INTRECCI cinema - Il Neorealismo: cinema anno zero

intrecci cinema Il Neorealismo: cinema anno zero Nell Italia del dopoguerra nasce un nuovo modo di fare cinema, il Neorealismo, che rivoluziona aspetti formali e narrativi e modalità produttive. Dalla fine degli anni Trenta sulle riviste specializzate si dibatteva circa la necessità di una maggiore verosimiglianza di personaggi, situazioni e luoghi, sull esempio di Giovanni Verga. L esperienza bellica è il punto di svolta: nel solco di un nuovo umanesimo, il cinema intende non limitarsi a consolare dalle ingiustizie e dalle sofferenze, ma contribuire a eliminarle, ritraendo la realtà dopo i disastri della guerra e del fascismo con uno sguardo attento alle cose, agli uomini comuni, alla vita quotidiana. un «cinema dei fatti , dice il critico francese André Bazin. Uno stile nuovo per decifrare la realtà Respingendo ogni finzione, il cinema neorealista rifiuta i teatri di posa e sceglie ambienti reali (esterni e interni); privilegia i volti anonimi spesso ricorrendo ad attori non professionisti e il parlato naturale, a volte dialettale. L opera riconosciuta come iniziatrice del Neorealismo è firmata da Roberto Rossellini nel 1945: è Roma città aperta, sentita evocazione della Resistenza antitedesca. L anno seguente Rossellini dirige Paisà, che percorre l Italia dalla Sicilia al Po narrando episodi della lotta di Liberazione. Il cinema neorealista racconta anche i drammi dell infanzia in un mondo traumatizzato dalla guerra, come in Sciuscià, diretto da Vittorio De Sica nel 1946, e in Germania anno zero, girato da Rossellini due anni dopo. Con Il bandito (1946) Alberto Lattuada realizza invece un corposo racconto drammatico incentrato sulla condizione dei reduci, mentre in Proibito rubare (1948) Luigi Comencini narra con severo sguardo realistico la Napoli dei bassifondi e degli scugnizzi . Nel Sud è ambientato anche La terra trema, diretto da Luchino Visconti nel 1948 e liberamente ispirato ai Malavoglia di Verga; nello stesso anno esce Ladri di biciclette di De Sica, dedicato all emergenza del lavoro. Con Riso amaro (1949) Giuseppe De Santis descrive lo sfruttamento delle mondine piemontesi e lancia l attrice Silvana Mangano come icona; il film fa registrare alti incassi, un eccezione tra le pellicole neorealiste. La seconda fase e l eredità neorealista Nel 1948-1949 il Neorealismo ha già esaurito la sua forza propulsiva: è privo di un progetto di politica cinematografica su presupposti e scopi, e l unità antifascista, che è stata il suo retroterra, è finita; da qui al 1952 (anno in cui l esperienza può dirsi pressoché conclusa) i film sono sempre più legati all estro degli autori, alcuni dei quali guardano alla commedia. Si registrano così un Neorealismo comico (Totò cerca casa, 1949, e Guardie e ladri, 1951, codiretti da Steno e Mario Monicelli), un Neorealismo sentimentale (Domenica d agosto, 1950, di Luciano Emmer), un Neorealismo rosa (Due soldi di speranza, 1952, di Renato Castellani). Il cinema di Rossellini si connota sempre più per una scelta coerente di depurato spiritualismo. Nella diaspora neorealista si segnalano drammi sociali come il bucolico Non c è pace tra gli ulivi (1950) di De Santis, in cui la solidarietà di classe è l antidoto contro soprusi e ingiustizie, Il cammino della speranza (1950) di Pietro Germi, o il resistenziale Achtung! Banditi! (1951) di Carlo Lizzani. Nei primi anni Cinquanta De Sica apre alla favola con Miracolo a Milano, poi torna a una poetica più classica con Umberto D. Scontrandosi con il cinema dominante, americano e italiano, con i gusti del pubblico (che vuole lasciarsi alle spalle gli anni difficili) e con le leggi del mercato, la stagione neorealista giunge al termine; lascia un preziosissimo ritratto storico, e la sua lezione sul vero e sul modo di intendere il cinema continuerà a influenzare i cineasti di tutto il mondo. Roberto Rossellini (1906-1977) Realizzato in condizioni precarie subito dopo la liberazione della capitale, il suo Roma città aperta è un film spartiacque, che nel 1945 muta i destini del cinema. La trama intreccia le sorti di un ingegnere comunista, di una popolana il cui fidanzato è impegnato nella Resistenza, e di un prete partigiano, che verranno uccisi dai nazifascisti nella Roma occupata del 1943-1944. un opera di forte crudezza da cui trapela un senso d intensa pietà; la disperata corsa di Anna Magnani mentre insegue il ca- Da sinistra: Anna Magnani e Aldo Fabrizi in Roma città aperta (1945) di Rossellini; Lamberto Maggiorani ed Enzo Staiola in Ladri di biciclette (1948) di De Sica; Silvana Mangano in Riso amaro (1949) di De Santis. 1048

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi