La vita

La vita

 Gli anni liguri

La formazione Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896 in una agiata famiglia borghese, che gli consente di trascorrere un’infanzia tranquilla e lunghe vacanze estive nella villa di Monterosso, immersa in quel paesaggio mediterraneo delle Cinque Terre tanto presente nella sua poesia. Frequenta le scuole tecniche tenute dai padri barnabiti; nel 1910 deve ripetere l’anno, a causa delle molte assenze dovute a problemi di salute. Nelle biblioteche genovesi dà sfogo alla passione per la lettura mentre instaura un forte legame affettivo e intellettuale con la sorella Marianna, studentessa di Filosofia all’Università di Genova. È lei a leggere le prime prove poetiche di Eugenio, che nel 1915 si diploma in ragioneria. In seguito lavora saltuariamente come impiegato e prende lezioni private di canto, coltivando il sogno di debuttare come cantante d’opera.

Dalla musica alla scrittura Più volte dichiarato “rivedibile” alle visite di leva (cioè rinviato a successivi esami), viene infine arruolato nell’estate del 1917. Montale giunge al fronte, in Trentino, nella primavera del 1918, come ufficiale di complemento in un reggimento di fanteria. La parentesi nell’esercito si chiude nel giugno del 1920, quando viene congedato con il grado di tenente. Nell’estate dello stesso anno conosce l’adolescente Anna degli Uberti, che sarà poi trasfigurata in poesia con il nome di Arletta. Tornato alla vita civile, riprende le lezioni di canto, definitivamente interrotte nel 1923: Montale è indeciso riguardo al proprio futuro, scrive di percepire sé stesso «separato dalla vita», dipingendosi come un inetto, inquieto e incapace di scegliere una propria strada, soggetto perfino a malattie di origine psicosomatica. In questo periodo però conosce vari poeti, pubblica versi sulle riviste “Primo Tempo” (1922) e “Il Convegno” (1924) e saggi e articoli su “Il Baretti”, “L’Esame”, “La Rassegna” e su vari quotidiani locali. Avvia così un’attività di critico e giornalista che durerà decenni.

Un giovane intellettuale triestino, Roberto Bazlen, lo introduce alla cultura mitteleuropea e gli segnala il nome di Italo Svevo, al quale Montale dedica nel 1925 su “L’Esame” un acuto Omaggio, che suscita una certa eco e che costituisce uno dei primi riconoscimenti significativi nei confronti dell’autore della Coscienza di Zeno ( p. 589). Tra Montale e Svevo nasce una forte amicizia e lo scrittore triestino gli fa conoscere Umberto Saba.

L’uscita di Ossi di seppia e l’antifascismo Il 1925 rappresenta per Montale un anno cruciale. Nel maggio il suo nome compare su “Il Mondo” fra i sottoscrittori del Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile ( pp. 490-492). A giugno nelle edizioni di Piero Gobetti esce la sua raccolta d’esordio, Ossi di seppia, che riceve accoglienze contrastanti ma contribuisce a diffondere la fama dell’autore. Montale amplia così il ventaglio delle collaborazioni letterarie e giornalistiche a testate importanti come le riviste “La Fiera letteraria” e “Solaria” e il quotidiano “L’Ambrosiano”.

 Il ventennio fiorentino

L’ingresso nel mondo letterario All’inizio del 1927 il poeta si trasferisce a Firenze, dove è assunto come impiegato dall’editore Bemporad. In breve si ritaglia un ruolo di primo piano nelle cerchie intellettuali che gravitano intorno alla rivista “Solaria” e al caffè Giubbe Rosse, dove stringe amicizia con Elio Vittorini, Carlo Emilio Gadda e Salvatore Quasimodo. Approfondisce intanto lo studio della cultura e della letteratura inglese. Conosce il poeta angloamericano Thomas Stearns Eliot, che nel 1928 pubblica sulla sua rivista “The Criterion” un’importante lirica di Montale, Arsenio. Quest’ultima viene compresa nella seconda edizione degli Ossi di seppia, che esce nello stesso 1928 a Torino, presso l’editore Ribet, con una lusinghiera introduzione del critico Alfredo Gargiulo. Seguirà nel 1931 una terza edizione (Lanciano, Carabba Editore) che anticiperà i primi frutti di una nuova stagione creativa, riuniti l’anno successivo nella piccola raccolta La casa dei doganieri e altri versi, stampata per l’editore Vallecchi di Firenze.

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Il lavoro al Gabinetto Vieusseux e le difficili relazioni sentimentali Dalla primavera del 1929 Montale è chiamato a dirigere il Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux, un prestigioso ente culturale fondato nel 1819 a Firenze dal banchiere ed editore di origine ginevrina Giovan Pietro Vieusseux. Qui Montale conosce nel 1933 la giovane dantista statunitense Irma Brandeis, con cui intreccia un’intensa relazione amorosa, nonostante le rare occasioni d’incontro. Nel 1938, quando il governo fascista promulga le leggi razziali, Irma è costretta, in quanto ebrea, a tornare in America, e propone a Montale di seguirla. Lui non riesce a decidersi: accusa la poesia di aver sostituito la vita, annullando le sue certezze e rendendolo incapace di agire. Alla fine sceglie di non partire, trattenuto soprattutto dal legame già esistente con Drusilla Tanzi, soprannominata la Mosca, la quale, temendo di essere abbandonata dal poeta, tenta due volte il suicidio.

Sempre nel 1938 viene licenziato dal Gabinetto Vieusseux per aver rifiutato di prendere la tessera del Partito fascista. In uno stato di profonda prostrazione lavora alla seconda raccolta di poesie, Le occasioni, che esce nell’ottobre del 1939, in concomitanza con lo scoppio della Seconda guerra mondiale.

La guerra e l’effimero impegno politico Durante la guerra Montale si dedica alle traduzioni dallo spagnolo e dall’inglese e intensifica l’attività giornalistica. Suoi articoli e poesie compaiono su “Domus”, “Corrente”, “Primato” e su numerosi altri periodici, mentre un gruppo di versi già editi viene raccolto in Finisterre, un libriccino che esce in Svizzera nel giugno del 1943. Dopo la caduta del fascismo collabora con le forze clandestine che nell’agosto del 1944 liberano Firenze dai nazifascisti. In seguito aderisce al Comitato di liberazione nazionale toscano e al Partito d’azione, di impostazione liberalprogressista, dal quale però esce già nel 1946. Nel referendum di giugno sostiene la Repubblica, ma è deluso dall’atmosfera politica che si è determinata. Decide così di porre fine alla breve parentesi di impegno civile, durante la quale scrive per “Mercurio”, “Il Ponte”, “Il Politecnico” e soprattutto per il quindicinale politico-letterario “Il Mondo”, del quale nel 1945 figura tra i fondatori.

 Il periodo milanese

La carriera giornalistica Nella primavera del 1948 Montale viene assunto come redattore al “Corriere della Sera” e si trasferisce da Firenze a Milano con Drusilla. Viaggia molto, soggiornando più volte a Parigi e trascorrendo le estati a Forte dei Marmi, in Versilia. Nel 1954 accetta l’incarico di critico musicale al “Corriere d’Informazione” (edizione pomeridiana del “Corriere della Sera”), che mantiene sino al 1967 e che gli consente di coltivare, sebbene indirettamente, la sua antica passione per la musica. Continua a comporre versi, sollecitato dall’incontro con la poetessa Maria Luisa Spaziani, poi soprannominata la Volpe, alla quale dedica i Madrigali privati. Insieme a Finisterre e ad altre poesie, essi confluiscono nella terza raccolta di Montale, La bufera e altro, pubblicata nel 1956. Nello stesso anno esce una scelta di racconti e prose, Farfalla di Dinard.

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I riconoscimenti nazionali e internazionali Negli anni successivi continua l’intenso impegno al “Corriere”, mentre si riduce notevolmente l’attività poetica. Nel 1962 Montale sposa Drusilla, che muore l’anno successivo. Mentre si susseguono i riconoscimenti pubblici e accademici, escono i suoi ultimi lavori: tra questi, la quarta raccolta poetica, Satura, pubblicata nel 1971, che accoglie nella prima sezione gli Xenia, una serie di componimenti in memoria della moglie scomparsa. Nel 1967 viene nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat; nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura. Si spegne a Milano nel 1981.

CRONACHE dal PASSATO

  23 ottobre 1975: l’annuncio del premio Nobel

«... nella vita trionfano gli imbecilli. Lo sono anch’io?»


Eugenio Montale era entrato più volte senza esito nella rosa dei favoriti ma preferito a concorrenti come Simone de Beauvoir, Saul Bellow, Graham Greene, Jorge Luis Borges

Un annuncio inatteso

Il 23 ottobre 1975 Montale sta conversando tranquillamente con amici nel suo appartamento milanese di via Bigli. Squilla il telefono. Dopo aver parlato per qualche minuto in francese con l’ambasciatore della Svezia, torna alla poltrona e si accende l’immancabile sigaretta. La mano però trema un poco. «Che cosa vi aspettate, ora?», esclama con la consueta ironia. «Che dica cose solenni, immagino. Ma mi viene invece un dubbio: nella vita trionfano gli imbecilli. Lo sono anch’io?».

La cerimonia e il discorso

In una gelida e luminosa Stoccolma, il 10 dicembre, Montale ascolta il discorso in suo onore del critico e poe­ta Anders Österling, il quale sottolinea il fascino scontroso di versi che ricevono il loro carattere «dal severo profilo del paesaggio della costa ligure, con un mare tempestoso che si abbatte contro i bastioni di rocce scoscese». Poi è il turno del vecchio poeta, che legge un discorso dal titolo È ancora possibile la poesia?, nel quale nega che i versi siano assimilabili a una merce, trattandosi di un «prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo», un prodotto comunque destinato a sopravvivere anche nel mare tempestoso della società di massa, chissà come, chissà per chi: «L’arte è sempre per tutti e per nessuno». Le vie della poesia sono infinite. E imprevedibili.

Le opere

 Le principali raccolte

Ossi di seppia ▶ T6-T12

La raccolta poetica d’esordio, pubblicata per la prima volta nel 1925, sarà analizzata nella seconda parte dell’Unità ( p. 944).

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Le occasioni ▶ T3-T4

La struttura La seconda raccolta di Montale, composta di 50 poesie, esce nel 1939 pubblicata da Einaudi, che l’anno successivo la ripropone in una versione accresciuta di quattro liriche. I testi, scritti fra il 1926 e il 1940, si dispongono in 4 sezioni: la prima alterna richiami a varie figure femminili e immagini di viaggio; la seconda, Mottetti, si compone di testi brevi, incentrati sulla lontananza della donna amata e sull’attesa del suo ritorno; la terza è costituita da un poemetto in tre parti, Tempi di Bellosguardo, dove il rifugio nella letteratura, intesa come presidio di civiltà contro la barbarie dilagante, appare sempre più fragile dinanzi alle minacce della Storia; nell’ultima sezione la tensione tocca il culmine e la donna assume le valenze simboliche di un angelo redentore.

Temi e scenari Il paesaggio ligure, centrale nella raccolta Ossi di seppia, cede il posto nelle Occasioni a una pluralità di scenari, europei (Parigi, l’Austria, l’Inghilterra) e italiani, toscani in particolare (in questo periodo il poeta abita a Firenze): Lucca, Siena, il Monte Amiata, oltre a Firenze e alle campagne circostanti. Il rapporto fra l’io e la natura appare, nel complesso, meno essenziale rispetto alla prima opera, mentre il tema fondamentale qui consiste in una sorta di dialettica tra salvezza e dannazione, in cui, come in Dante, la mediazione della donna amata assume un ruolo decisivo. La prospettiva resta comunque laica, privata, improntata a un fondo di pessimismo amaro.

Montale recupera il modulo classico della lirica amorosa rivolgendosi a una donna assente. Compaiono nei testi varie figure femminili, dai contorni enigmatici, in cui il poeta ripone le proprie speranze mentre intorno tutto sembra crollare: da Dora Markus, distante dal mondo ma evocata come un nume tutelare, a Irma Brandeis, interlocutrice salvifica nell’insensatezza dell’esistenza. Sono loro a veicolare le «occasioni», momenti privilegiati che interrompono la banalità della vita quotidiana e si riflettono in oggetti dal fortissimo valore simbolico, che il lettore è chiamato a riconoscere.

Lo stile L’estrema asciuttezza dei testi e la volontaria rinuncia a fornire le chiavi biografiche per comprendere i componimenti rendono Le occasioni un libro complesso, tanto sul versante del lessico (nel quale abbondano termini aulici e rari) quanto su quello della sintassi (caratterizzata da frequenti interrogative, ellissi e accumulazioni).

Temi e motivi delle principali raccolte poetiche

Ossi di seppia (1925) pp. 944-965

il male di vivere

la ricerca di un significato dell’esistenza

Occasioni (1939)

figure femminili

immagini di viaggio

lontananza della donna amata e attesa del suo ritorno

donna come angelo redentore

La bufera e altro (1956)

sgomento davanti agli orrori della guerra e ai lutti personali

la figura di Clizia, angelo visitatore, argina (ma solo in parte) il dolore, incarnando i valori della poesia, della cultura e della civiltà umanistica

delusione verso il contesto sociale e politico

la poesia sopravvive a qualsiasi realtà negativa

Satura (1971)

versi in onore della moglie scomparsa Drusilla

ironia e scetticismo verso le dinamiche della società di massa

Diario del ’71 e del ’72 (1973)

Quaderno di quattro anni (1977)

Altri versi (1980)

amarezza verso la realtà contemporanea

motivo della memoria

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La bufera e altro  T2

La struttura La bufera e altro esce nel 1956 presso l’editore Neri Pozza e viene ristampata l’anno successivo da Mondadori. La raccolta si compone di 58 poesie, scritte fra il 1939 e il 1956 e disposte in 7 sezioni: Finisterre (già pubblicata nel 1943 in Svizzera), Dopo, Intermezzo, Flashes e dediche, Silvae, Madrigali privati, Conclusioni provvisorie. Per la prima volta Montale sceglie di disporre i componimenti in ordine di composizione (sia pure con diverse eccezioni). Ciò favorisce il riconoscimento di una progressione narrativa: non a caso l’autore in origine aveva pensato al titolo Romanzo, prima di orientarsi su un rimando alla «bufera» della guerra.

Gli argomenti Il pessimismo, che diventa sgomento dinanzi agli orrori bellici e ai lutti personali, trova di nuovo un argine in una figura femminile, ispirata a Irma Brandeis, ora chiamata Clizia. Essa nell’arco della raccolta conosce un’evoluzione, che la sublima in «visiting angel», cioè angelo visitatore, chiamato a portare la luce in una realtà travagliata. Per una breve fase, che coincide con il periodo di impegno politico seguito alla Liberazione, il poeta spera che i valori da lei incarnati (la poesia, la cultura, la civiltà umanistica) possano costituire una guida per tutti gli uomini. Presto tuttavia l’illusione cade e il mito torna ad assumere un carattere puramente personale, proiettato in interni bui e claustrofobici, che nelle ultime poesie assumono un’evidenza preponderante.

Fatti salvi alcuni momenti legati al tema del viaggio, dall’Europa al Medio Oriente, sui paesaggi si proietta un’ombra infernale e funebre. Si affollano i ricordi dei familiari perduti, le preoccupazioni per chi rimane, la delusione verso il contesto politico e sociale del dopoguerra. Tuttavia la poesia, come l’anguilla celebrata in una lirica, può sopravvivere anche nascosta, nel fango di una realtà inospitale. E l’amore può conoscere declinazioni più concrete, come testimoniano i versi dedicati a un’altra donna, la Volpe (la poe­tessa Maria Luisa Spaziani).

Lo stile La bufera e altro è la raccolta più oscura di Montale. La pressione di una realtà minacciosa condensa gli oggetti in simboli difficili da decodificare. Le scelte stilistiche e metriche esplorano direzioni differenti, aprendosi a soluzioni plurilinguistiche, che accolgono anche espressioni prosastiche e termini colloquiali. Rimane tuttavia sempre accurato il sistema di rimandi fonici e frequente il ricorso alle figure retoriche, che mantengono il registro quasi sempre su toni alti.

Satura ▶ T5

Ironia e dissacrazione «Una poesia che apparentemente tende alla prosa e nello stesso tempo la rifiuta»: così Montale definisce il suo quarto libro, Satura. Pubblicato da Mondadori nel 1971, esso raccoglie le poesie scritte fra il 1962 e il 1970, caratterizzate da un forte abbassamento di tono, che diventa ora più prosastico e colloquiale: «i primi tre libri sono scritti in frac, gli altri in pigiama, o diciamo in abito da passeggio». Dopo molti anni, in cui i versi erano stati soppiantati dagli articoli di giornale, la scomparsa della moglie Drusilla (1963) induce Montale a rompere il silenzio per comporre due serie di Xenia. Il termine, ripreso dal poeta latino Marziale, ha letteralmente il significato di “doni offerti a qualcuno che si è avuto come ospite”: qui i doni sono le poesie stesse, destinate alla donna, la Mosca, che è stata ospite della vita dell’autore. Essa vi appare non più quale angelo lontano (come era Clizia), bensì come una figura concreta, fragile eppure piena di una sua ironica saggezza.

Ascendenza latina ha pure il titolo delle altre due sezioni che compongono la raccolta, Satura I e II. Il vocabolo fa riferimento appunto al genere letterario della satura latina, caratterizzato dalla molteplicità e varietà dei temi affrontati. I testi montaliani sono percorsi da lampi di ironia, scetticismo e da un’acuta antipatia per le dinamiche della società di massa. Anche lo stile si adegua al nuovo corso: la lingua accoglie termini delle cronache e del linguaggio quotidiano, la sintassi si semplifica, le rime si diradano, la metrica tende a non seguire forme canoniche.

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 Le ultime raccolte

Le raccolte successive – Diario del ’71 e del ’72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977), Altri versi (nell’edizione critica L’opera in versi, 1980) – procedono nella stessa direzione di Satura, accentuando la vena sentenziosa, il sarcasmo e l’amarezza verso una realtà degradata e incomprensibile. L’assedio dei ricordi si fa sempre più stretto, generando numerosi componimenti incentrati sul motivo della memoria. Dopo la scomparsa del poeta è stato dato alle stampe da Annalisa Cima un Diario postumo, la cui autenticità, tuttora oggetto di dibattito fra gli studiosi, è però molto probabilmente da escludere.

La vita

 

Le opere

Nasce a Genova

1896

 

Si diploma ragioniere

1915

 

Viene arruolato nell’esercito e successivamente inviato sul fronte trentino

1917-1918

 

Collabora con poesie e articoli alle riviste “Primo Tempo” e “Il Convegno”

1922-1925

 Omaggio a Italo Svevo sulla rivista “L’Esame” 1925 Ossi di seppia

Si trasferisce a Firenze, dove si impiega presso l’editore Bemporad

1927

 

Assume la direzione del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux di Firenze

1929

  1932 La casa dei doganieri e altri versi

Conosce Irma Brandeis

1933

 

Va ad abitare con Drusilla Tanzi, detta la Mosca

1939

Le occasioni

  1943 Finisterre

Breve periodo di impegno politico: nel 1945 è tra i fondatori del quindicinale “Il Mondo”

1944-1946

 

Insieme alla Mosca va a vivere a Milano

Lavora come redattore al “Corriere della Sera”

1948

 

Assume l’incarico di critico musicale per il “Corriere d’Informazione”

1954


  1956 La bufera e altro

Sposa Drusilla Tanzi

1962

 

Muore Drusilla Tanzi

1963

 

È nominato senatore a vita

1967



  1971 Satura
  1973 Diario del ’71 e del ’72

Riceve il premio Nobel per la letteratura

1975


  1977 Quaderno di quattro anni

Muore a Milano

1981

 

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi