La sintesi

I SAPERI fondamentali

la sintesi

Giovanni Pascoli

La vita

Giovanni Pascoli nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna (oggi San Mauro Pascoli), dove trascorre un’infanzia felice circondato dagli affetti familiari e a stretto contatto con la natura. Ancora bambino, è mandato dal padre a studiare a Urbino presso il Collegio Raffaello dei padri Scolopi e qui nel 1867 lo raggiunge la notizia di una tragedia che segnerà tutta la sua vita: il padre Ruggero è stato ucciso da una fucilata mentre tornava a casa. A questo grave lutto se ne aggiungono altri nei successivi cinque anni: muoiono la sorella maggiore, la madre, un fratello. Si trasferisce quindi a Rimini e poi a Firenze con il fratello maggiore Giacomo, ma anche questi morirà pochi anni dopo. Nel periodo in cui è studente all’Università di Bologna partecipa a proteste studentesche e viene arrestato con l’accusa di attività sovversive. Dopo tre mesi di carcere viene assolto, ma abbandona per sempre l’attività politica. Si laurea nel 1882 e insegna Lettere latine e greche nei licei di Matera, Massa e Livorno. In queste due ultime città chiama a vivere con sé le sorelle Ida e Maria, con le quali ricostruisce un ambiente familiare di cui sente sempre più la mancanza, un «▶ nido» che lo protegga dal mondo e dalle sue stesse paure. Il 1895 è per Pascoli un anno di svolta: la sorella Ida si sposa, gettandolo nella disperazione per quello che gli appare un tradimento. Quello stesso anno compra la casa di Castelvecchio, dove abiterà per il resto della vita con la sorella Maria, e inizia a insegnare all’università: in particolare, è chiamato a succedere a Carducci sulla cattedra di Letteratura italiana a Bologna, dove muore nel 1912.

L’OPERa poetica

Alla base di tutta la produzione in versi di Pascoli stanno una forte ispirazione e un’originalissima poetica, tanto che le diverse raccolte, continuamente rimaneggiate e integrate, possono essere lette come un insieme coerente e organico. I temi principali nella sua poesia e il nucleo della sua poetica vanno ricercati nella sua biografia, nel dolore che ha attraversato la sua esistenza e nei lutti familiari troppo difficili da elaborare, che lo hanno lasciato senza difese di fronte al ▶ mistero della realtà e della morte. Per conservare la propria integrità il poeta cerca rifugio nel mitico tempo sereno dell’infanzia, negli affetti familiari, negli ambienti e nelle atmosfere più intime e care. Nella realtà e nella poesia questi elementi si incarnano in un’immagine che torna ricorrente nei suoi scritti e nei suoi versi: il «nido», luogo di pace da custodire gelosamente contro le minacce del mondo. Così in Myricae temi e paesaggi quotidiani sono colti in una luce carica di segrete suggestioni; nei Poemetti è celebrata la natura quale rifugio dalla realtà brutale e artificiosa della civiltà industriale ed è esaltato il «nido» ancorato all’immutabile semplicità di azioni, riti e pratiche quotidiane; nei Canti di Castelvecchio i motivi della memoria e del rapporto uomo-natura diventano riflessione esistenziale, e il doloroso ricordo della violenza e del male subiti si vela di malinconia.

La poesia in latino e la prosa

Pubblicati postumi nel 1914 sotto il titolo Carmina, i componimenti in latino trattano di ambienti e personaggi dell’antica Roma. Le figure che Pascoli sceglie di rappresentare sono tutt’altro che eroiche: condannati o reietti, gladiatori, schiavi, sconfitti dalla Storia, con i quali egli sembra condividere un destino di dolore. Oltre al suo saggio più famoso, Il fanciullino, Pascoli ha scritto in prosa saggi su Dante e su Leopardi, raccolti nei volumi Minerva oscura (1898), Sotto il velame (1900) e La mirabile visione (1906), e nel 1911 La grande proletaria si è mossa, orazione in cui, nello spirito di un colonialismo umanistico, celebra l’impresa militare di Libia come un’opportunità per garantire ai ceti più poveri nuove terre da lavorare.

Il fanciullino

Il testo a cui ha affidato la definizione della sua poetica esce in 20 brevi capitoli nel 1897 sulle colonne della rivista fiorentina “Il Marzocco”. L’idea centrale è che in ogni individuo sopravviva un «▶ fanciullino» che osserva il mondo e «vede tutto con meraviglia, tutto come per la prima volta». Il poe­ta sa ascoltare e trascrivere la voce di questa parte infantile e irrazionale dell’io, che si esprime in una lingua «ingenua», pre-grammaticale, intuitiva e immaginativa, pura e nuova. La verità nascosta nel mistero delle cose e del mondo si rivelerà allora autentica, priva di retorica, finalmente libera da ogni condizionamento culturale.

Myricae

È la prima raccolta poetica di Pascoli. Pubblicata nel 1891, avrà numerose successive edizioni, tutte riviste e integrate dall’autore. Così Pascoli sintetizza la materia delle poesie di Myricae: «Sono frulli d’uccelli, stormire di cipressi, lontano cantare di campane», dunque argomenti umili e quotidiani come le tamerici del titolo. La ricerca di genuinità e purezza teorizzata nel Fanciullino trova qui la sua più piena realizzazione. La semplicità delle cose rappresentate trova un riscontro nello stile: il lessico, ricco di onomatopee, è precisissimo e indeterminato insieme; la sintassi è spezzata ed ellittica. Il poeta impiega analogie, assonanze, sinestesie, e ricorre al fonosimbolismo. Con Myricae è iniziata una «rivoluzione stilistica» destinata a influenzare fortemente la produzione lirica italiana del Novecento.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi