barca una nuova schiera di anime che timidamente appaiono dietro le sue ali spiegate.

 >> pagina 350 

T20

La descrizione dell’Empireo

Paradiso, XXX, 38-69

Con il canto XXX del Paradiso ci troviamo nell’Empireo, il cielo di pura luce che è immagine di Dio e dell’infinita felicità delle anime beate. Dante è circondato all’improvviso da un vivissimo fulgore che lo abbaglia: è il saluto di Dio, che precede la sua visione.

Nel passo che riportiamo il poeta scorge un fiume di luce dal quale escono scintille che si posano sui fiori e poi tornano nello straordinario gorgo luminoso. Tale spettacolo - a cui Dante può assistere in virtù di una particolare grazia divina, l’accrescimento delle normali facoltà sensibili (se i suoi sensi fossero quelli normali una simile visione lo accecherebbe o addirittura lo annienterebbe) - cela una realtà più profonda, che il poeta non può ancora vedere in forma svelata: in seguito la fiumana luminosa si muterà in un cerchio, mentre i fiori e le faville si riveleranno essere beati e angeli.

Lo stile si innalza qui al massimo livello: lo splendore della visione viene reso attraverso lo splendore della forma. La parola poetica è utilizzata al grado estremo della sua capacità semantica, poiché si tratta di descrivere una realtà ai limiti dell’indicibile.

Ricominciò: «Noi siamo usciti fore

39    del maggior corpo al ciel ch’è pura luce:


luce intellettüal, piena d’amore;

amor di vero ben, pien di letizia;

42    letizia che trascende ogne dolzore.

Qui vederai l’una e l’altra milizia

di paradiso, e l’una in quelli aspetti

45    che tu vedrai a l’ultima giustizia».

Come sùbito lampo che discetti

li spiriti visivi, sì che priva

48    da l’atto l’occhio di più forti obietti,


così mi circunfulse luce viva,

e lasciommi fasciato di tal velo

51    del suo fulgor, che nulla m’appariva.

«Sempre l’amor che queta questo cielo

accoglie in sé con sì fatta salute,

54    per far disposto a sua fiamma il candelo».

Non fur più tosto dentro a me venute

queste parole brievi, ch’io compresi

57    me sormontar di sopr’a mia virtute;


e di novella vista mi raccesi

tale, che nulla luce è tanto mera,

60    che li occhi miei non si fosser difesi;


e vidi lume in forma di rivera

fulvido di fulgore, intra due rive

63    dipinte di mirabil primavera.

Di tal fiumana uscian faville vive,

e d’ogne parte si mettìen ne’ fiori,

66    quasi rubin che oro circunscrive;


poi, come inebrïate da li odori,

riprofondavan sé nel miro gurge;

69    e s’una intrava, un’altra n’uscia fori.

 >> pagina 351 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il breve episodio tratto dal canto XXII dell’Inferno (T18) mette in scena un litigio tra due diavoli, Calcabrina e Alichino. Il primo artiglia il secondo e, così uniti, piombano entrambi nel fossato di pece bollente, finché Barbariccia manda altri quattro demòni in loro soccorso.

È un episodio in sé comico, quanto al contenuto, ma – come ha notato la critica – è un comico senza sorriso e senza gioia. L’Inferno è infatti il regno dell’odio e della divisione (questo significa, del resto, il termine greco diàbolos: “colui che divide”), e tali sentimenti negativi riguardano anche gli stessi demòni: tra loro non c’è accordo né amicizia, bensì feroce violenza e cieca aggressività.

Il brano del canto II del Purgatorio (T19) descrive l’incontro tra Dante e un amico di gioventù, Casella. Si tratta di un musico (insieme musicista-compositore ed esecutore-cantore), ma di questo personaggio non sappiamo molto: all’incirca contemporaneo del poeta, dovette morire prima della primavera del 1300, cioè prima del viaggio dantesco immaginato nella Commedia. È possibile (ma non certo) che Casella avesse musicato i versi di Dante.

Il loro è un incontro tutto improntato a sentimenti di amicizia e di tenerezza. Il sorriso di Casella, così discreto, mostra l’affetto nei confronti del poeta. Egli parla con pacatezza di voce e di gesti: si notino la dolcezza e la premura che vibrano nell’avverbio soavemente (v. 85). Il canto di Casella si innalza dolce e consolatore per l’angoscia di Dante. Ed egli canta così piacevolmente, suscitando tanta commozione, che tutti fanno cerchio attorno a lui, dimentichi di ogni cosa, della morte e della stessa necessità di espiazione. Subito dopo, infatti, le anime verranno richiamate dal guardiano Catone al dovere del cammino.

 >> pagina 352 

Nel canto XXX del Paradiso (T20) Dante e Beatrice passano dal Primo Mobile all’Empireo, il cielo immateriale di pura luce che è sede di Dio ed è quindi fuori dal tempo e dallo spazio. La luce intellettüal, piena d’amore del v. 40 è la luce di Dio, motore e ordinatore dell’universo; l’anima che vi penetra è investita dalla grazia illuminante. Beatrice spiega al poe­ta che quella grande luce è il modo consueto con cui l’Empireo accoglie coloro che vi entrano, per prepararli alle visioni che li attendono. Dante vede così un fiume di luce che sembra scorrere tra due rive fiorite; ne è abbagliato, ma riesce comunque a scorgere miriadi di scintille che prima si posano sui fiori delle rive e poi ritornano nel fiume.

Le scelte stilistiche

Nel rappresentare i diavoli del canto XXII dell’Inferno (T18), Dante si attiene all’immaginario medievale sui demòni, basato su una lunga tradizione iconografica: gli angeli caduti erano rappresentati come esseri mostruosi e dai caratteri animaleschi. Dante vi aggiunge però altri elementi grotteschi, come una certa deformazione caricaturale che ne connota i gesti e i movimenti. Quanto alle scelte lessicali, possiamo notare vocaboli bassi (qui, nello specifico, legati alla terra e al mondo animale) e di uso quotidiano, come zuffa (v. 135), artigli (v. 137), fosso (v. 138), sparvier grifagno (v. 139), bogliente stagno (v. 141), inviscate (v. 144), raffi (v. 147), cotti e crosta (v. 150). Molti di essi, inoltre, sono termini dalle sonorità aspre (si noti l’insistenza sui fonemi r e s).

Rispetto al brano dell’Inferno, in quello del canto II del Purgatorio (T19) è possibile cogliere un deciso innalzamento del tono poetico. In tale direzione va un preciso rimando classico: il tentativo, fallimentare, di abbracciare Casella compiuto da Dante richiama un celebre passo dell’Eneide di Virgilio (VI, 700-701), dove Enea inutilmente cerca di abbracciare l’ombra del padre Anchise: Ter conatus ibi collo dare bracchia circum, / ter frustra comprensa manus effugit imago (Tre volte cercò di circondargli il collo con le braccia, / tre volte invano afferrata l’immagine sfuggì dalle mani).

Non è ancora la tonalità sublime (che troveremo soprattutto nel Paradiso), ma quella media o elegiaca. Essa è funzionale alla resa dei temi prettamente purgatoriali, come quelli della memoria del passato e dell’amicizia. Il lessico dolce rimanda all’esperienza comune che aveva unito, nella giovinezza, Dante e Casella, lo Stilnovo: abbracciarmi e affetto (v. 77), soavemente (v. 85), amai (v. 88), amo (v. 89), amoroso canto (v. 107), dolcemente (v. 113), dolcezza (v. 114).

 >> pagina 353 

Il tono del brano tratto dal canto XXX del Paradiso (T20) è solenne e lo stile si innalza al massimo delle possibilità espressive. Il poeta, trovandosi a dover descrivere l’indescrivibile e l’ineffabile (cioè l’indicibile, quali sono le realtà ultime del Paradiso), decide di utilizzare tutti gli strumenti che l’arte retorica gli mette a disposizione. Numerose sono le figure retoriche: si notino ai vv. 39-42 l’anadiplosi (cioè la ripresa, all’inizio di ogni verso, del termine finale del verso precedente: luce/luce; amore/amor; letizia/letizia), ai vv. 52-54 la metafora della candela (l’anima è come una fiamma che accostandosi a Dio, fonte della luce, trae da lui la forza per ardere più vivamente al suo cospetto) e al v. 62 l’allitterazione fulvido di fulgore. Al v. 42 dolzore per “dolcezza” è voce dotta, ricorrente nella poesia provenzale, e al v. 61 rivera è un gallicismo (si vedano il francese rivière e il provenzale ribiera).

Sono presenti anche diversi latinismi: per esempio discetti (v. 46) dal verbo disceptare (“sgominare”, “disperdere”) e la giuntura miro gurge (v. 68) (mirus gurges; il sostantivo è presente anche nell’Eneide, I, 118 e VI, 296). Sempre un latinismo è il verbo circunfulse (v. 49), che sembra trovare un diretto antecedente nel racconto neotestamentario del miracolo sulla via di Damasco, all’origine della vocazione di san Paolo (Atti degli Apostoli, 22, 6: subito de caelo circumfulsit me lux copiosa, “all’improvviso dal cielo mi sfolgorò intorno una grande luce”). Insomma, sono diversi gli elementi che cooperano a elevare il più possibile il livello stilistico del canto.

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Perché ai vv. 133-135 di Inferno, XXII (T18) si dice che Calcabrina desidera che Ciampolo di Navarra (quei) riesca a sottrarsi al controllo dei diavoli?


2 Che cosa succede ai diavoli che, nella zuffa, cadono nella pece bollente?


3 Perché ai vv. 110-111 di Purgatorio, II (T19) Dante afferma che la sua anima è tanto affannata?


4 Quali gesti indicano il reciproco affetto di Dante e Casella?


5 Nell’episodio riportato da Paradiso, XXX (T20) la vista di Dante viene investita da un’ondata di luce


6 Spiega la visione che si presenta agli occhi di Dante ai vv. 61-69.

ANALIZZARE

7 Individua nel brano tratto da Inferno XXII:

  • a le rime inusuali e foneticamente marcate da suoni consonantici;
  • b i termini riconducibili all’area semantica della lotta e della violenza;
  • c la metafora culinaria.

8 Individua nel brano tratto da Purgatorio II:

  • a i termini riconducibili all’area semantica dell’affetto;
  • b i termini riconducibili all’area semantica della dolcezza e della serenità;
  • c un evidente poliptoto tra alcuni termini individuati al punto (b).

9 Individua nel brano tratto da Paradiso XXX:

  • a i termini riconducibili all’area semantica della luce;
  • b i termini riconducibili all’area semantica dell’amore e della dolcezza;
  • c la perifrasi usata per indicare Dio.

interpretare

10 Nella metafora presente ai vv. 52-54 di Paradiso, XXX (T20) che cosa rappresenta la candela? Perché il poeta sceglie questo oggetto?


11 I nomi dei diavoli di Inferno, XXII (T18) riflettono anche il loro carattere: in che modo?


12 Perché al v. 89 di Purgatorio, II (T19) Casella parla di sé al femminile?

Produrre

13 Scrivere per esprimere. Trasforma ciascuno dei tre brani antologizzati in un racconto di circa 20 righe in italiano moderno. Per ogni racconto usa un registro diverso: basso (Inferno), medio (Purgatorio), alto (Paradiso).

Vola alta parola - volume 1
Vola alta parola - volume 1
Dalle origini al Trecento