L’incomprensione iniziale
L’opera di Verga viene accolta dai contemporanei in modo discordante. Al successo, decretato dal pubblico, dei primi romanzi di ispirazione romantico-mondana fanno riscontro l’indifferenza o addirittura l’ostilità riservate alla produzione verista. I temi assai distanti da quelli tipici della letteratura di consumo, la nuova forma linguistica, la scomparsa del narratore onnisciente e il pessimismo dell’autore rappresentavano ostacoli troppo impegnativi per lettori più inclini ai facili sentimenti delle prove precedenti che non alle tragiche vicende dei “vinti”.
Per molti anni, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, l’incomprensione nei confronti dell’arte verghiana è quasi totale e l’opera dello scrittore siciliano, che assai poco si accordava con la moda estetizzante del dannunzianesimo egemone in quel periodo nella nostra letteratura, viene quasi dimenticata. Il silenzio è rotto solo da un saggio di Benedetto Croce, apparso nel 1903, che suggerisce l’immagine, certamente parziale, di un artista lirico, votato alla nostalgia della terra natale e al recupero mitico-simbolico degli ambienti della Sicilia più primitiva.