Il tesoro della letteratura - volume 3

Il secondo Ottocento 40 45 50 55 60 65 70 75 80 sua pennellata e la cornice era quella disegnata da lui. Era un pensiero mostruoso, eppure si sentì spaventato. Prese la candela accesa e l accostò al ritratto. Nell angolo di sinistra c era il suo nome, tracciato in lunghe lettere di un vermiglio chiaro. Era una sozza parodia,3 una satira infame, ignobile. Non l aveva fatto lui, eppure era il suo quadro, lo sapeva; e gli parve che in un attimo il suo sangue non fosse più di fuoco, ma di ghiaccio inerte. Il suo quadro? Che significava? Perché si era alterato? Si volse e guardò Dorian Gray cogli occhi di un uomo ammalato; la sua bocca si contorse e la sua lingua arida sembrò incapace di articolare una parola. Passandosi la mano sulla fronte la sentì madida di un sudore appiccicoso. Il giovine, appoggiato al caminetto, lo guardava con quell espressione che si vede talvolta nel viso di coloro che sono assorti in un dramma interpretato da un grande attore. In essa non c era né vera gioia né vero dolore, ma semplicemente la passione dello spettatore e forse un bagliore di trionfo negli occhi. S era tolto il fiore dall occhiello e l annusava, o fingeva di annusarlo. «Che significa questo? gridò finalmente Hallward. La sua voce sonò stranamente stridula ai suoi stessi orecchi. «Anni fa, quand ero un ragazzo disse Dorian Gray schiacciando il fiore nel cavo della mano, «tu mi conoscesti, mi adulasti e mi insegnasti a esser vano4 della mia bellezza. Un giorno mi presentasti a un tuo amico, che mi spiegò il miracolo della giovinezza, e tu finisti il mio ritratto, che mi rivelò il miracolo della bellezza. In un momento di pazzia, del quale non posso dire neanche adesso se lo deploro o no, io espressi un desiderio, o forse preferisci di chiamarlo preghiera . «Lo ricordo! oh, come lo ricordo bene! Ma no, la cosa è impossibile. La stanza è umida, la muffa dev esser penetrata nella tela, oppure i colori che adoperavo contenevano qualche sciagurato veleno minerale. Ti dico che è una cosa impossibile . «Ah, che cosa è impossibile? mormorò il giovine, andando alla finestra e premendo la fronte contro il vetro freddo, appannato dalla nebbia. «Mi dicesti che l avevi distrutto . «Avevo sbagliato. questo che ha distrutto me . «Non credo che sia il mio ritratto . «Non ci ritrovi il tuo ideale? disse Dorian, amaro. «Il mio ideale, come tu lo chiami . «Come tu lo chiamavi . «In esso non c era nulla di malvagio o di obbrobrioso. Tu per me eri un ideale quale non mi sarà mai più dato d incontrare. Questa è la faccia di un satiro .5 « la faccia dell anima mia . «Dio! che cosa avevo adunque adorato! Gli occhi sono gli occhi di un diavolo . «Basil, ognuno di noi porta in se stesso il cielo e l inferno esclamò Dorian con un gesto furioso di disperazione. Hallward si volse di nuovo verso il ritratto e lo riguardò. «Dio mio! disse «se è vero, e se questo è ciò che tu hai fatto della tua vita, allora devi essere anche peggiore di quello che si immaginano coloro che parlano male di te! . 3 una sozza parodia: una ripugnante imi- tazione. 4 esser vano: vantarmi. 5 satiro: antica divinità pagana con figu- 292 ra umana, piedi e orecchie caprini, coda di cavallo o di capro; qui indica l opposto dell angelica bellezza del Dorian di un tempo. Alcuni elementi della figura del satiro sono tipici della rappresentazione popolare e folclorica del demonio.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi