La vita

La vita

 L’infanzia e l’adolescenza

Le origini familiari Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922, primogenito di Carlo Alberto (ufficiale di carriera, appartenente al ramo secondario di una nobile famiglia ravennate, i Pasolini dall’Onda) e di Susanna Colussi (maestra elementare, originaria di Casarsa della Delizia, un borgo friulano alla cui antica fondazione la leggenda racconta che i Colussi avessero partecipato).
Gli anni della scuola Nell’infanzia e per tutta l’adolescenza abita in varie città dell’Italia del Nord, seguendo gli spostamenti del padre: nel 1923 la famiglia è a Parma; nel 1924 a Conegliano; nel 1925 a Belluno, dove nasce il fratello Guido. Dopo qualche altra peregrinazione, la famiglia si trasferisce nel 1929 a Sacile, presso Pordenone. Dal 1932 al 1935 i Pasolini vivono a Cremona, poi si trasferiscono a Scandiano (in provincia di Reggio Emilia) e in seguito a Bologna, dove resteranno fino alla fine del 1942.

L’università a Bologna e la scoperta della poesia Saltato per il brillante profitto l’ultimo anno di liceo classico, nel 1939 Pasolini si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Bologna; in tutto questo periodo giovanile, nella girandola delle scuole diverse e dei traslochi, rimane una costante della famiglia l’usanza di trascorrere le vacanze a Casarsa.

All’università le materie preferite di Pasolini sono Filologia romanza e Storia dell’arte; segue le lezioni dello storico dell’arte Roberto Longhi e decide di chiedergli la tesi. Ancora studente, scrive articoli per “Architrave”, la rivista del Gruppo universitario fascista (Guf), ed è redattore del “Setaccio”, l’organo della Gioventù italiana del Littorio (Gil). Il suo potenziale antifascismo è tutto culturale, fatto di insofferenza per l’angustia e le censure del regime.

Nel 1942 pubblica, presso un piccolo editore di Bologna, Poesie a Casarsa, testi scritti nel friulano «della destra del Tagliamento», una lingua che non vantava tradizioni letterarie e che egli in parte inventa per puri scopi artistici. La pubblicazione del libretto, elogiato dal critico Gianfranco Contini, cambia la vita dell’autore: da questo momento il suo impegno principale diventa la poesia.

  Il periodo di Casarsa

La fuga dalla guerra Pasolini viene chiamato alle armi pochi giorni prima dell’8 settembre 1943. Quando il suo reparto viene fatto prigioniero dai tedeschi, lui riesce a fuggire e si mette in salvo a Casarsa, dove intanto la famiglia si era trasferita per attendere al sicuro la fine della guerra. Nella fuga perde gli appunti della tesi di laurea, episodio che lo convince a cambiare l’oggetto della ricerca: si laureerà nel novembre del 1945 con una tesi su Giovanni Pascoli.

L’immersione nel mondo friulano A Casarsa si dedica con passione all’insegnamento: dapprima in una piccola scuola privata aperta da lui e dalla madre per dare istruzione ai figli dei contadini, poi con un incarico alla scuola media di Valvasone, nei pressi di Pordenone. Vivere in paese lo avvicina alla gente e ai suoi problemi sociali: ora il dialetto non è più soltanto una lingua per fare poesia, ma un idioma effettivamente parlato.
La morte del fratello e l’impegno politico Intanto nel febbraio del 1945 il fratello Guido, partigiano nella brigata azionista (cioè facente riferimento al Partito d’azione) Osoppo, è ucciso dai partigiani comunisti che combattono per l’adesione del Friuli alla Repubblica Iugoslava di Tito. Ciononostante, alla fine del 1947 Pasolini si iscrive al Partito comunista italiano (Pci) e partecipa attivamente alle sue iniziative.
 >> pagina 1196

Lo scandalo dell’omosessualità Il 30 agosto 1949 durante una festa di paese Pasolini si apparta con alcuni ragazzi, ma il giorno dopo uno di loro ne parla e qualcuno informa i carabinieri: denunciato per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico, viene rinviato a giudizio. Il processo finirà poi con il ritiro delle querele di parte e con un’assoluzione per insufficienza di prove, ma intanto è scoppiato lo scandalo: lo scrittore è sospeso dall’insegnamento ed espulso dal Pci. Nel gennaio del 1950, non riuscendo più a sopportare la situazione creatasi in paese, Pier Paolo e la madre decidono un improvviso trasferimento, quasi una fuga, a Roma, presso uno zio materno.

 Gli anni romani

Il difficile inserimento nella realtà della capitale Dal 1950 fino alla morte Pasolini resterà a Roma con la madre. Gli inizi nella capitale sono durissimi: lei si impiega come governante e lui guadagna qualcosa come comparsa nei film prodotti a Cinecittà; alla fine del 1951 (e fino al 1953) trova un posto di insegnante presso la scuola media privata di Ciampino. Diventa amico dei poeti Sandro Penna e Giorgio Caproni, poi degli scrittori Alberto Moravia ed Elsa Morante.

Grazie all’interessamento del poeta Attilio Bertolucci, gli vengono commissionate dalla casa editrice Guanda due antologie: una dedicata alla poesia dialettale del Novecento e l’altra alla poesia popolare italiana. Al 1954 risale il primo lavoro cinematografico: Pasolini è tra gli sceneggiatori di un film di Mario Soldati, La donna del fiume, con la giovane Sophia Loren. Collabora anche con Mauro Bolognini e con Federico Fellini per Le notti di Cabiria e per La dolce vita.

Gli anni Cinquanta e la scoperta del sottoproletariato Gli anni Cinquanta sono per Pasolini il periodo di massimo entusiasmo creativo, legato alla scoperta di un universo per lui nuovo, quello delle borgate abitate dal sottoproletariato, dove conosce alcune “guide” che lo aiuteranno a penetrare in quel difficile tessuto umano e sociale: prima i fratelli Sergio e Franco Citti e poi Ninetto Davoli. Da questa esplorazione del mondo delle borgate deriva il romanzo Ragazzi di vita (1955), che fa di Pasolini un personaggio noto e controverso (il successo di pubblico è favorito da un processo per oscenità, da cui l’autore è poi assolto); segue nel 1959 Una vita violenta.

Nel 1957 Pasolini pubblica la raccolta di poemetti Le ceneri di Gramsci, che lo qualifica come “comunista eretico” per l’atteggiamento critico nei confronti della dirigenza del Pci, dopo l’invasione dell’Ungheria e il XX congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica (Pcus), nel 1956.

Dal 1955 al 1959 dirige, insieme a Francesco Leonetti, Roberto Roversi, Franco Fortini e Angelo Romanò, la rivista bolognese “Officina”, i cui orientamenti di poetica ne fanno una sorta di ponte tra il Neorealismo e le nascenti neoavanguardie.

Gli anni Sessanta e la passione per il cinema Gli anni Sessanta rappresentano per lo scrittore un periodo di smarrimento e incertezza: venuta meno la fiducia nell’interpretazione marxista del mondo, questo comincia ad apparirgli come un gigantesco caos in cui la borghesia (intesa più come attitudine psicologica che come classe sociale) occupa l’intero orizzonte e delinea un’oscura «nuova preistoria», vale a dire un’epoca di regressione etica e intellettuale. Di fronte alla crescente integrazione del proletariato nella mentalità borghese e alla sua conseguente perdita di spontanea umanità, Pasolini cerca un’alternativa sempre più a Sud e più lontano: dal «Terzo Mondo accampato nelle nostre periferie» passa alle «Casiline del mondo», cioè alle periferie globali. Nel 1961 compie un viaggio in India con Moravia ed Elsa Morante, dal 1962 in poi (spesso ancora con Moravia) viaggia soprattutto in Africa. In questo periodo cresce anche il suo interesse per il cinema, una forma artistica a cui Pasolini si accosta alla ricerca di un pubblico più ampio e universale, a partire dai primi anni Sessanta con i film da lui diretti Accattone (1961) e Mamma Roma (1962).

Gli anni Settanta e la disperazione Gli anni Settanta sono quelli della disperazione: Pasolini constata negli italiani una «mutazione antropologica», che li ha condotti – a contatto con la modernità, il benessere e la civiltà dei consumi – a perdere ogni carattere individuale e spirituale. Tale processo degenerativo è spesso al centro dei suoi articoli, pubblicati dal 1973 sul “Corriere della Sera”, in una collaborazione che prosegue fino alla sua morte e gli offre una costante visibilità pubblica.

Nella raccolta di versi La nuova gioventù (1974) ha modo di tessere un’amara palinodia delle sue prime poesie friulane, mentre lavora accanitamente a Petrolio, un “non-romanzo” che si addentra nei misteri e nei complotti della Storia italiana a lui contemporanea. Nel suo ultimo film Salò (1975) il mondo gli appare ormai come una sorta di campo di concentramento globale.

Una morte tragica Nella notte del 1° novembre 1975 Pasolini viene assassinato all’idroscalo di Ostia. Al processo, l’unico imputato, Pino Pelosi, è condannato per omicidio «in concorso con ignoti». All’inizio la pista più accreditata sembra quella legata all’ambiente della prostituzione omosessuale, ma in seguito sono emerse diverse incongruenze, tanto da far ipotizzare che i mandanti venissero da altri ambienti: politici, economici o mafiosi, come conseguenza delle opinioni sempre più scomode da lui espresse e delle inchieste, denunce e polemiche di cui si faceva portatore. Certo è che dopo tanti anni il mistero di quella tragica notte rimane fitto, e forse per sempre inestricabile.

il CARATTERE

  Una personalità sofferta

Durante l’infanzia e l’adolescenza Pier Paolo e il fratello Guido soffrono dei cattivi rapporti tra il padre e la madre, che spesso sfociano in litigi; il padre, d’indole passionale, talvolta violento, lamentava che la moglie lo disprezzasse e non lo amasse abbastanza; quando cadeva nelle sue ricorrenti crisi depressive, finiva per bere in modo eccessivo.

Tuttavia, nel complesso, l’immagine che si ricava dei primi anni della vita di Pasolini è quella di un ragazzo che la famiglia pone al centro di tutte le cure: adorato e riverito dal fratello, esaltato dai genitori per la precoce vocazione di poeta, capace di amicizie e desideroso di avventura; un ragazzo forte e sportivo, che ama la scherma e il gioco del calcio, capo naturale di bande di ragazzi che giocano alla guerra.

Lo stretto legame con la madre

Nelle tensioni familiari il piccolo Pier Paolo sta completamente dalla parte della madre, più colta e riservata. Con lei, del resto, lo scrittore manterrà sino alla fine un legame speciale. In una lirica della raccolta Poesia in forma di rosa (1964), intitolata Supplica a mia madre, Pasolini enuclea, in alcuni densi e lucidissimi versi, il rapporto edipico con la figura materna, ma anche tutto il suo affetto e il suo amore, ragione dell’impossibilità di una vita sentimentale appagante:


È difficile dire con parole di figlio

ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,

ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata

alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame

d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu

sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù


Se l’amore “spirituale” è completamente assorbito dalla madre, gli altri amori potranno attingere soltanto la dimensione fisica e sessuale («fame di corpi senza anima», appunto).

La condizione omosessuale

Veniamo così a un aspetto fondamentale per capire la psicologia di Pasolini, vale a dire la sua omosessualità, resa nota con una vicenda che destò scandalo nel 1949 a Casarsa. Un accenno a quell’episodio è contenuto in alcune poesie e in un romanzo (Il disprezzo della provincia) pubblicati postumi; ma è strano che la circostanza più romanzesca di tutta la sua vita non abbia mai trovato, nella sua pur abbondante produzione, un momento di piena espressione.

Pasolini tratta apertamente la tematica omosessuale in chiave autobiografica soltanto in due racconti, scritti negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, ma usciti postumi (nel 1982): Atti impuri, dove la storia si sviluppa in termini angosciati e angosciosi, e Amado mio, caratterizzato da un’atmosfera più serena. Quest’ultima è l’unica sua opera in cui dell’omosessualità si dà una rappresentazione positiva, leggera, giocosa, priva di sensi di colpa e di preoccupazioni per lo stigma sociale che ne deriva: dalla spensieratezza giovanile, l’esperienza di vita dello scrittore si muove infatti in tutt’altra direzione, sino al suo tragico epilogo.

Le opere

  La poesia

Un poeta Pasolini nasce come poeta, e quindi è da questo aspetto della sua multiforme produzione che conviene partire. La scrittura poetica viene del resto da lui percepita «come scrittura privilegiata, luogo dell’assoluto, dove ogni asserzione diventa verità e il privato può presentarsi come universale. A questa perenne tensione verso la poesia vanno ricondotte anche tutte le altre sue scritture, compreso il cinema. In numerosi interventi egli ascrive le sue molteplici esperienze a questa volontà poetica ininterrotta e onninclusiva» (Bandini).

 >> pagina 1199

  La produzione in dialetto friulano

Poesie a Casarsa

La prima opera pubblicata di Pasolini è la raccolta Poesie a Casarsa, 14 componimenti usciti alla fine di luglio del 1942 in trecento copie. Sono poesie in dialetto friulano, il che non è indice però della scelta di un registro basso e solo colloquiale, essendo presenti molti riferimenti alla tradizione letteraria: dalla poesia provenzale all’Ottocento italiano di Leopardi o di Tommaseo, dal Novecento di Ungaretti a sparse citazioni da Rimbaud, Mallarmé, Verlaine, Lorca.

I temi di questi testi rimandano a Casarsa, il paese friulano della madre, luogo delle vacanze della famiglia nei primi anni Quaranta, ma anche luogo di fuga e di isolamento, di letture e di esperienze. Sono versi che parlano di spensieratezza, di gioia di vivere, di innocenza, di un rapporto diretto con la natura; ma anche di un serpeggiante turbamento, di una certa inquietudine esistenziale, della paura della morte. A questo secondo filone tematico, diciamo “negativo”, si connette il motivo di una religiosità non pacificata e non rasserenante.

La meglio gioventù

Nel 1954 esce la raccolta La meglio gioventù, che comprende, oltre alle Poesie a Casarsa (linguisticamente modificate), tutta la produzione in friulano che va dagli anni 1939-1940 al 1953. In questa raccolta (il cui titolo è tratto da un canto degli Alpini, La mejo zoventù la va soto tera) compaiono precisi riferimenti alla Seconda guerra mondiale e alla Resistenza, che rivelano, attraverso il ricorso al “noi”, la partecipazione del poeta alla Storia collettiva.

  La produzione in lingua italiana

L’usignolo della Chiesa Cattolica

Nel 1958 esce la raccolta L’usignolo della Chiesa Cattolica, contenente testi in lingua italiana composti fra il 1943 e il 1949. Il tema principale è quello religioso. Si tratta però di una religiosità “decadente”, in cui ricorre il motivo di un turbamento erotico e sessuale.

Le ceneri di Gramsci  T1

La raccolta Le ceneri di Gramsci (1957) comprende 11 poemetti scritti da Pasolini negli anni Cinquanta, di vario argomento, ma tutti, in qualche modo, legati alla sua scoperta del sottoproletariato romano delle borgate.

La religione del mio tempo

L’opera, edita nel 1961, raccoglie poesie scritte nella seconda metà degli anni Cinquanta. Molte sono le polemiche contenute in diversi epigrammi.

Poesia in forma di rosa

Uscito nel 1964, il volume comprende componimenti scritti tra il 1961 e il 1963. Si tratta della più ampia raccolta di versi di Pasolini e di un’opera estremamente eterogenea anche quanto ai generi e alle forme metriche (si va dal classico poe­metto in terzine allo sperimentalismo della poesia visiva). Sul piano tematico, torna a più riprese il motivo di una generale delusione del poe­ta. Gli ideali in cui aveva creduto sono definitivamente tramontati, si è ormai affacciata una nuova epoca che egli non è più in grado di comprendere. Il popolo stesso è ormai, sempre più, borghesia.

 >> pagina 1200

Trasumanar e organizzar

Con la raccolta di versi Trasumanar e organizzar (1971), l’ultimo libro poetico di Pasolini, siamo, insieme, all’addio dello scrittore alla poesia e a un’anticipazione, nei temi e nei toni, dell’ultimo Pasolini, quello delle riflessioni sulla società e sulla politica presenti negli Scritti corsari e nelle Lettere luterane. Il titolo, per metà dantesco («Trasumanar significar per verba / non si porìa», Paradiso, I, 70-71), allude alla coesistenza, nello scandaglio pasoliniano, di riflessione metafisica («trasumanar») e di attenzione alla dimensione più concreta e materiale dell’esistenza (“organizzare” è verbo che si applica all’industria, al commercio, e, se vogliamo, anche all’attività politica).

 La prosa

Romanzi e saggi Spinto dall’esigenza di raggiungere un pubblico più vasto, Pasolini affianca presto a quella in versi una produzione in prosa, di tipo sia narrativo sia saggistico. Dopo le prime prove – Atti impuri e Amado mio, due brevi racconti autobiografici editi postumi nel 1982, ma scritti già alla fine della guerra – sono proprio i romanzi a dargli fama e celebrità, nonché il primo periodo di benessere economico dopo anni molto travagliati.

  La narrativa

Il sogno di una cosa

I riferimenti storici I giorni del lodo De Gasperi avrebbe dovuto intitolarsi un romanzo scritto da Pasolini tra il 1948 e il 1949. Uno dei suoi nuclei narrativi era costituito dai violenti scontri tra latifondisti e braccianti, con i primi ostinati a resistere al lodo De Gasperi (un decreto legge del 1947 che imponeva ai proprietari terrieri di assumere la manodopera disoccupata) e i secondi determinati invece a richiederne la piena attuazione. Il romanzo si intitolerà invece Il sogno di una cosa e sarà pubblicato soltanto nel 1962.

La trama e lo stile In realtà nel romanzo i fatti legati al lodo De Gasperi sono soltanto una parte (seppure collocata in posizione centrale) della materia narrativa, che vede come protagonisti tre ragazzi friulani, Nini, Eligio e Milio. Viste le difficoltà economiche in cui si trovano a vivere nella loro terra, Nini ed Eligio emigrano clandestinamente nella vicina Iugoslavia, in cerca di lavoro. Ma la loro situazione non migliora e, anzi, i due fanno la fame. Milio emigra poi in Svizzera, e il racconto di quest’altra esperienza è condotto in uno stile vicino al parlato, tanto che possiamo intravedere qui un’anticipazione di quelle che saranno le scelte linguistiche più caratteristiche dei romanzi romani.
Ragazzi di vita  T2

Ragazzi di vita (1955) è il romanzo in cui Pasolini riversa la propria conoscenza del sottoproletariato romano, sviluppata a partire dal suo trasferimento nella capitale all’inizio del 1950.

Storia e società L’arco temporale coperto dalle vicende narrate è quello del dopoguerra a Roma «dal caos pieno di speranze dei primi giorni della liberazione alla reazione del ‘50-51» (come scriveva l’autore nel 1954 in una lettera al suo editore, Livio Garzanti). Questa realtà storico-sociale è colta e rappresentata in presa diretta: da qui l’andamento quasi cinematografico del racconto.
Un romanzo corale È la storia di un gruppo di ragazzi di borgata, tra i quali emerge il personaggio del Riccetto, sul quale si concentra maggiormente l’attenzione del narratore. I «ragazzi di vita» sono giovani nati e vissuti in un ambiente sociale privo di certezze: non c’è la sicurezza del lavoro, ma neanche quella della casa e della famiglia. Gli adulti sono ostili, abbrutiti dalla fatica e dalle frustrazioni; il rapporto tra le generazioni è segnato da una sorda e rancorosa ostilità reciproca. In assenza del cerchio protettivo degli affetti, i ragazzi sono costretti a crescere in fretta, a imparare presto ad arrangiarsi, a vivere di espedienti.
 >> pagina 1201

Le interpretazioni Ragazzi di vita è stato letto in vari modi, dando origine a interpretazioni tra loro discordanti. Una prima chiave di lettura è quella legata alla tradizione della narrativa picaresca: la provvisorietà materiale, l’instabilità morale, la capacità di improvvisare soluzioni ai problemi concreti che di volta in volta si presentano, la soggezione agli istinti primari della fame, del sonno, del sesso, la gioia di vivere all’aria aperta, per le strade, il gusto per una libertà scelta e rivendicata come la propria condizione naturale, la tendenza a trasgredire l’etica sociale e religiosa (con il furto, la truffa, la prostituzione) sono tutte caratteristiche che i ragazzi pasoliniani hanno in varia misura in comune con i picari del Siglo de Oro spagnolo.

Un’altra chiave di lettura è quella del romanzo di formazione: il Riccetto cresce, e crescendo matura, sebbene tale maturazione non sia vista con occhio positivo da Pasolini, che la interpreta come sinonimo di corruzione, di perdita di quell’innocenza infantile che rendeva speciale il personaggio. Si tratta dunque di una formazione che è piuttosto, per così dire, una deformazione. Quella di Riccetto peraltro è una maturazione tutta particolare. Non segue le tappe tradizionali della pedagogia borghese, con i suoi luoghi e le sue istituzioni: la famiglia, la scuola, la Chiesa. Si tratta invece di una formazione che avviene tramite una sorta di “pedagogia della strada”, fatta della capacità di sfruttare le occasioni che si presentano, occasioni spesso criminali, visto che il lavoro non è contemplato tra le possibilità: lavorare significherebbe rinunciare irrimediabilmente alla propria libertà, sentita come il bene più prezioso, anzi forse proprio l’unico che si possiede.

Una terza chiave di lettura è quella del romanzo sociale. In effetti la rappresentazione delle borgate offre uno spaccato decisamente istruttivo delle realtà di povertà e di emarginazione su cui all’epoca le istituzioni e l’opinione pubblica preferivano tenere gli occhi chiusi. Il processo per oscenità che Pasolini dovette affrontare per questo libro fu legato probabilmente anche al fastidio che una fascia della borghesia provava a vedere raccontata apertamente una realtà di indigenza e degrado che era più comodo fingere di non vedere.

 >> pagina 1202

Lo stile Lo stile del romanzo si muove efficacemente fra italiano e dialetto, quest’ultimo utilizzato soprattutto (ma non solo) nei dialoghi. Non si tratta tanto dell’utilizzo di una lingua letterariamente documentata (il romanesco di poeti come Belli o Trilussa), quanto di quella tipica di una certa malavita di quartiere, un lessico gergale contaminato dai dialetti del Sud della recente migrazione interna. È, insomma, il “romanaccio” , il romanesco parlato nelle borgate: una lingua ridotta all’essenziale, fatta spesso di interiezioni e caratterizzata da un esteso ricorso al turpiloquio. Tale lingua non è solo documento umano, ma precisa scelta di poetica, già oltre il Neorealismo.
Una vita violenta

Coscienza di classe Più lineari sono la struttura e la trama del romanzo Una vita violenta (1959), storia della presa di coscienza di classe da parte di un ragazzo di borgata, Tommaso Puzzilli, che acquista consapevolezza politica passando attraverso la successiva adesione ad alcuni dei principali partiti degli anni Cinquanta: prima il Movimento sociale, poi la Democrazia cristiana e infine il Partito comunista. Sarà proprio in virtù dell’adesione agli ideali solidaristici del comunismo – sembra volerci dire l’autore tra le righe – che il ragazzo, già minato dalla tubercolosi, metterà a repentaglio la propria vita per salvare quella di una prostituta travolta dalla tracimazione del fiume Aniene.

L’impasse ideologica Appare un po’ posticcia la conclusione del romanzo, incentrata su uno sprezzo del pericolo e su una generosità strettamente connesse alla nuova fede ideologica. La morte di Tommasino – che avviene in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute dopo che si è gettato nelle gelide acque dell’Aniene per salvare la donna che rischiava di annegare – sancisce la santificazione laica del personaggio: al rosso della bandiera comunista fa ora pendant il rosso del sangue che gli macchia la canottiera, simbolo del suo sacrificio. L’epilogo del romanzo sottolinea l’impasse ideologica di Pasolini: la salvezza del personaggio «è in questa morte “eroica”, non in un paziente futuro di lavoro e impegno politico» (Mannino).
Teorema

Dal libro al film Teorema è un’opera duplice: il libro con questo titolo esce nel marzo del 1968 e contemporaneamente hanno inizio le riprese dell’omonimo film, poi presentato al Festival di Venezia di quell’anno. In realtà il romanzo è assai spoglio dal punto di vista stilistico, rappresentando una sorta di sceneggiatura in forma narrativa del lungometraggio.

I temi Il titolo ha a che fare con l’assunto di partenza (ipotesi) da cui discenderebbero necessariamente alcune specifiche conseguenze (tesi): se in una famiglia borghese irrompesse una visita inattesa e misteriosa, questa famiglia finirebbe per disintegrarsi. La famiglia alto-borghese (ma ideologicamente e psicologicamente piccolo-borghese) rappresenta la borghesia non come classe sociale storicamente determinata ma come condizione generale dello spirito: sinonimo, cioè, di bieca razionalità e di spento grigiore quotidiano, routine abitudinaria dei rapporti e vuoto formalismo dei comportamenti.
Petrolio

Un’opera scomoda L’ultimo romanzo, uscito postumo nel 1992 in forma incompiuta, si intitola Petrolio. Sappiamo che l’autore lo ha composto tra il 1972 e il 1975 e che ci stava ancora lavorando al momento della morte.

Qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi che alcuni contenuti del testo, compromettenti per certe persone, sarebbero stati all’origine della decisione di ambienti della politica, della finanza o della grande industria di assassinare Pasolini, eliminando così un testimone scomodo e pericoloso.

 >> pagina 1203

Un metaromanzo incompiuto Il libro si presenta nella forma di una bozza costituita da 133 «Appunti», articolati in due parti intrecciate tra loro: «Mistero» e «Progetto». È un testo che diventa spesso metaromanzo per la presenza di ripetute riflessioni dell’autore sul proprio fare letteratura, di note critiche e filologiche a piè di pagina, di appelli al lettore tra ironia e sarcasmo.

L’assenza di una trama Protagonista di Petrolio è Carlo Valletti, ingegnere della buona borghesia torinese, cattolico e insieme comunista, in carriera all’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi): un dato, quest’ultimo, che rimanda a un personaggio storicamente esistito, Enrico Mattei, che aveva avviato le ricerche petrolifere nella Pianura Padana e che, da presidente dell’Eni (carica ricoperta dal 1953), aveva ricercato accordi diretti con i paesi produttori del Medio Oriente e anche con l’Unione Sovietica. Nel 1962 Mattei era morto in un incidente aereo, di cui non è mai stata accertata la causa. Secondo alcuni si trattò di un attentato, le cui motivazioni andrebbero ricercate nella sua volontà di sottrarsi all’egemonia delle maggiori compagnie petrolifere statunitensi.

In realtà a questi dati storici Pasolini allude soltanto, in quest’opera magmatica e fantasiosa, apocalittica e visionaria, di cui è impossibile riassumere la trama (perché, di fatto, una vera e propria trama è assente), che ha sullo sfondo complotti politici e affaristici, il mondo del petrolio (con le crisi dei mercati come quella dell’inverno del 1974-1975), i servizi segreti statunitensi e il potere mafioso, gli intrallazzi politici italiani e la situazione mediorientale, le due fasi della strategia stragista della tensione (nella lettura pasoliniana, la prima organizzata dall’Msi per contrastare l’avanzata delle sinistre, la seconda organizzata dalle stesse forze di governo per ridimensionare il ruolo dello stesso Msi).

  La saggistica

Un intellettuale militante Fitta è la produzione saggistica di Pasolini, che annovera interventi sia di critica letteraria e artistica sia di indagine politico-sociale. Tra i volumi di interventi letterari pubblicati mentre l’autore è ancora in vita, ricordiamo Passione e ideologia (1960) ed Empirismo eretico (1972), a cui seguirà la raccolta postuma Descrizioni di descrizioni (1979). Quanto ai saggi sulla politica e sulla società, ricordiamo i due volumi Scritti corsari (1975) e Lettere luterane (1976).

Scritti corsari  T3

Una lunga attività Gli Scritti corsari, usciti l’anno stesso della morte dell’autore (1975), sono una sorta di compendio del pensiero dell’ultimo Pasolini: un pensiero amaro e negativo, a partire dal quale, tuttavia, lo scrittore cerca ancora una via di comunicazione con il pubblico. Si tratta di un libro che raccoglie interventi giornalistici usciti, per lo più sul “Corriere della Sera”, tra il 1973 e il 1975.

Negli Scritti corsari Pasolini affronta vari argomenti: la società dei consumi, il potere coercitivo da essa esercitato sulle coscienze dei singoli, il cambiamento “antropologico” degli italiani, la rivoluzione sessuale, il ruolo della religione cattolica nell’Italia contemporanea, la contestazione giovanile, insomma i temi più rilevanti dell’epoca.

 >> pagina 1204

La vita

 

Opere letterarie e saggi

Film

• Nasce a Bologna

1922

   

• La famiglia si trasferisce prima a Parma, poi a Conegliano, poi a Belluno

1923-1925

   

• Nasce il fratello Guido

1925

   

• La famiglia è a Sacile, poi a Cremona, Scandiano e Bologna

1929-1942

   

• Si iscrive alla facoltà di Lettere a Bologna

1939


 
  1942 Poesie a Casarsa  

• Dopo l’8 settembre si rifugia a Casarsa

1943

   

• Muore il fratello Guido

• Si laurea con una tesi su Giovanni Pascoli

1945

   

• Si iscrive al Pci

1947

   

• È rinviato a giudizio con l’accusa di corruzione di minorenni ma sarà poi assolto

1949

   

• Si trasferisce a Roma con la madre

1950



 
  1954 La meglio gioventù  

• Entra nella direzione della rivista letteraria “Officina”

1955

Ragazzi di vita

 
  1957 Le ceneri di Gramsci  
  1958 L’usignolo della Chiesa Cattolica  

• Termina la collaborazione con la rivista “Officina”

1959

Una vita violenta

 
  1960 Passione e ideologia  

• Compie un viaggio in India con Elsa Morante e Alberto Moravia

1961

La religione del mio tempo

Accattone

• Compie numerosi viaggi in Africa

1962

Il sogno di una cosa

Mamma Roma

  1963   La ricotta
  1964 Poesia in forma di rosa Il Vangelo secondo Matteo
  1966   Uccellacci e uccellini
  1967   Edipo Re
  1968 Teorema  
  1970   Medea
  1971 Trasumanar e organizzar Il Decameron
  1972 Empirismo eretico I racconti di Canterbury 
  1974   Il fiore delle Mille e una notte

• Muore a Roma, vittima di un omicidio

1975

Scritti corsari

Salò o le 120 giornate di Sodoma

  1976 La nuova gioventù  
  1979 Lettere luterane  
  1982 Descrizioni di descrizioni  
  1992

Atti impuri e Amado mio

Petrolio

 

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi