T14 - Donne ch’avete intelletto d’amore

T14

Donne ch’avete intelletto d’amore

Vita nuova, 19

Questo capitolo segna un ulteriore sviluppo della Vita nuova, inglobando un testo in versi, Donne ch’avete intelletto d’amore, che è la prima canzone dell’opera e anche il primo componimento di lode a Beatrice. Riportiamo la prima parte, in prosa, e la canzone.

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Audiolettura

         Avvenne poi che passando per uno cammino1 lungo lo quale sen gia2 uno rivo chiaro
molto, a me giunse tanta volontade di dire, che io cominciai a pensare lo modo ch’io
tenesse;3 e pensai che parlare di lei non si convenia che io facesse, se io non parlasse a
donne in seconda persona, e non ad ogni donna, ma solamente a coloro che sono gentili 

5      e che non sono pure femmine.4 Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per se
stessa mossa, e disse: Donne ch’avete intelletto d’amore. Queste parole io ripuosi ne la
mente con grande letizia, pensando di prenderle per mio cominciamento;5 onde poi, ritornato
a la sopradetta cittade, pensando alquanti die, cominciai una canzone con questo cominciamento, ordinata nel modo che si vedrà di sotto ne la sua divisione. La canzone 

10    comincia: Donne ch’avete.

Donne ch’avete intelletto d’amore,

i’ vo’ con voi de la mia donna dire,

non perch’io creda sua laude finire,

ma ragionar6 per isfogar la mente.

5      Io dico che pensando il suo valore,

Amor sì dolce mi si fa sentire,

che s’io allora non perdessi ardire,

farei parlando innamorar la gente.

E io non vo’ parlar sì altamente,7

10    ch’io divenisse per temenza8 vile;

ma tratterò del suo stato gentile

a respetto di lei leggeramente,

donne e donzelle amorose,9 con vui,

ché non è cosa da parlarne altrui.

15    Angelo clama in divino intelletto10

e dice: «Sire, nel mondo si vede

maraviglia ne l’atto che procede

d’un’anima che ’nfin qua su risplende».

Lo cielo, che non have altro difetto

20    che d’aver lei, al suo segnor la chiede,

e ciascun santo ne grida merzede.

Sola Pietà nostra parte difende,

ché parla Dio, che di madonna intende:

«Diletti miei, or sofferite in pace

25    che vostra spene11 sia quanto me piace

là ’v’è alcun che perder lei s’attende,12

e che dirà ne lo inferno: “O mal nati,

io vidi la speranza de’ beati”».


Madonna è disiata in sommo cielo:

30    or voi di sua virtù13 farvi savere.

Dico, qual vuol gentil donna parere

vada con lei, che quando va per via,

gitta nei cor villani Amore un gelo,

per che onne lor pensero agghiaccia e pere;

35    e qual soffrisse di starla a vedere

diverria nobil cosa, o si morria.

E quando trova alcun che degno sia

di veder lei, quei prova sua vertute,

ché li avvien, ciò che li dona, in salute,

40    e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia.

Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato

che non pò mal finir14 chi l’ha parlato.

Dice di lei Amor: «Cosa mortale

come esser pò sì adorna e sì pura?».

45    Poi la reguarda, e fra se stesso giura

che Dio ne ’ntenda di far cosa nova.

Color di perle ha quasi, in forma quale

convene a donna aver, non for misura:15

ella è quanto de ben pò far natura;

50    per essemplo di lei bieltà si prova.

De li occhi suoi, come ch’ella li mova,

escono spirti d’amore inflammati,

che feron li occhi a qual che allor la guati,

e passan sì che ’l cor ciascun retrova:

55    voi le vedete Amor pinto nel viso,

là ’ve non pote alcun mirarla fiso.16

Canzone, io so che tu girai parlando

a donne assai, quand’io t’avrò avanzata.

Or t’ammonisco, perch’io t’ho allevata

60    per figliuola d’Amor giovane e piana,

che là ’ve giugni tu diche pregando:

«Insegnatemi gir, ch’io son mandata

a quella di cui laude so’ adornata».

E se non vuoli andar sì come vana,

65    non restare ove sia gente villana:

ingegnati, se puoi, d’esser palese

solo con donne o con omo cortese,

che ti merranno là per via tostana.17

Tu troverai Amor con esso lei;

70    raccomandami a lui come tu dei.

 >> pagina 315 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

La decisione di Dante di comporre versi in lode di Beatrice detta il tema di questo capitolo e della canzone in esso presentata. Nella prima strofa, con funzione introduttiva, l’autore individua l’uditorio (le donne capaci di comprendere l’amore), stabilisce l’argomento del testo (le lodi di Beatrice) e dichiara, in base a una convenzione retorica piuttosto comune, la propria inadeguatezza di fronte a un argomento così elevato. Nelle tre strofe centrali, Dante sviluppa l’argomento, focalizzando l’attenzione sul cielo che sente la mancanza di Beatrice (strofa 2), sulle qualità della sua anima e sugli effetti prodigiosi della sua presenza (strofa 3), nonché sul suo aspetto fisico e sulle dinamiche da esso messe in moto (strofa 4). Infine nel congedo (strofa 5) il poeta apostrofa il componimento esprimendo il desiderio che esso trovi il proprio pubblico d’elezione.

È stato notato dai critici che sino al capitolo 18 della Vita nuova Dante subisce l’influsso di Guido Cavalcanti e delle sue “rime dolorose”. Invece a partire dal capitolo 19 i motivi cavalcantiani, per esempio l’amore come sofferenza e l’idea della sua sostanziale irrazionalità, vengono pressoché abbandonati. Già nel primo verso di Donne ch’avete intelletto d’amore Dante stabilisce un nesso forte tra amore e intelletto (termini che in Cavalcanti erano invece antitetici, cioè opposti), sottolineando il carattere razionale e intellettuale dell’esperienza amorosa. L’amore non è più passione cieca e distruttiva, bensì esperienza positivamente costruttiva sul piano etico e conoscitivo.

Le scelte stilistiche

La lode dell’amata non era certo un tema nuovo, essendo già ampiamente presente nella poesia precedente (provenzale, siciliana, siculo-toscana, stilnovistica), ma qui è nuovo il modo con cui Dante lo organizza in un testo abilmente costruito. Al soggettivismo della poesia precedente si sostituisce una dimensione corale della lode: ne è spia, sul piano formale, la frequenza dei pronomi indefiniti (qual, vv. 31, 35, 53; alcun, vv. 26, 37, 56; chi, v. 42), a indicare coloro che, realmente o ipoteticamente, si trovano a interagire con Beatrice. La lode della donna è pronunciata non soltanto dall’io poetico (molto presente nella stanza introduttiva, meno in quelle successive), ma anche dall’angelo, dai santi, da Dio e da Amore.

 >> pagina 316 

Donne ch’avete intelletto d’amore è una canzone a cui Dante era molto legato e alla quale attribuiva grande rilevanza. Lo testimonia un’importante autocitazione contenuta nella Divina Commedia: in Purgatorio, XXIV il poeta fa pronunciare l’incipit di questo testo a Bonagiunta Orbicciani (il poeta lucchese della generazione precedente a quella di Dante) per esemplificare le «nove rime» della stagione stilnovistica. Ciò vuol dire che Dante (e forse anche i suoi contemporanei) giudicava questo testo come uno dei più significativi, un punto di svolta nel suo lavoro e, più in generale, nella stessa poesia italiana. La lingua del poeta descritta nella prosa introduttiva quasi come per se stessa mossa (rr. 5-6) ricorda proprio i versi dell’incontro oltremondano con Bonagiunta (la celebre definizione della poetica dello Stilnovo): «I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando» (vv. 52-54). La lingua che si muove da sola è in realtà mossa da Amore.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Nella parte in prosa Dante spiega a quale pubblico è indirizzata la successiva canzone. A quale categoria di donne si rivolge? Quali caratteristiche devono possedere per accostarsi alla sua poesia?


2 Che cosa chiedono angeli e santi a Dio? Perché?


3 Quali sono gli effetti operati da Beatrice su chi la incontra?

Analizzare

4 Donne ch’avete intelletto d’amore è una canzone composta di quattro stanze di 14 versi più un commiato identico alle stanze. Di che versi si tratta?


5 Indica lo schema metrico delle stanze.


6 Controlla la presenza di iperbati ed enjambements nella canzone: che cosa noti?

Interpretare

7 Nell’analisi del testo si è rilevato che a questo punto della Vita nuova Dante ha superato la lezione di Cavalcanti. Tuttavia c’è nella canzone un punto in cui compare un riferimento alla teoria amorosa cavalcantiana. Sai individuarlo e spiegare in che cosa consiste questo nesso?


8 Perché Dante afferma a proposito di Beatrice che qual soffrisse di starla a vedere / diverria nobil cosa, o si morria (vv. 35-36)?

Per approfondire Le fonti classiche e cristiane dell’amore spirituale

Dante intuisce la vera essenza dell’amore come unione spirituale «de l’anima e de la cosa amata» (per citare Convivio, III, 2, 3). Si tratta di un’idea dell’amore che ha il proprio modello nella tradizione cristiana, dalla Bibbia a sant’Agostino (IV-V secolo) e a san Bernardo (XI-XII secolo), e in quella classica della trattatistica sull’amicizia, dall’Etica Nicomachea del filosofo greco Aristotele (IV secolo a.C.) al Laelius de amicitia (Lelio o dell’amicizia) dello scrittore latino Cicerone (I secolo a.C.). Di quest’ultima opera è stato messo in rilievo dagli studiosi l’influsso sui testi mistici del Medioevo e, successivamente, anche sulla lirica profana. Dante nel Convivio racconta peraltro di aver meditato il trattato ciceroniano subito dopo la morte di Beatrice, al tempo, dunque, della concezione della Vita nuova.

Va ricordato anche il De spirituali amicitia (L’amicizia spirituale) del mistico medievale Aelredo di Rievaulx (XII secolo), che propone l’ideale di un amore ex ratione castus e dulcis ex affectu (“casto per la ragione” e “dolce per il sentimento”), tutto permeato di spiritualità cristiana.

Vola alta parola - volume 1
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Dalle origini al Trecento