Scritto probabilmente nel 1833, è il testo più duro e disperato del cosiddetto “ciclo di Aspasia”: concentrato in 16 versi, costituisce l’appello finale del poeta al proprio cuore. In esso Leopardi sviluppa il tema della disillusione amorosa, a partire dalla sfortunata esperienza di una passione non corrisposta, quella per Fanny Targioni Tozzetti, una nobildonna fiorentina bellissima e affascinante, ma fredda e insensibile nei suoi confronti.
T19 - A se stesso
T19
A se stesso
Canti, 28
Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,
ch’eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
in noi di cari inganni,
5 non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
10 la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T’acqueta omai. Dispera
l’ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
15 poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l’infinita vanità del tutto.
Dentro il TESTO
I contenuti tematici
Svanita la possibilità di una relazione con la donna amata, il poeta, rivolgendosi al proprio cuore, esprime una visione sconsolata della vita e lo esorta a non tenere più in alcun conto i sentimenti, che sono pure illusioni, la natura, che è matrigna, ostile agli uomini e neppure l’universo, che è inutile e privo di significato. In particolare, Leopardi si scaglia contro il brutto / poter che, ascoso, a comun danno impera (vv. 14-15): una sorta di imprecazione rivolta contro una forza del male che a suo giudizio regge il destino umano, presiedendo nascostamente allo svolgersi di ogni vita.
Le scelte stilistiche
La caratteristica formale più evidente del componimento è la sintassi secca e spezzata in periodi brevi e brevissimi: abbandonata volutamente ogni leggerezza lirica, la frammentarietà dei versi sottolinea una raggiunta e definitiva imperturbabilità, che le palpitazioni e le illusioni avevano, almeno in una certa fase della vita del poeta, insidiato. Ora invece lo sfogo bandisce anche l’espressione dei desideri e dei rimpianti: viene meno lo spazio della memoria, scompare la dolce rievocazione del passato, domina solo l’esacerbata razionalità per imprimere, a mo’ di epigrafe, l’ultima negativa verità che avvolge la superficie vuota della vita (l’infinita vanità del tutto, v. 16).
Un’ultima osservazione riguarda il lessico usato da Leopardi nel canto. In esso trovano spazio tutti i termini appartenenti al vocabolario sentimentale che caratterizza l’intera raccolta dei Canti, compresi quelli più vaghi e indefiniti come sempre, eterno, infinito e tutto, che però qui non ampliano più – come accadeva negli idilli – le facoltà dei sensi. Essi, cioè, appaiono «ormai privi della loro maschera, svelati nella loro vanità» (Rota), senza cioè quell’eco di illusione che prima possedevano. Si pensi ancora agli inganni, ai cari inganni (v. 4) che hanno offerto al poeta ragione di vita; oppure ai palpiti (Assai / palpitasti, v. 6-7) e ai sospiri, compagni delle sue passioni giovanili: di tutto ciò ormai non rimane che il ricordo, non la dolce «rimembranza», ma solo una traccia remota guardata con gli occhi di un’esperienza definitivamente disingannata.
Verso le COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Fai la parafrasi del testo.
2 Qual è il soggetto di T’acqueta (v. 11)?
ANALIZZARE
3 Come può essere descritto il lessico? Tradizionale o innovativo?
4 Descrivi i rapporti tra il piano metrico e quello sintattico.
5 Le espressioni iniziali, Or poserai per sempre, / stanco mio cor, configurano
- a una metafora.
- b una metonimia.
- c un’apostrofe.
- d un’anastrofe.
6 Qual è la funzione logica del mi al v. 3?
- a Complemento oggetto.
- b Complemento di interesse.
- c Complemento di vantaggio.
- d Complemento di svantaggio.
INTERPRETARE
7 La poesia esprime
- a rabbia e frustrazione passionale.
- b desiderio di riposo e di oblio.
- c recriminazione del poeta contro sé stesso.
- d recriminazione del poeta contro la donna che l’ha deluso.
Produrre
8 Scrivere per raccontare. Sull’esempio di Leopardi, scrivi un testo narrativo di circa 30 righe in cui ti rivolgi a te stesso e tracci una sorta di bilancio esistenziale.
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento