Intellettuale e società - I diversi impieghi del letterato

INTELLETTUALE e SOCIET L epoca e le idee I diversi impieghi del letterato I ndagando il panorama culturale italiano della prima metà del Novecento, abbiamo potuto cogliere da parte degli intellettuali una molteplicità di atteggiamenti nei confronti del contesto sociale e politico del paese: prima desiderosi, in epoca giolittiana, di intervenire con spirito polemico e aggressivo nei diversi aspetti della vita sociale, civile e politica, poi oscillanti, durante il fascismo, tra impegno e silenzio, tra militanza e conformismo. Ma qual è, effettivamente, il loro rapporto con il pubblico? Come si sostenta la borghesia intellettuale, così velocemente cresciuta agli albori del secolo? Quali caratteri ha l editoria nei primi decenni del Novecento? Il letterato stipendiato Già dalla seconda metà dell Ottocento l intellettuale che vive di rendita è sempre più raro. Al suo posto si afferma la figura del letterato stipendiato, che insegna nelle scuole e nelle università o si guadagna da vivere nella burocrazia statale e nell industria editoriale, ampliatasi grazie alla più diffusa alfabetizzazione e all aumento della domanda culturale (fenomeni che determinano una crescita delle tirature librarie). Scrittori giornalisti Non si deve pensare solo ai libri: è soprattutto lo sviluppo del giornalismo a dare nuove possibilità di impiego a chi ha una formazione letteraria. In questo ambito si registra la nascita della cosiddetta terza pagina , lo spazio del quotidiano riservato al dibattito e agli eventi culturali. Si tratta di un fenomeno esclusivamente italiano: l esperimento risale al 1901, quando, in occasione della prima rappresentazione della tragedia dannunziana Francesca da Rimini, il direttore del Giornale d Italia Alberto Bergamini incarica i suoi giornalisti di dedicare una pagina intera all evento. Ben presto tutta la stampa nazionale si adegua, affidando a collaboratori di prestigio (praticamente l intera scena letteraria del momento, quasi nessuno escluso) il compito di scrivere novelle, curare rubriche, preparare elzeviri (cioè articoli di fondo di carattere letterario e culturale), scrivere recensioni teatrali. Inoltre, il giornalismo diversifica la propria proposta, rivolgendosi non solo al pubblico colto, ma anche al lettore comune: riviste illustrate, settimanali popolari, periodici di attualità e cronaca (si pensi, su tutti, alla Domenica del Corriere ) accolgono reportage, articoli, scritti di costume, spesso confezionati da letterati di sicuro talento, pronti a sposare la ben remunerata causa del giornalismo popolare. Il successo del libro di massa Gli effetti della democratizzazione della cultura sono evidenti: il prodotto editoriale può diventare di massa e andare incontro ai gusti e alle esigenze di un pubblico sempre più vasto e che non bada troppo allo stile, ma cerca l intrattenimento e l evasione in storie appassionanti, avventurose, poliziesche (i gialli , come si dice in Italia dal 1929, in omaggio al colore della copertina dei libri editi in un apposita collana dall editore Mondadori), magari con qualche elemento di erotismo. Siamo nell alveo di una produzione di consumo, erede della tradizione del feuilleton (il romanzo d appendice) francese, che ora decreta il successo popolare di abili mestieranti della letteratura bassa : tutta la prima metà del secolo è dominata da maestri del best seller come Liala, Guido Da Verona, Pitigrilli, Luciano Zuccoli e tanti altri, languidi e scandalosi imitatori di Fogazzaro e d Annunzio. In tale contesto, non sorprende l incomprensione del pubblico per la letteratura d avanguardia: Svevo rimane uno scrittore senza lettori, Pirandello può dirsi un autore di successo quasi solo grazie al teatro; in libreria si salvano Palazzeschi, Moravia e, per ragioni in parte extraletterarie, d Annunzio, ma il panorama complessivo racconta anche degli effetti negativi e omologanti della massificazione del prodotto culturale. La riforma della scuola D altronde, come si è visto, la politica del regime fascista garantisce all intellettuale prebende, assistenza e integrazione nel pubblico impiego. A beneficiarne è soprattutto il letterato, premiato, oltre che da ricompense materiali, da un diffuso privilegio accordato alla cultura umanistica. Lo testimonia la riforma della scuola varata nel 1923 da Giovanni Gentile, che volge le spalle alla tradizione del Positivismo per esaltare invece, da un punto di vista pedagogico, la cultura classico-letteraria. Imponendo la scelta, subito dopo le elementari, fra istruzione professionale e scuola media (la sola che consente di continuare gli studi negli istituti superiori) e dando centralità al liceo classico (l unico indirizzo di studi che garantisce la frequenza di tutte le facoltà universitarie), Gentile destina la cultura per lo più alle classi egemoni, alimentando al contempo quel senso di superiorità con cui i letterati possono tentare ancora una volta di trovare una compensazione alla propria condizione massificata di impiegati al servizio del terziario e della moderna burocrazia. 493

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi