La visita alle monache
La giornata d’uno scrutatore, cap. 14
La giornata d’uno scrutatore, cap. 14
A un certo punto del racconto devono votare anche le monache che risiedono nel Cottolengo: per Amerigo è la scoperta di un mondo diverso da quello “infelice” dei malati a cui aveva assistito finora.
Gli ultimi voti da raccogliere erano di monache che non potevano lasciare il letto.
Gli scrutatori avanzavano per lunghi dormitori, tra file di baldacchini con le
tende bianche, drappeggiate su qualche letto a incorniciare una vecchia monaca
appoggiata ai cuscini, che sporgeva dalle coltri vestita e acconciata di tutto punto,
5 fino all’ala fresca d’amido della cuffia. L’architettura conventuale (forse della metà
del secolo passato, ma come senza tempo), l’arredo, gli abiti, facevano una vista
che doveva essere la stessa in un monastero del Seicento. Amerigo, in un posto del
genere, era certo la prima volta che ci metteva piede. E in questi casi, un tipo come
lui – tra il fascino storico, l’estetismo, il ricordo di libri famosi, l’interesse (proprio
10 dei rivoluzionari) a come le istituzioni modellano il volto e l’anima della civiltà –
era capace di lasciarsi andare a un improvviso entusiasmo per il dormitorio delle
monache, e lasciarsi prendere quasi dall’invidia, a nome delle società future, per
un’immagine che, come questa sfilata di baldacchini bianchi, racchiudesse in sé
tante cose: praticità, repressione, calma, imperio, esattezza, assurdità.
15 Invece, niente. Aveva attraversato un mondo che rifiutava la forma, e a ritrovarsi
ora in mezzo a quest’armonia quasi fuori dal mondo, s’accorgeva che non gli importava.
Era altro che cercava di fissare ora, non le immagini del passato e del futuro.
Il passato (proprio per il fatto d’avere un’immagine così compiuta nella quale
non si poteva pensare di cambiar nulla come in questo dormitorio) gli pareva una
20 gran trappola. E il futuro, quando ci se ne fa un’immagine (cioè lo si annette al
passato), diventava una trappola esso pure.
Qui il votare procedeva più svelto. Si posavano le schede su un vassoio, sopra
le ginocchia della monaca seduta a letto, si chiudevano le tendine bianche del baldacchino,
«Ha votato, reverenda?», si tiravano le tendine, si mettevano le schede
25 nella scatola. La bocca dell’alto letto era occupata dalla montagna dei cuscini e
dalla persona della vegliarda, sotto il grande pettorale bianco, con le ali della cuffia
che toccavano il cielo del baldacchino. Aspettando lì dietro la tenda, presidente
segretario e scrutatori sembravano più piccoli.
«Siamo come Cappuccetto rosso in visita alla nonna malata, – pensò Amerigo.
30 – Forse, aperta la tendina, non troveremo più la nonna, ma il lupo». E poi: «Ogni
nonna malata è sempre un lupo».
1 Riassumi il contenuto del brano in circa 5 righe.
2 Quali aspetti attraggono Amerigo nel dormitorio delle monache?
3 In che cosa ciò che ha ora di fronte è diverso da quanto aveva visto fino a poco prima?
4 Qual è il senso di ciò che a un certo punto, paradossalmente, Amerigo pensa (Ogni nonna malata è sempre un lupo, rr. 30-31)?
5 Che tipo di narratore viene utilizzato? Qual è il punto di vista da cui è condotto il racconto?
6 Come descriveresti il registro linguistico prevalente? Rispondi facendo qualche riferimento al testo.
All’interno del sistema politico descritto nel romanzo, le suore in questo brano ti sembrano “vittime” o “carnefici”? Oppure entrambe le cose? Sostieni il tuo punto di vista, commentando il testo appena letto in relazione agli altri brani del romanzo che conosci e a quanto hai studiato in merito all’interpretazione di quest’opera.
Il critico Alfonso Berardinelli (n. 1943) cita un celebre incipit di Calvino per parlare delle condizioni della lettura nel mondo attuale.
L’atto della lettura è a rischio. Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre
meno comportamenti garantiti. Leggere libri non è naturale e necessario come
camminare, respirare, mangiare, parlare o esercitare i cinque sensi. Non è un’attività
primaria, né fisiologicamente né socialmente. Viene dopo. È una forma di
5 arricchimento, implica una razionale e volontaria cura di sé. Leggere letteratura,
filosofia e scienza, se non lo si fa per professione, è un lusso, una passione virtuosa
o leggermente perversa; un vizio che la società non censura; è sia un piacere che
un proposito di automiglioramento. Richiede un certo grado e capacità di introversione
concentrata. È un modo per uscire da sé e dall’ambiente circostante, ma
10 anche un modo per frequentare più consapevolmente se stessi e il proprio ordine
e disordine mentale.
La lettura è tutto questo e chissà quante altre cose. È però soltanto uno dei modi
in cui ci astraiamo, ci concentriamo, riflettiamo su quello che ci succede, acquisiamo
conoscenze, ci procuriamo sollievo e distacco. Eppure la lettura è un singolo
15 atto che ha goduto di un grande prestigio, di un’aura speciale nel corso dei secoli e
ormai da circa tre millenni, da quando la scrittura esiste. A lungo e ripetutamente,
per ragioni diverse, che potevano economiche, religiose, intellettuali e politiche,
estetiche e morali, la lettura di certi testi ha avuto qualcosa del rituale. I testi di riuso,
come i libri sacri, le raccolte di leggi e le opere letterarie, per essere riusati sono
20 stati conservati e tramandati scrupolosamente. La società occidentale moderna ha
trasformato e reinventato, in una certa misura, le ragioni e le modalità del leggere.
Ma recentemente, negli ultimi decenni, l’atto di leggere, il suo valore riconosciuto,
la sua qualità, le sue stesse condizioni ambientali e tecniche sembrano minacciate.
Ne parla Italo Calvino in tono semiserio ma sinceramente allarmato nell’incipit
25 dell’ultimo dei suoi romanzi: «Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se
una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da
te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La
porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli
altri: “No, non voglio vedere la televisione!” Alza la voce, se non ti sentono: “Sto
30 leggendo! Non voglio essere disturbato!” forse non ti hanno sentito, con tutto quel
chiasso; dillo più forte, grida…».
Si tratta dei rischi che corre la lettura. Ci sono d’altra parte i rischi che corre
chi legge, soprattutto chi legge letteratura, filosofia e storia, in particolare quelle
scritte in Europa e in America negli ultimi due secoli. Da quando esiste qualcosa
35 che chiamiamo modernità – cioè la cultura dell’indipendenza individuale, del
pensiero critico, della libertà di coscienza, dell’uguaglianza e della giustizia sociali,
dell’organizzazione e della produttività, nonché del loro rifiuto politico e utopico
– da allora leggere fa correre dei rischi. È un atto socialmente, culturalmente ambiguo:
permette e incrementa la socializzazione degli individui, ma d’altra parte
40 mette a rischio la stessa volontà individuale di entrare nella rete dei vincoli sociali
rinunciando a una quota della propria autonomia e singolarità.
Società e individuo, autonomia personale e benessere pubblico sono due finalità
non sempre conciliabili, a volte antagonistiche, fra cui oscilla la nostra cultura.
Non possiamo fare a meno di dare il nostro assenso al bisogno di uguaglianza e
45 al bisogno di singolarità. Ma questo duplice assenso crea un conflitto di desideri e
di doveri, quando viviamo la nostra quotidianità personale e quando riflettiamo
politicamente e scegliamo dei governi.
Ma è rischiosa anche la lettura dei classici premoderni, quelli che precedono,
per intenderci, Shakespeare, Cervantes, Montaigne,1 che hanno reinventato generi
50 letterari fondamentali come la prosa di pensiero, l’epica, il teatro. I problemi e i
valori che caratterizzano la modernità occidentale, cioè libertà, creatività, rivolta e
angoscia, si manifestano con chiarezza soprattutto con l’inizio del Seicento e cresceranno
fino a travolgere distruttivamente la tradizione precedente, greco-latina e
medievale. Un lettore attento e libero commentatore di classici antichi come Montaigne
55 si dichiara provocatoriamente, con una sincerità forse enfatizzata, uomo
senza memoria. Cervantes celebra e mostra impossibile l’eroismo antico, ormai
nemico della realtà, del senso comune e follemente libresco. Shakespeare azzera e
rimescola comico e tragico, alto e basso, re e buffoni, principi e becchini, eroismo
e stanchezza malinconica.
60 Non per questo si è smesso di leggere i classici antichi: solo che la letteratura
moderna non li imita più come era avvenuto fra gli umanisti e i sapienti neo-antichi
fra Quatto e Cinquecento. Nel postmoderno New Age (una variante della postmodernità)
il neo-antico è tornato per suggerimento di Nietzsche, in quanto polemicamente
“inattuale”. Quindi anche leggere gli antichi può ridiventare rischioso,
65 almeno quando non è soltanto erudizione e archeologia: perché se è vero che per
leggere, capire e interessarsi a un autore c’è bisogno di Einfühlung, di immedesimazione,
anche se si tratta di Parmenide2 o Virgilio, è altrettanto vero che sentirsi
contemporanei dei sapienti presocratici o di un classico latino può indurre una
certa dose di follia anacronistica: almeno in Occidente, la cui storia ci ha spinto a
70 elaborare e idolatrare appunto l’idea di Storia come progresso e rivoluzionamento,
superamento incessante di condizioni precedenti e interruzione periodica di continuità.
Non siamo in India, dove molti aspetti della tradizione si sono perpetuati
così a lungo da aver inibito o reso poco interessante perfino la datazione precisa
di certe loro opere classiche. Noi siamo animati, ossessionati, intossicati dall’dea
75 di storia e dalla volontà di superare, demolire, scavalcare, dichiarare obsoleto il
passato. Leggere ciò che quel passato ci dice è perciò diventato pane esclusivo per
storici e filologi: viene studiato per essere tenuto a distanza, non per essere letto
con immedesimazione. Alcuni neometafisici novecenteschi e attuali, restaurando
continuità interrotte dalla nostra storia sociale, rischiano di mettersi in maschera,
80 di recitare in costumi antichi antiche verità, attualizzando categorie ascetiche e
mistiche di cui, nel presente, si riesce ad avere appena un’idea, in mancanza di
pratiche e di esperienze adeguate.
Alfonso Berardinelli, I rischi della lettura, “La Domenica del Sole”, 27 novembre 2011
1 Sintetizza il contenuto complessivo dell’articolo in circa 10 righe.
2 A che cosa serve la lettura secondo Berardinelli?
3 Sulla base di quali argomenti l’autore afferma che leggere non è un’attività “primaria”?
4 Individua le tre fasi della lettura scandite dall’argomentazione di Berardinelli.
5 Da quando nella Storia la lettura è diventata un’attività “rischiosa”? Quali sono oggi le possibili conseguenze negative che essa può determinare su chi la pratica?
6 Qual è il destino dei testi antichi nella società postmoderna?
La citazione di Calvino riportata da Berardinelli presenta la lettura come un’attività controcorrente, in un mondo dominato dal rumore e dalla televisione, cioè dal chiacchiericcio massmediale. Sei d’accordo con questa tesi oppure no? Sostieni la tua posizione con opportuni argomenti tratti dalla tua esperienza personale e dall’osservazione della realtà sociale che ti circonda. Tocca nella tua esposizione i seguenti nodi concettuali:
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi