Il tesoro della letteratura - volume 2

Il primo Ottocento 100 105 110 115 120 125 130 135 140 consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo;62 e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un occhiata, al di sopra del muricciolo, ne campi: nessuno; un altra più modesta63 sulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi. Che fare? tornare indietro, non era a tempo:64 darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini,65 disse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due piedi. «Signor curato , disse un di que due, piantandogli gli occhi in faccia. «Cosa comanda? , rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo. «Lei ha intenzione , proseguì l altro, con l atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull intraprendere una ribalderia,66 «lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! . «Cioè... , rispose, con voce tremolante, don Abbondio: «cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s anderebbe a un banco67 a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune .68 «Or bene , gli disse il bravo, all orecchio, ma in tono solenne di comando, «questo matrimonio non s ha da69 fare, né domani, né mai . «Ma, signori miei , replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, «ma, signori miei, si degnino di mettersi ne miei panni. Se la cosa dipendesse da me... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca... .70 «Orsù , interruppe il bravo, «se la cosa avesse a decidersi a ciarle,71 lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c intende . «Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli... «Ma , interruppe questa volta l altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, «ma il matrimonio non si farà, o... , e qui una buona bestemmia, «o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e... , un altra bestemmia. «Zitto, zitto , riprese il primo oratore:72 «il signor curato è un uomo che sa il viver del mondo;73 e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente . Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte74 d un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, 62 raccomodarlo: sistemarlo. 63 modesta: timorosa. 64 non era a tempo: non era il caso. 65 galantuomini: uomini perbene; natu- ralmente è ironico. 66 ribalderia: mascalzonata. 824 67 banco: banca. 68 del comune: della comunità. 69 non s ha da: non si deve. 70 nulla in tasca: nessun vantaggio. 71 ciarle: chiacchiere. 72 il primo oratore: quello che aveva per primo preso la parola. L espressione è ironica. 73 sa del mondo: sa come vanno le cose. 74 nel forte: nel culmine.

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento