Le scelte linguistiche

Alessandro Manzoni I promessi sposi in sintesi In poche occasioni il narratore onnisciente adotta la prospettiva di un personaggio (quella di Renzo in fuga da Milano, quella di don Rodrigo in punto di morte). Punti di vista Il narratore, naturalmente, non esercita l onniscienza senza interruzioni. In diversi casi adotta la prospettiva di un personaggio, in sequenze più o meno prolungate. Un esempio celebre è quello dell angosciato cammino di Renzo verso l Adda, in cui l adozione del punto di vista del fuggiasco accresce la suspense e restituisce la girandola delle sue emozioni. Non a tutte le sue creature, però, Manzoni concede questa opportunità. Il punto di vista dei malvagi, in atto di meditare o compiere cattive azioni, è radicalmente escluso dal romanzo. Non a caso l unica, straordinaria scena in cui al lettore si apre l universo mentale di don Rodrigo cade giusto nel momento in cui il signorotto, aggredito dalla peste, scopre nel delirio il bubbone e intravede alla porta il Griso, suo servitore, che lo tradisce. Le scelte linguistiche In mancanza di una lingua comune a tutta la penisola, e dunque anche di un precedente narrativo da prendere a modello, la prima stesura del romanzo, Fermo e Lucia, non soddisfa Manzoni per l eclettismo che la contraddistingue: le espressioni sono un misto di lombardo, toscano, francese, latino. La prima riscrittura, che approda all edizione ventisettana , prende a modello linguistico il toscano letterario. Ma solo dopo il soggiorno a Firenze l autore si convince che la lingua adatta al romanzo è la fiorentina dell uso quotidiano. Elimina allora lombardismi e aulicismi, sostituendoli con vocaboli fiorentini dell uso, modifica nella stessa direzione alcune forme verbali, incrementa l uso di espressioni e costrutti della lingua parlata. L esito di questo lavoro più che decennale è l edizione quarantana . Un «composto indigesto Postosi al lavoro sul romanzo, Manzoni si trova dinanzi a difficoltà innanzitutto linguistiche. Non esisteva un modello di riferimento, nella scarna tradizione narrativa italiana, e non esisteva del resto neppure una lingua universalmente adottata nella penisola. Nella vita quotidiana egli sentiva usare quasi soltanto il dialetto o tutt al più il parlar finito , ovvero un milanese aggiustato alla bell e meglio con desinenze toscane. Come regolarsi, dunque? Come restituire la freschezza della conversazione orale? La soluzione non arriva subito. L eclettismo della prima stesura lo lascia profondamente insoddisfatto: «Scrivo male a mio dispetto , sbotta nell introduzione al Fermo e Lucia, biasimando in una spietata autocritica quello che gli pare un «composto indigesto di frasi un po lombarde, un po toscane, un po francesi, un po anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall una o dall altra di esse . Dalla ventisettana alla quarantana Nel riscrivere il romanzo Manzoni cerca dunque più saldi appigli nel toscano usato in ambito letterario, consultando varie fonti, a cominciare dal Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini. A lungo l autore crede nell opportunità di valorizzare le convergenze fra italiano e dialetto locale, poi si rende conto che il risultato è artificiale, una lingua ricavata dai libri e non dal parlato vivo di una comunità. Il soggiorno a Firenze, subito dopo l uscita della ventisettana , lo convince ad adottare la lingua effettivamente usata in città nella vita quotidiana. Avvalendosi dei suggerimenti di Emilia Luti istitutrice delle figlie, nativa del capoluogo toscano nella quarantana Manzoni elimina i lombardismi, sfronda le forme auliche (scrivendo aria al posto di aere, materasso al posto di coltrice, paura al posto di tema, e così via), sostituisce nell imperfetto indicativo la prima persona in -o a quella in -a (io facevo invece di io faceva), accresce la presenza di interiezioni e altri fenomeni tipici dell oralità, come i pleonasmi («La peste l ho avuta ) e gli anacoluti («il coraggio, chi non ce l ha non se lo può dare ), in modo da conferire al romanzo maggiore vivacità. Frontespizio dell edizione del 1827, con il visto della censura austriaca. 817

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento