Bagnandosi nell’Isonzo durante una pausa concessa dalla guerra, il poeta ritrova il ricordo degli altri fiumi legati alla sua vita. Abbandonandosi al fluire puro della natura, prima di avventurarsi nei meandri del passato, egli sembra dimenticare l’angoscia e il dolore, per recuperare la dimensione pacificata di una serena adesione alla vita.
T7 - I fiumi (L’allegria)
T7
I fiumi
L’allegria
Cotici* il 16 agosto 1916
Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
5 prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
10 in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
15 come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
20 sull’acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
25 mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
30 una docile fibra
dell’universo
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
35 in armonia
Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
40 la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
45 Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
50 di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre.
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
55 e ardere d’inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
60 e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
65 mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
Dentro il TESTO
I contenuti tematici
Posta quasi al centro della sezione Il porto sepolto, la lirica I fiumi rappresenta un prezioso compendio della poetica di Ungaretti. L’autore sembra concedersi una pausa dalla scrittura “in presa diretta” dei primi componimenti, annotati in trincea, quasi per far sedimentare il dolore incontrollabile che vi ha trovato espressione. Ora ricorda tutte le sue esperienze, ricompone le diverse fasi di una vita divisa tra differenti identità, abbozza un faticoso bilancio esistenziale a partire dalle proprie radici.
Ma perché i fiumi? I fiumi non sono soltanto un’immagine che riassume i luoghi fisici in cui si è svolta l’esistenza di Ungaretti e che si congiungono (nella mente del poeta) nel luogo in cui la vita coincide con la morte. Essi sono in realtà una metafora* per indicare la corrente della vita.
Possiamo così immaginare il poeta che, nelle pause fra gli strazi della guerra, svolge un dialogo con sé stesso. Nell’albero a cui “si tiene” egli scorge la sofferenza inferta dai colpi che hanno piegato l’umanità e pervaso tutta la natura, inerme e sbigottita: ecco perché l’albero è mutilato (v. 1). Tutto intorno regna un senso di squallore e di vaga irrealtà, come in un circo / prima o dopo lo spettacolo (vv. 4-5).
In questo intervallo di sospensione il poeta è disteso nell’acqua, si è arreso alla consolante sensazione di una pace e di una serenità improvvise e si concede una sorta di rito di purificazione: come una reliquia (v. 11), ha riposato in un’urna d’acqua (v. 10). In un momento di accettazione dell’ineluttabile destino che incombe, Ungaretti rinuncia alle sentenze e si racconta, quasi a conciliarsi con sé stesso e con il proprio vissuto. Ha camminato nell’acqua con il passo esitante e circospetto di un acrobata (v. 19) attento a non scivolare sui sassi melmosi, e ha attinto dal sole, inaugurando un processo di regressione, dalla civiltà alla natura, da un tempo storico a uno mitico.
Abbandonando i panni umani (la divisa militare, simbolo delle costrizioni imposte da una realtà oppressiva), egli affronta docilmente il proprio rito di metamorfosi, diventando sasso (v. 15) e chinandosi, umilmente, a ricevere (v. 25) il sole. È in questo modo che il poeta può riacquistare l’armonia perduta, identificandosi con il ritmo perenne del cosmo, entrando in simbiosi con il mondo e con l’altro da sé, accettando pacificamente il destino di creatura umana che lo accomuna agli altri.
Proprio quando ha smesso di pretendere di essere qualcuno, quando ha affrontato un nuovo “battesimo” nelle acque del fiume, ricavandone una sorta di purezza originaria, egli si è riconosciuto / una docile fibra / dell’universo (vv. 29-31).
In questo modo Ungaretti annulla momentaneamente il presente e il dolore a cui è connesso. Si ricorda di sé e, come alla fine di un bel viaggio, percepisce la nostalgia (v. 63): il tempo della memoria lo porta a celebrare la propria personale autobiografia mediante un percorso verso le radici, verso un immaginario luogo ancestrale, dove egli può sentire scorrere dentro di sé il sangue degli avi. Immergendosi nell’Isonzo, il poeta ripensa ai fiumi che hanno accompagnato la sua graduale crescita verso la consapevolezza e la maturazione: il fiume degli antenati, che simboleggia la dimensione arcaica (duemil’anni forse, v. 49; il Serchio); quello dell’infanzia e dell’adolescenza, che incarna la vitalità innocente (ardere d’inconsapevolezza, v. 55; il Nilo); quello della prima giovinezza, che gli ha regalato cultura e coscienza (mi sono conosciuto, v. 60; la Senna); fino appunto a quello in cui si è immerso ora (l’Isonzo), che lo ha reso esperto della vita e del dolore, formandolo come uomo nell’esperienza tragica della guerra (corolla / di tenebre, vv. 68-69).
Le scelte stilistiche
Questa esperienza di travaglio è messa in rilievo anche da precise strategie retoriche. La forma è quella tipica dell’Allegria: anche se la lunghezza è piuttosto inusuale (69 versi suddivisi in 14 strofe), la poesia procede secondo un andamento frammentato, scandito da versi brevi caratterizzati da enjambement* molto frequenti. Senza punteggiatura, il testo avvicina, tramite analogie, esperienze e ricordi lontani e lo fa non da una prospettiva razionale, ma esclusivamente in virtù di associazioni soggettive.
Verso le COMPETENZE
Comprendere
1 Dividi il testo in sequenze corrispondenti ai tre momenti temporali: il presente, il passato recente e il passato della memoria. Per ciascuna sequenza riferisci brevemente il contenuto.
2 Quali sono i motivi autobiografici presenti nella lirica?
ANALIZZARE
3 Quali caratteristiche è possibile cogliere del paesaggio esterno in cui si trova l’autore?
4 Individua nel testo le immagini che rimandano a un’idea di aridità e di morte.
5 Indica la valenza che il poeta ha voluto attribuire a ciascun fiume.
6 Quali espressioni richiamano il lessico religioso e, più in generale, la sfera del sacro?
INTERPRETARE
7 In che cosa consiste la rara / felicità dei vv. 40-41?
8 Leggiamo ai vv. 32-35: Il mio supplizio / è quando / non mi credo / in armonia. A che cosa ti sembra che alluda Ungaretti con questa espressione?
9 Che cosa ha fatto comprendere al poeta l’esperienza della guerra che egli sta vivendo?
Produrre
10 Scrivere per confrontare. Nella poesia compaiono sia il motivo della meta-morfosi sia quello dell’immersione panica. Prova a rintracciare analogie con il panismo dannun-ziano in uno o più testi letti e tratti da Alcyone (▶ pp. 433 ss.).
T8
San Martino del Carso
Il porto sepolto
Un paese e il cuore del poeta: entrambi sono devastati, il primo dall’artiglieria, il secondo dalla pena e dallo sconforto per i compagni perduti.
Metro Versi liberi.
Audiolettura
Valloncello dell’Albero Isolato* il 27 agosto 1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
5 Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
10 nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Dentro il TESTO
I contenuti tematici
La lirica è tutta giocata su una tragica corrispondenza: l’annientamento di un paese devastato dalla guerra si riflette nel cuore (v. 9) di Ungaretti, anch’esso dilaniato. I due piani, quello esterno e quello interiore, subentrano l’uno all’altro: alla desolazione del borgo, antropomorfizzato come un cadavere dalla carne strappata (si veda l’immagine metaforica del brandello di muro, v. 4), segue quella del cuore del poeta, ridotto anch’esso a un cumulo di macerie e a disadorno luogo del lutto, dove si custodisce il ricordo dei defunti.
Le scelte stilistiche
Nelle prime due strofe il parallelismo concettuale su cui si basa il testo è ribadito sul piano formale grazie al ritorno della medesima struttura sintattica, caratterizzata dall’inversione (prima i complementi, poi i soggetti). Entrambe le quartine si aprono con i partitivi (Di queste, v. 1, e Di tanti, v. 5) e presentano la stessa voce verbale (non è rimasto, vv. 2 e 7), a precisare il poco che è sopravvissuto delle case e degli uomini. Ma mentre nella prima strofa il poeta vede ancora qualche resto degli edifici distrutti, nella seconda il massacro degli uomini non ha lasciato neppure tanto (v. 8); nient’altro che, come si vede poco dopo, il ricordo.
Il blocco costituito dalle ultime due strofe si apre con la congiunzione avversativa Ma (v. 9), che segna anche un cambiamento di ritmo, oltre che il passaggio dalla dimensione esterna a quella interna all’io lirico*. Subito dopo acquista centralità la parola cuore, prima usata nell’ambito di un complemento (v. 9), poi come soggetto (v. 11).
Verso le COMPETENZE
Comprendere
1 Il titolo della poesia comunica semplicemente il nome di un paese. Spiega perché, in relazione al suo contenuto.
2 Qual è il significato dell’analogia presente negli ultimi due versi?
ANALIZZARE
3 La lirica è caratterizzata dall’idea dell’assenza e della distruzione: individua tutti i termini e le espressioni che indicano negatività.
4 Individua le anafore presenti nel componimento.
INTERPRETARE
5 Di queste case del v. 1 è in relazione e in contrasto con Di tanti del v. 5. Spiega in che senso, motivando la tua risposta con opportuni riferimenti al testo.
6 La parola cuore si ripete due volte nei distici finali: quale significato metaforico assume nei due casi?
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi