T13 - Le «urne de’ forti»

T13

Le «urne de’ forti»

Terza parte (vv. 151-212)

«Le reliquie degli Eroi destano a nobili imprese, e nobilitano le città che le raccolgono (vv. 151-154); esortazione agl’Italiani di venerare i sepolcri de’ loro illustri concittadini; que’ monumenti ispireranno l’emulazione agli studi e l’amor della patria, come le tombe di Maratona nutriano ne’ greci l’abborrimento a’ Barbari (vv. 154-212)».


Metro Endecasillabi sciolti.

A egregie cose il forte animo accendono

l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella

e santa fanno al peregrin la terra

che le ricetta. Io quando il monumento

155 vidi ove posa il corpo di quel grande

che temprando lo scettro a’ regnatori

gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela

di che lagrime grondi e di che sangue;

e l’arca di colui che nuovo Olimpo

160 alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide

sotto l’etereo padiglion rotarsi

più mondi, e il Sole irradïarli immoto,

onde all’Anglo che tanta ala vi stese

sgombrò primo le vie del firmamento:

165 – Te beata, gridai, per le felici

aure pregne di vita, e pe’ lavacri

che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!

Lieta dell’aer tuo veste la Luna

di luce limpidissima i tuoi colli

170 per vendemmia festanti, e le convalli

popolate di case e d’oliveti

mille di fiori al ciel mandano incensi:

e tu prima, Firenze, udivi il carme

che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,

175 e tu i cari parenti e l’idïoma

désti a quel dolce di Calliope labbro

che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma

d’un velo candidissimo adornando,

rendea nel grembo a Venere Celeste;

180 ma più beata che in un tempio accolte

serbi l’itale glorie, uniche forse

da che le mal vietate Alpi e l’alterna

onnipotenza delle umane sorti

armi e sostanze t’invadeano ed are

185 e patria e, tranne la memoria, tutto.

Che ove speme di gloria agli animosi

intelletti rifulga ed all’Italia,

quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi

venne spesso Vittorio ad ispirarsi.

190 Irato a’ patrii Numi, errava muto

ove Arno è più deserto, i campi e il cielo

desïoso mirando; e poi che nullo

vivente aspetto gli molcea la cura,

qui posava l’austero; e avea sul volto

195 il pallor della morte e la speranza.

Con questi grandi abita eterno: e l’ossa

fremono amor di patria. Ah sì! da quella

religïosa pace un Nume parla:

e nutria contro a’ Persi in Maratona

200 ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,

la virtù greca e l’ira. Il navigante

che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,

vedea per l’ampia oscurità scintille

balenar d’elmi e di cozzanti brandi,

205 fumar le pire igneo vapor, corrusche

d’armi ferree vedea larve guerriere

cercar la pugna; e all’orror de’ notturni

silenzi si spandea lungo ne’ campi

di falangi un tumulto e un suon di tube

210 e un incalzar di cavalli accorrenti

scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,

e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

La terza parte del carme riprende il dialogo diretto con Ippolito Pindemonte e introduce esempi di “tombe dei grandi”. Machiavelli, Michelangelo, Galileo (ma il poeta non li chiama per nome: si limita a evocarli attraverso le opere del loro ingegno) sono gli uomini gloriosi dei quali Foscolo ha visitato i sepolcri. Ciascuno di essi rappresenta un aspetto della cultura italiana: la critica politica (Machiavelli), l’arte figurativa (Michelangelo), la scienza (Galileo).

I monumenti dei grandi protagonisti della Storia incitano chi li visita a compiere imprese egregie (v. 151): la frase di tono epigrafico (vv. 151-152) che apre questa sezione ha una forte valenza enfatica, sottolineata dall’enjambement*, dal chiasmo* (forte animo / urne de’ forti), ma soprattutto dal poliptoto* forte/forti, che intende evidenziare la funzione morale del sepolcro che si attiva soltanto in presenza di animi valorosi.

La concezione foscoliana della Storia rivela dunque il suo carattere aristocratico: sono pochi uomini illustri, non le masse anonime, a determinare il corso degli eventi. L’ideale antitirannico e libertario può essere incarnato esclusivamente da individui eccezionali: Machiavelli (presentato, con un’evidente distorsione interpretativa, come un difensore della libertà che svela implicitamente la violenza del potere); Dante, emblema dell’impegno civile; infine Alfieri, inquieta e solitaria figura che freme di amor di patria (v. 197), vero alter ego, sdegnato e malinconico, dell’autore. Sia Dante sia Petrarca (anch’egli ricordato), pur non essendo sepolti a Firenze (Dante fu tumulato a Ravenna, Petrarca ad Arquà), vengono inclusi nell’ideale pantheon italiano che dalla città toscana estende la propria fama al resto della nazione.

Proprio perché ospita i resti di questi eroi esemplari Firenze integra le proprie bellezze naturali (le aure pregne di vita, v. 166; i lavacri / che da’ suoi gioghi a te versa Apennino, vv. 166-167; la luce limpidissima, v. 169) con i valori morali trasmessi dalle sepolture di Santa Croce, il tempio in cui sono riunite l’itale glorie (v. 181). L’invito alle egregie cose (v. 151) insito nella chiesa fiorentina è sempre valido allo stato latente, anche nel degrado che opprime l’Italia. Se verrà un giorno della riscossa sarà qui che si trarranno gli auspici per l’azione, realizzando quell’appello a cui gli italiani del presente sono sordi.

Lo sguardo che Foscolo fissa sull’Italia contemporanea è sempre quello di Jacopo Ortis: anche il protagonista del romanzo aveva visitato la basilica fiorentina («Dianzi io adorava le sepolture del Galileo, del Machiavelli e di Michelangelo; contemplandole io tremava preso da un sacro brivido», lettera da Firenze del 27 agosto); anche lui aveva espresso il desiderio di incontrare il vecchio Alfieri, all’epoca ancora in vita. Ora, parlando in prima persona senza il filtro romanzesco, il poeta continua a deprecare il vuoto di ideali, l’assenza di un’effettiva prospettiva di cambiamento: in quella chiesa tuttavia sopravvive una grandezza che può ancora compensare, attraverso la memoria (v. 185), la perdita di identità dell’Italia sul piano militare, economico, culturale e politico (armi e sostanze […] ed are / e patria, vv. 184-185).

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Malgrado tutto la fiducia nella rinascita delle virtù non viene meno: con una rapida transizione ottenuta attraverso il più semplice dei nessi coordinanti (e nutria contro a’ Persi…, v. 199), Foscolo collega Santa Croce a un altro esempio a essa parallelo, il monumento funebre eretto in ricordo dei caduti di Maratona. I due luoghi svolgono infatti una funzione analoga: anche in Grecia, come nel pantheon italiano, un Nume parla (v. 198), in memoria non solo della battaglia contro i persiani invasori, ma anche della perenne lotta per la libertà e contro l’oppressione. Le tombe dei prodi (v. 200) caduti e la complessa “visione” che si sviluppa nei versi successivi rinnovano il concetto dell’importanza della memoria e preparano l’epilogo del carme con il racconto del mito (presente nella quarta e ultima parte del testo), che proietterà su un orizzonte astorico il significato immortale della tomba. L’ultima parola della sezione, il canto (v. 212) delle Parche, introduce a sua volta la celebrazione finale del valore della poesia.

Le scelte stilistiche

La sequenza si apre nel segno della solennità, con evidenti concessioni alla declamazione oratoria: abbondano nei primi versi inversioni, iperbati*, vocativi enfatici (o Pindemonte, v. 152; Te beata, v. 165; e tu […] Firenze, v. 173) e il lessico è segnatamente aulico (arca, v. 159; Celesti, v. 160; etereo padiglion, v. 161; lavacri, v. 166; aer, v. 168).

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Le soluzioni stilistiche non sono però monocordi: in questa terza sezione del carme si riscontra infatti un ampio ventaglio di variazioni di tono, in cui si alternano frasi lapidarie di carattere sentenzioso (i primi due versi), momenti lirici più distesi (come quello dedicato alla descrizione delle bellezze di Firenze), passaggi di intonazione epica (come avviene nella visione della battaglia di Maratona). A unire le varie parti, ritornano le transizioni, che repentinamente spostano il piano del discorso poetico da un argomento all’altro, talvolta anche con qualche forzatura, come accade per esempio ai vv. 197-199, in cui dalla celebrazione delle tombe di Santa Croce si passa al ricordo dei sepolcri di Maratona: la locuzione affermativa Ah sì cuce tra loro il presente (Santa Croce) e il passato (la Grecia antica).
La visione della battaglia di Maratona, che riecheggia nella memoria e negli occhi del navigante (v. 201) che solca il mare Egeo, avviene mediante la fusione di immagini epiche e suggestioni preromantiche, come quella che induce il poeta a rinnovare l’eco notturna dello scontro, rivissuto tra vane parvenze e fantasmi impalpabili, e a insistere su scelte lessicali fortemente evocative (larve guerriere, v. 206; orror de’ notturni / silenzi, vv. 207-208; moribondi, v. 211). Anche il ritmo dei versi accentua la tensione emotiva, che si fa incalzante grazie al polisindeto*, alle allitterazioni* delle consonanti nt e nd ai vv. 210-212 (cavalli accorrenti / scalpitanti su gli elmi a’ moribondi, / e pianto […] e delle Parche il canto) e all’insistenza nell’uso di vocali dal suono cupo come la u (corrusche, v. 205; pugna, v. 207; notturni, v. 207; lungo, v. 208; tumulto, v. 209; tube, v. 209). La sezione si chiude invece con un verso di tenore ritmico opposto (e pianto, ed inni, e delle Parche il canto, v. 212), reso solenne dall’anastrofe* e scandito dalle cesure e dal polisindeto* (e […] ed […] e) che stavolta crea, mediante l’enumerazione*, un effetto di lentezza.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Quali sono le imprese compiute dai forti (v. 152) che riposano a Santa Croce?


 Nomi dei grandi

Imprese compiute


 


 


 

2 Celebrando Firenze, Foscolo la chiama beata (v. 165) in particolare per via di due grandi letterati: chi sono e quale rapporto li lega alla città?


3 In quali versi si allude alla situazione presente dell’Italia? Quale funzione possono avere le tombe in Santa Croce per modificarla e a quale condizioni?

Analizzare

4 Trova nel testo i riferimenti che il poeta fa a sé stesso. In che modo la sua figura biografica entra nello sviluppo argomentativo del carme?


5 Al v. 172 (mille di fiori al ciel mandano incensi) troviamo due figure retoriche. Individuale tra queste.

  • a Iperbole.
  • b Iperbato.
  • c Poliptoto.
  • d  Figura etimologica.

Interpretare

6 In che senso Alfieri può essere considerato una “controfigura” dell’autore?


7 Quale nesso collega la chiesa di Santa Croce, a Firenze, e il luogo in cui si è svolta la battaglia di Maratona?

COMPETENZE LINGUISTICHE

8 Individua nel testo e spiega almeno 5 latinismi.

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento