Il tesoro della letteratura - volume 3

Glossario si ) e costituisce con essa il cosiddetto periodo ipotetico . Esempio: «se tu cedi / come un ombra la spoglia [ ] / chi ti proteggerà? (E. Montale, A mia madre, vv. 5-8). Apostrofe Figura retorica per la quale chi parla interrompe la forma espositiva del suo discorso per rivolgere direttamente la parola a concetti personificati, a soggetti assenti o scomparsi, o anche al lettore. Quando è accompagnata da toni violenti, ironia o sarcasmo, è detta invettiva . Esempi: «Romagna solatìa, dolce paese, / cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta (G. Pascoli, Romagna, vv. 57-60); «come vorrei che intorno / andassi tu, canzonetta (G. Caproni, La gente se l additava, vv. 18-19). Asindeto Figura sintattica che consiste nella mancanza della congiunzione fra due o più termini in stretta coordinazione, per es., veni, vidi, vici (Cesare). Si adopera per maggiore efficacia espressiva. Esempi: «una casa apparì sparì d un tratto ; «s aprì si chiuse, nella notte nera (G. Pascoli, Il lampo, vv. 5 e 7). Assonanza Forma di rima imperfetta, consistente nel chiudere due o più versi successivi con parole contenenti le stesse vocali a cominciare da quella accentata fino alla fine, mentre le consonanti sono diverse (ma per lo più di suono simile). Esempi: fame e pane, agosto e conosco, lento e tempo. Si ha invece un a. atona quando è identica solo la sillaba (o le sillabe) dopo la vocale accentata, che è però diversa. Esempi: amare e dolore, umile e simile. B Ballata La b. italiana antica è un componimento poetico di origine popolare, collegato con il canto e la danza (detto anche canzone a ballo ) e perciò costruito metricamente in modo che le sue parti corrispondano ai movimenti di questa e ai motivi di quello. Lo schema tipico della b. è costituito di versi o tutti endecasillabi o endecasillabi misti con settenari , così: XY YX // AB AB BC CX + ritornello. In questo schema i primi 4 versi rappresentano il ritornello (detto anche ripresa ); gli altri 8, che formano la stanza , sono distribuiti in 3 parti, ossia 1° (A B) e 2° (A B) piede e volta . La volta si allaccia dunque ai piedi per mezzo della rima del primo verso e ha la stessa struttura del ritornello cui è legata con la rima dell ultimo verso. A una stanza segue il ritornello, poi un altra stanza e così via. Le stanze sono generalmente 4, ma può esservene anche una sola. In base al numero di versi che costituiscono la ripresa, sono stati individuati differenti tipi di ballata: se la ripresa è di un solo verso (monostica) si parla di ballata minima (o piccola qualora il verso sia endecasillabo); con una ripresa di 2 versi si ha una ballata minore ; 3 versi, una ballata mezzana . La ballata di riferimento, con una ripresa di 4 versi, è detta anche ballata grande . Catacresi Figura retorica consistente nell estendere una parola o una locuzione oltre i limiti del suo significato proprio (nel linguaggio ordinario o familiare, nelle espressioni stare a cavallo di una seggiola , calzare un guanto , i piedi di un albero ). Esempio: «Cade la sera. Nasce / la luna dalla Verna / cruda (G. d Annunzio, I tributarii, vv. 51-53). Il termine cruda è utilizzato dal poeta non nel suo senso proprio ma con il significato di priva di vegetazione . Bisticcio Artificio stilistico, usato per raggiungere effetti di comicità o per sfoggio d ingegno, consistente nel mettere accanto parole di suono simile, dello stesso significato o, più spesso, di senso diverso e contrastante. Esempio: «la nostra prole, i nostri polli molli, che ti ballano e ti bollono, al sole soli (E. Sanguineti, L ultima passeggiata, 3, 1). Anche, gioco di parole basato sull identità dei suoni e la varietà del senso senza tener conto dell ortografia. Esempio: «Erano i capei d oro a l aura sparsi (F. Petrarca, Canzoniere, 90, 1), dove «a l aura può significare insieme all aria e a Laura . Cesura Nella metrica classica, pausa nel corso del verso, coincidente con la fine di una parola all interno di un piede ; se cade in fine di parola e in fine di piede si chiama dieresi. Nella metrica accentuativa moderna, pausa all interno di un verso, propria di ogni verso maggiore del settenario . La c. divide il verso in 2 parti dette emistichi ; esistono versi a c. fissa, come il quinario accoppiato, il martelliano (settenario doppio), il dodecasillabo, nei quali occupa sempre la stessa posizione, e versi a c. mobile, come il settenario e l endecasillabo , nei quali può occupare posizioni diverse contribuendo al variare del ritmo del verso. Esempio: «Autunno. // Già lo sentimmo venire, / [ ] / il miglior tempo // della nostra vita / e lungamento // ci dice addio (V. Cardarelli, Autunno, vv. 1 e 11-12). C Canzone La più antica forma metrica della lirica d arte nella letteratura italiana. Trasse origine dalla cans provenzale e subì nel tempo varie modifiche fino agli Stilnovisti e a Petrarca, che fu il modello fondamentale. Era accompagnata dalla musica. Dante la definì la più alta forma della poesia volgare, e per primo ne espose le leggi. La c. che, da Petrarca, è detta anche petrarchesca è composta di un numero indeterminato di strofe o stanze (in genere, tra 5 e 7); la stanza di un numero indeterminato di endecasillabi o endecasillabi e settenari , variamente disposti e rimati tra loro. Le stanze successive seguono lo schema della prima. Nel suo pieno sviluppo la stanza si compone di 2 parti, fronte e sirma (o sirma, coda): la fronte è costituita di 2 parti uguali metricamente, dette piedi ; anche la sirma può essere composta di 2 parti uguali, dette volte . Il passaggio dalla fronte alla sirma si chiama chiave o diesi. La serie delle stanze si chiude su un commiato o congedo , nel quale il poeta si rivolge alla c. per darle qualche ammonimento o inviarla a qualcuno. Esempio: Chiare, fresche et dolci acque (F. Petrarca, Canzoniere, 126, 1). Che polivalente In italiano standard la congiunzione che è propria di alcune frasi subordinate: le oggettive, le soggettive, le dichiarative e le relative. Nella lingua d oggi, soprattutto nell italiano parlato colloquiale o di uso medio, è però diffusa la tendenza a estendere l uso del che , con significato generico, anche come introduttore di subordinate che nell italiano standard avrebbero più spesso congiunzioni subordinanti semanticamente più precise. Il che polivalente si associa qui inoltre all indicativo. In particolare si parla di che polivalente nel caso in cui la congiunzione sia utilizzata per introdurre frasi di significato esplicativo-consecutivo, in frasi causali, frasi consecutivo-presentative, frasi temporali, frasi finali, frasi in cui che ha valore enfatizzante-esclamativo, frasi pseudorelative. Esempio: «mastro Misciu raschiava ancora il suo pilastro che l avemaria era suonata da un pezzo (G. Verga, Rosso Malpelo). Chiasmo Figura retorica consistente nell accostamento di due membri concettualmente paralleli, in modo però che i termini del secondo siano dispo- 1287

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi