Antologia della Divina Commedia

CANTO I Paradiso 45 Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisperio, e l altra parte nera, [43-45] L ingresso del Sole da quel punto dell orizzonte (tal foce) aveva fatto di là giorno (mane) e di qua sera, e quell emisfero (emisperio) era quasi tutto illuminato (bianco) e l altro (l altra parte) [era invece] oscuro (nera), 48 quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aguglia sì non li s affisse unquanco. [46-48] quando vidi Beatrice rivolta sul fianco sinistro e fissare (riguardar) il Sole: un aquila (aguglia) non vi si fissò (non li s affisse) mai (unquanco) così (sì) [intensamente]. 51 E sì come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, [49-51] E così come il raggio riflesso (secondo raggio) suole nascere (uscir) da quello d incidenza (primo) e risalire verso l alto (in suso), come un pellegrino (pelegrin) che desidera (vuole) ritornare (tornar) [a casa], 54 così de l atto suo, per li occhi infuso ne l imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr uso. [52-54] così, dal suo gesto (de l atto suo), impresso (infuso) attraverso gli occhi nella mia facoltà immaginativa (imagine), si compì (si fece) il mio, e fissai (fissi) gli occhi nel (al) Sole oltre la normale abitudine di noi uomini (nostr uso). 57 Molto è licito là, che qui non lece a le nostre virtù, mercé del loco fatto per proprio de l umana spece. [55-57] In quel posto (là) molto è permesso (è licito) alle nostre facoltà umane (virtù) che qui non è possibile (non lece), in virtù (mercé) del luogo creato (fatto) appositamente (per proprio) per la specie umana. 60 Io nol soffersi molto, né sì poco, ch io nol vedessi sfavillar dintorno, com ferro che bogliente esce del foco; [58-60] Io non potetti sopportare (soffersi) [la vista del Sole] troppo a lungo (molto), ma nemmeno (né) così brevemente (sì poco) da non vederlo (ch io nol vedessi) sfavillare tutto intorno come il ferro che esce rovente (bogliente) dal fuoco (foco); 63 e di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d un altro sole addorno. [61-63] e improvvisamente (di sùbito) sembrò (parve) che alla luce del giorno (giorno) ne venisse aggiunta (essere aggiunto) un altra, come se (come) colui (quei) che può [tutto] avesse adornato (addorno) il cielo di un secondo (altro) Sole. la benefica costellazione dell Ariete (con miglior stella) la sua orbita incrocia contemporaneamente l orizzonte, l equatore e un meridiano del cielo che passa per i poli e per i punti equinoziali. Questo assetto astrale e stagionale, ritenuto particolarmente benigno, predispone la materia mortale all influsso benefico di Dio che la plasma (tempera e suggella) conformemente al suo volere (più a suo modo). I commentatori antichi ravvisavano nel passo un riferimento alle quattro virtù cardinali (Prudenza, Fortezza, Giustizia, Temperanza) fuse in un incrocio salvifico con le tre virtù teologali (Fede, Speranza, Carità). 43-48. Fatto avea unquanco: il punto di vista è quello di Dante-autore che, al ritorno dall esperienza celeste, racconta che il percorso del Sole (tal foce) descritto precedentemente aveva portato l alba di là, cioè nel Purgatorio, e la notte di qua, cioè sulla Terra, cosicché i due emisferi apparivano uno illuminato (bianco) e l altro nelle tenebre (l altra parte nera). 48. aguglia sì non li s affisse: secondo una credenza antica l aquila poteva fissare il Sole senza subire alcun danno alla vista. 49-54. E sì uso: come da un raggio d incidenza se ne genera un altro, riflesso, che ripercorre al contrario la traiettoria del primo, esattamente come un viandante che desidera tornare in patria, così il pellegrino celeste, dalla suggestione visiva di Beatrice che fissa il Sole, imita il gesto della donna rivolgendo gli occhi verso la luce più a lungo di quanto consentito dalle possibilità umane. Le due similitudini* si ispirano a realtà molto distanti fra loro: la prima si richiama agli studi sui fenomeni fisici della riflessione e dell incidenza, la seconda (come pelegrin) alla dolorosa esperienza di esule del poeta. 53. imagine: è un termine tecnico, con cui si indicava quella facoltà dell anima detta anche fantasia deputata a immagazzinare le impressioni percepite attraverso i sensi. 55-57. Molto spece: è qui chiarito quanto espresso nella precedente terzina: nel Paradiso terrestre (là) sono consentite alle facoltà umane (a le nostre virtù) molte cose impossibili sulla Terra (qui), grazie allo stato di perfezione degli esseri umani in quel luogo creato come dimora naturale (per proprio) per loro. 58-63. Io nol addorno: Dante descrive il suo attraversamento della sfera del Fuoco, che i cosmologi medievali ponevano tra la Terra e il cielo della Luna. Il poeta narra di esser riuscito a osservare intorno a sé, nel breve tempo in cui ha tenuto gli occhi aperti, uno sfavillio simile a quello prodotto da un ferro incandescente: l avvicinarsi alla sfera del Fuoco produce inoltre un aumento eccezionale della luminosità, come se Dio (indicato con la perifrasi* quei che puote) avesse raddoppiato la luce del giorno (giorno a giorno / essere aggiunto) con l aggiunta di un secondo Sole (altro Sole). 251

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