Di se stesso
Poesie
Poesie
Composto probabilmente negli anni 1797-1798, si tratta del secondo sonetto nell’edizione definitiva del 1803 delle Poesie: Foscolo ci consegna una dolente riflessione su sé stesso e la propria epoca. L’ispirazione della poesia è ancora profondamente legata all’Ortis: il successivo passo poetico foscoliano sarà la composizione dei Sepolcri.
Non son chi fui: perì di noi gran parte:
Questo che avanza è sol languore e pianto;
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
4 Del lauro, speme al giovenil mio canto;
Perché dal dì ch’empia licenza e Marte
Vestivan me del lor sanguineo manto,
Cieca è la mente e guasto il core, ed arte
8 L’umana strage arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
A mia fiera ragion chiudon le porte
11 Furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,
Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
14 E so invocare, e non darmi la morte.
1 Fai la parafrasi della poesia.
2 Il sonetto inizia con un avverbio di negazione: come giustifichi questa scelta?
3 Che cosa, fuor di metafora, l’io lirico sente di aver perduto?
4 Quali esperienze hanno cambiato il temperamento del poeta? In quale parte del componimento si descrivono le cause di questa trasformazione?
5 Quale condizione psicologica dell’io lirico emerge dal sonetto?
6 Come appare al poeta la prospettiva della morte?
7 Che tipo di lessico utilizza Foscolo? Quali parole ed espressioni rappresentano, a tuo giudizio, esempi significativi dello stile poetico foscoliano?
8 Descrivi la sintassi: prevale la paratassi o l’ipotassi? perché? quale effetto vuole perseguire l’autore?
Elabora un’interpretazione del testo che evidenzi i temi che emergono dalla lirica, sottolineando i seguenti aspetti:
Prosegui poi il commento soffermandoti sulle caratteristiche specifiche dell’autoritratto: conosci altri esempi, in prosa e in versi, ma anche in altri ambiti, come quello musicale e pittorico? ti sembra un modo efficace per rappresentare sé stessi?
Ultime lettere di Jacopo Ortis
Nella lettera datata 25 maggio Jacopo Ortis, immerso nella natura dei colli Euganei, riflette drammaticamente sul senso della vita e della morte.
Quanto mi sta d’intorno richiama al mio cuore quel dolce sogno della mia fanciullezza.
O! come io scorreva1 […] queste campagne aggrappandomi or a questo or a quell’arbuscello
di frutta, immemore2 del passato, non curando che del presente, esultando di
cose che la mia immaginazione ingrandiva e che dopo un’ora non erano più, e riponendo
5 tutte le mie speranze ne’ giuochi della prossima festa. Ma quel sogno è svanito! e
chi m’accerta che in questo momento io non sogni? Ben tu, mio Dio, tu che creasti gli
umani cuori, tu solo, sai che sonno spaventevole è questo ch’io dormo; sai che non altro
m’avanza fuorché il pianto e la morte.
Così vaneggio! cangio voti3 e pensieri, e quanto la Natura è più bella tanto più
10 vorrei vederla vestita a lutto. E veramente pare che oggi m’abbia esaudito. Nel verno4
passato io era felice: quando la Natura dormiva mortalmente la mia anima pareva
tranquilla – ed ora?
Eppur mi conforto nella speranza di essere compianto. Su l’aurora della vita io cercherò
forse invano il resto della mia età che mi verrà rapito dalle mie passioni e dalle
15 mie sventure; ma la mia sepoltura sarà bagnata dalle tue lagrime, dalle lagrime di quella
fanciulla celeste. E chi mai cede a una eterna obblivione5 questa cara e travagliata esistenza?
Chi mai vide per l’ultima volta i raggi del Sole, chi salutò la Natura per sempre,
chi abbandonò i suoi diletti, le sue speranze, i suoi inganni, i suoi stessi dolori senza
lasciar dietro a sé un desiderio, un sospiro, uno sguardo? Le persone a noi care che ci
20 sopravvivono, sono parte di noi. I nostri occhi morenti chiedono altrui qualche stilla6
di pianto, e il nostro cuore ama che il recente cadavere sia sostenuto da braccia amorose,
e cerca un petto dove trasfondere l’ultimo nostro respiro. Geme la Natura perfin nella
tomba, e il suo gemito vince il silenzio e l’oscurità della morte.
M’affaccio al balcone ora che la immensa luce del Sole si va spegnendo, e le tenebre
25 rapiscono all’universo que’ raggi languidi che balenano su l’orizzonte; e nella opacità del
mondo malinconico e taciturno contemplo la immagine della Distruzione divoratrice
di tutte le cose. Poi giro gli occhi sulle macchie de’ pini piantati dal padre mio su quel
colle presso la porta della parrocchia, e travedo7 biancheggiare fra le frondi agitate da’
venti la pietra della mia fossa. E mi par di vederti venir con mia madre, a benedire, o
30 perdonar non foss’altro alle ceneri dell’infelice figliuolo. E predico a me, consolandomi:
Forse Teresa verrà solitaria su l’alba a rattristarsi dolcemente su le mie antiche memorie,
e a dirmi un altro addio. No! la morte non è dolorosa. Che se taluno metterà le mani
nella mia sepoltura e scompiglierà il mio scheletro per trarre dalla notte in cui giaceranno,
le mie ardenti passioni, le mie opinioni, i miei delitti – forse; non mi difendere,
35 Lorenzo; rispondi soltanto: Era uomo, e infelice.
1 Riassumi in circa 5 righe il contenuto di questa lettera di Ortis.
2 Quale immagine della natura emerge nella lettera? Come Jacopo si relaziona con essa?
3 Che cosa si intende con l’espressione Distruzione divoratrice di tutte le cose (r. 28)? Quale concezione filosofica della vita essa sottintende?
4 Perché Ortis scrive che la morte non è dolorosa (r. 34)?
5 Nel testo ricorrono alcune parole-chiave: rintracciale e spiega il loro rilievo tematico.
6 Lo stile di questo brano, come di tutta l’opera, è particolarmente composito: si alternano diversi registri, ora tragici e solenni, ora lirici ed elegiaci. Individua alcuni termini ed espressioni che confermano tale mescolanza.
Nella lettera è possibile rintracciare alcuni elementi tipici non solo dell’Ortis, ma di tutta la produzione foscoliana. Elabora una tua interpretazione che metta in luce tali aspetti, chiarendo se siano in linea oppure no con la sensibilità dell’epoca. Prosegui poi il commento approfondendo almeno due di queste affermazioni:
Lo studioso Giorgio Leonardi (n. 1972) mette in evidenza la fusione tra arte e vita nell’opera di Ugo Foscolo.
Ugo Foscolo è uno di quei grandi autori della letteratura che nel nostro Paese subiscono
l’ingiuria di programmi scolastici stantii e convenzionali e di uno studio coatto inflitto a
studenti perlopiù svogliati e atterriti dalla minacciosa e austera figura dell’autore dei Sepolcri,
finendo relegato allo spauracchio di interrogazioni e compiti per casa. Eppure una
5 lettura al di fuori dei banchi penitenziali della scuola farebbe emergere tutta la brillante
modernità e attualità del personaggio e la vivacità del suo carattere.
Potremmo dire che se Foscolo vivesse ai giorni nostri riempirebbe la sua pagina Facebook
con almeno una decina di post al giorno. E questo non solo perché avrebbe da dire e
da ridire su tutto, sempre animato dalla sua espansiva vis polemica, ma anche perché, per
10 ampi tratti, la sua personalità appare decisamente posseduta dal demone della grafomania.
Se dal punto di vista quantitativo le sue opere pubblicate rientrano, tutto sommato,
nella normale produzione di un letterato, il suo foltissimo epistolario trabocca invece di
missive: ne scriveva anche diverse in un solo giorno, e alcune lunghissime. E occorre,
inoltre, considerare che molte sono andate perdute e non risultano pertanto incluse nei
15 volumi dell’Edizione Nazionale. Insomma, come suol dirsi oggi, Foscolo avrebbe dimostrato
una vocazione decisamente “social”!
Le sue lettere private consentono, oltre tutto, di cogliere con maggior autenticità l’interiorità
e le passioni dell’uomo, oltre che del poeta: sentimenti, contingenze della vita,
eventi storici e riflessioni intime costituiscono un ricco repertorio per studiosi o semplici
20 appassionati. […] Il resoconto della sua esistenza a dir poco movimentata si affianca all’analisi
doverosa delle opere più importanti del suo genio: i loro contenuti, i movimenti delle
stesse, i condizionamenti e gli esiti che le caratterizzano fanno emergere dati essenziali
sul poeta di Zante e sul suo pensiero. Tanto le sue grandi opere quanto la corrispondenza
contribuiscono a definire l’immagine più vera di un autore che necessitava di essere sganciata
25 dalle riduttive reminiscenze di età scolare, dai cliché didattici che sacrificano quei
palpiti umani con i quali invece Foscolo improntò così intensamente il suo percorso di
vita. Nello sterminato carteggio privato il nostro autore si racconta, si confida, rivela le
sue debolezze, palesa i suoi errori, dimostra le sue ingenuità, prorompe nelle sue invettive,
tradisce i suoi fini reconditi e consegna a noi posteri un’immagine di sé non secondaria
30 rispetto a quella resa dalle opere ufficiali con le quali, pure, ha scritto il suo nome nella
storia della letteratura mondiale. Il Foscolo che ne emerge è ancora vivo e ci parla di sé.
Possiamo infatti dire che la parabola della sua esistenza, incentrata su un “ego” alquanto
prorompente, sia stata proprio un volersi raccontare, forse nel tentativo inesausto di essere
ascoltato e capito, o forse solo per un bisogno intimo di tirar fuori quel groviglio di
35 emozioni che lo avviluppa in spire fatali, come i serpenti di Laocoonte. Tanto le lettere
quanto le opere costituiscono, a volerle esaminare un po’ più a fondo, una sorta di diario
intimo o di romanzo autobiografico mai scritto che riproduce in maniera esemplare quella
tendenza romantica e decadente a fare della propria esistenza un’opera d’arte. Sul palcoscenico
della vita, il personaggio Foscolo si rappresenta, da istrione mette in mostra un
40 po’ narcisisticamente la sua personalità ribelle e insofferente, lasciandoci insomma una
storia degna di essere raccontata in tutte le sue sfumature, seguendo il calco dei grandi
eventi storici di quegli anni che Foscolo ha vissuto in prima persona.
Giorgio Leonardi, Ugo Foscolo. Imprese, amori e opere di un ribelle, Edizioni della Sera, Roma 2018
1 Quale contrasto viene ravvisato dall’autore tra il Foscolo autentico e quello normalmente “insegnato” a scuola?
2 Per quale ragione, trasportato ai nostri tempi, Foscolo sarebbe un costante protagonista dei social network?
3 Che cosa emerge dalla lettura dell’epistolario del poeta?
4 Perché la lettera si rivela uno strumento quanto mai congeniale alla personalità foscoliana?
5 L’autore afferma che l’intera produzione letteraria di Foscolo dà vita a una sorta di romanzo autobiografico (r. 37): che cosa intende dire?
6 Quale immagine di Foscolo emerge dal brano? Sintetizzala in circa 5 righe.
Il testo che hai letto suggerisce un certo ritratto non tanto dell’artista Foscolo, quanto dell’uomo: sulla base delle opere che conosci, questa interpretazione della sua indole ti convince oppure no? Continua poi il tuo commento, concentrandoti sull’originalità e sulla ricchezza dell’epistolario foscoliano. Confrontandolo con quello di altri autori che hai studiato, rifletti sulle caratteristiche e sulla funzione di questo strumento di comunicazione, sviluppando almeno uno dei seguenti spunti:
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento