T6 - Alla sera (Poesie)

T6

Alla sera

Poesie, 1

Composto tra il 1802 e il 1803, ma collocato in posizione di apertura nell’edizione definitiva delle Poesie (1803), il sonetto dedicato alla sera è un’espressione compiuta dell’io lirico foscoliano: riflessivo, meditativo, raccolto, perfettamente intonato al gusto dell’immaginario notturno che si andava diffondendo in Europa proprio in quell’epoca, e che costituisce uno dei segnali più forti dell’espansione della nuova sensibilità romantica.


Metro Sonetto con schema di rime ABAB, ABAB, CDC, DCD.

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Audiolettura

Forse perché della fatal quïete

tu sei l’immago a me sì cara vieni

o Sera! E quando ti corteggian liete

4      le nubi estive e i zeffiri sereni,


e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all’universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

8      vie del mio cor soavemente tieni.


Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

11    questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

14    quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

 >> pagina 559

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Solo di fronte ai propri interrogativi, l’individuo contempla il mondo esterno, che può diventare specchio del suo stato d’animo oppure entità separata, opposta e distante. Nel caso del sonetto* Alla sera, è evidente un “accordo segreto” fra il poeta nel suo atteggiamento meditativo e un momento del tempo (il buio che cala sulla Terra). Io lirico e sfondo spazio-temporale si riflettono vicendevolmente in uno dei rari momenti di pace dell’intera poesia foscoliana: una pace relativa e provvisoria, ma l’unica a cui può aspirare lo spirito profondamente inquieto dell’autore. La quïete è infatti la nota caratterizzante del componimento: ai termini del primo verso (fatal quïete) fa riscontro, nel penultimo, la parola pace, secondo una circolarità che unisce l’emozione confessata inizialmente (a me sì cara vieni, v. 2) con la più meditata riflessione finale (Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme / che vanno al nulla eterno, vv. 9-10).

La sera è in tal modo non solo un’immagine della fine (del giorno come della vita) che attende il poeta come ogni mortale, ma anche una promessa di sospensione delle preoccupazioni. Se indica simbolicamente la strada verso il nulla eterno, questa sua dimensione non appare tragica. In contrasto con la tradizione (si pensi a Virgilio e a Petrarca, soprattutto), che registra lo scorrere del tempo come dolore, Foscolo accoglie infatti l’arrivo della sera come dolce e rasserenante, trovando in essa e nel mistero delle tenebre rispondenze al proprio senso di spaesamento e solitudine “cosmica”, un silenzio raccolto in cui echeggiano i molti interrogativi insolubili dell’uomo. Il giorno luminoso è quindi reo tempo (v. 11), cioè tormento della ragione; la sera morbida e soffusa è invece il momento della tregua benefica, quando la vita soggettiva dell’io può annullarsi in quella generale della natura.
 >> pagina 560

Proprio da tale immagine si può partire per un’analisi dei diversi motivi presenti nel sonetto, che corrispondono ad altrettanti elementi dell’ispirazione di Foscolo: se la personificazione della sera in veste di dea gentile che scende dal cielo con il suo corteo di venti e nuvole costituisce un evidente richiamo neoclassico, il tono complessivo del sonetto è decisamente preromantico. I poeti notturni inglesi (come Edward Young) e i cantori cimiteriali (come Thomas Gray) si ispiravano spesso ad atmosfere tenebrose e funeree, che qui però trovano un’espressione ingentilita, rasserenata, si direbbe anche rassegnata, se la rassegnazione non fosse un atteggiamento quasi sempre estraneo alla mentalità foscoliana: l’idea materialistica per cui dopo la morte non vi è che il nulla offre un risarcimento spirituale proprio perché promette, insieme alla fine di tutto, la prospettiva della pace.
Tuttavia, pur nel raccoglimento interiore determinato dalla sera, che induce il poeta a meditare sulla dimensione del tempo e sul parallelo fra il tramonto e la fine dell’esistenza, l’io lirico rivela nell’ultimo verso il riemergere dell’irrequietudine ribelle. L’immagine dello spirto guerrier ch’entro mi rugge (v. 14), placato per un momento dalla prospettiva di un annullamento liberatorio, suggerisce la natura solo momentanea della pausa, alludendo al conflitto di passioni e alla guerra perenne che agita il cuore dell’autore (si noti l’allusività metaforica dell’espressione torme delle cure, vv. 11-12, dove gli affanni patiti sono schierati come soldati armati).

Le scelte stilistiche

La ricerca d’armonia visibile nel sonetto si rispecchia nella sua costruzione, che sembra riflettere lo sforzo, da parte di Foscolo, di dominare la propria emotività in una ordinata struttura formale. Il testo è infatti diviso nettamente in due parti, con due periodi che abbracciano rispettivamente le quartine* e le terzine*: le prime due strofe sono caratterizzate da un ritmo più disteso, in cui prevalgono l’armonia della contemplazione e il tema della sera come momento di pace raggiungibile; le ultime due seguono un ritmo più serrato e incalzante, adatto a esprimere la tempesta interiore che agita il poeta, come si ricava dall’uso frequente dell’enjambement*, che rende palpabile l’incombere del tempo sulle cose umane, e dalla frequenza dei verbi di movimento (Vagar; vanno; fugge; van).

Il riaffiorare delle tensioni dell’anima è infine sottolineato nelle controllate dissonanze finali, quando si accumulano suoni aspri, con la presenza di numerose vocali “scure” e di consonanti (orme; torme; dorme; nulla eterno ecc.): in particolare, nell’ultima terzina, la frequenza allitterante della consonante liquida r (strugge; spirto guerrier; rugge) sembra rimandare ai furiosi tormenti che agitano il cuore dell’autore.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Fai la parafrasi del sonetto.


2 Quali sono le personificazioni di elementi naturali presenti nel sonetto?


3 I “personaggi” che vengono evocati nel testo sono essenzialmente tre: sei in grado di indicarli?

 >> pagina 561 

Analizzare

4 Rintraccia nel testo i termini appartenenti a un registro aulico.


5 Individua gli enjambement presenti nel testo: quali termini mettono in evidenza?


6 Rintraccia le allitterazioni presenti nel sonetto: trovi che ci sia una differenza tra quelle delle quartine e quelle delle terzine?


7 Le differenze tra la prima e la seconda parte del sonetto si notano anche a livello lessicale. Quali campi semantici caratterizzano le quartine e le terzine?

Interpretare

8 Perché la Sera è indicata con la maiuscola?


9 Il sonetto si apre, in modo piuttosto inusuale, con l’avverbio Forse: a tuo avviso quale effetto vuole ottenere il poeta?

Dibattito in classe

10 Sei d’accordo sul fatto che nel testo il concetto di tempo (reo tempo, v. 11) sia generale e astratto, e insieme concreto e contemporaneo? Confrontati con i compagni.

T7

A Zacinto

Poesie, 9

In questo sonetto, scritto alla fine del 1802 e dedicato all’isola di Zante (Zacinto), Foscolo presenta alcune delle sue tematiche più frequenti: l’esilio, la sepoltura non bagnata dalle lacrime dei cari, la funzione eternatrice della poesia. Aleggia sui versi l’atmosfera eterna e suggestiva del mito, nella quale il poeta e l’esule per eccellenza, Ulisse, si rispecchiano in una analoga malinconia. All’eroe omerico è stato però concesso il ritorno in patria, che invece a Foscolo è negato.


Metro Sonetto con schema di rime ABAB, ABAB, CDE, CED.

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Audiolettura

Né più mai toccherò le sacre sponde

ove il mio corpo fanciulletto giacque,

Zacinto mia, che te specchi nell’onde

4      del greco mar da cui vergine nacque


Venere, e fea quelle isole feconde

col suo primo sorriso, onde non tacque

le tue limpide nubi e le tue fronde

8      l’inclito verso di colui che l’acque


cantò fatali, ed il diverso esiglio

per cui bello di fama e di sventura

11    baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.


Tu non altro che il canto avrai del figlio,

o materna mia terra; a noi prescrisse

14    il fato illacrimata sepoltura.

 >> pagina 562

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

L’ispirazione del sonetto* è chiaramente autobiografica: la terra natale (Zacinto mia, v. 3; ove il mio corpo fanciulletto giacque, v. 2; materna mia terra, v. 13), l’esilio, la morte in un paese straniero, la sepoltura senza conforto costituiscono motivi centrali della poetica foscoliana. Tuttavia la condizione soggettiva non viene esibita direttamente, ma filtrata attraverso le immagini del mito e l’evocazione dei luoghi della classicità, che il poeta connette alla propria vicenda esistenziale in un gioco virtuosistico di rimandi e allusioni. Secondo una precisa modalità espressiva e una sua tipica, intima sensibilità, Foscolo intreccia passato e presente, mitologia ed esperienza personale, identificandosi profondamente nei valori e nelle suggestioni della civiltà greca. In tal modo, la sua origine greca riconduce alla nascita di Venere, emersa dalle acque del greco mar (v. 4); quindi, in un progressivo allargamento di pensiero, l’accenno alla dea comporta il passaggio successivo all’epos di Omero e di conseguenza al suo eroe immortale, Ulisse, del quale il poeta condivide la condizione errabonda di esule.

Però, a differenza dell’eroe omerico, al quale fu concesso di approdare nuovamente a Itaca, l’isola da cui era partito, Foscolo sente profeticamente che a lui il ritorno sarà per sempre negato: Né più mai toccherò le sacre sponde (v. 1). Mentre Ulisse simboleggia l’eroe classico, che trionfa dopo aver combattuto le avversità della sorte, il poeta incarna la malinconica negatività del personaggio romantico, destinato alla sconfitta storica. Quello di Foscolo rimarrà infatti un viaggio senza fine, emblema di una condizione perenne di smarrimento e sradicamento, che è conseguenza di uno spirito inquieto (la percezione dell’impossibilità di recuperare il luogo mitico della fanciullezza innocente, qui descritto con immagini idilliche e cariche di nostalgia: sacre sponde, v. 1; isole feconde, v. 5; le tue limpide nubi e le tue fronde, v. 7), a cui non sono estranee motivazioni politiche (la delusione napoleonica è già consumata).

Le scelte stilistiche

La rievocazione di Venere costituisce la base di un’architettura complessa, che si struttura per addizione progressiva di passaggi, tutti tenuti insieme da una concatenazione sintattica che supera la struttura delle strofe e che congiunge in un solo ampio periodo, scandito dagli enjambement*, le due quartine* e la prima terzina*. Il poeta parte dalla vicenda personale e familiare per arrivare al ritorno in patria di Ulisse: un ricongiungimento, questo, che viene sottolineato dalla collocazione delle parole più significative, Itaca e Ulisse (vale a dire la patria e l’eroe), nella posizione privilegiata della fine del verso (baciò la sua petrosa Itaca Ulisse, v. 11).

Foscolo, che, come detto, non può condividere il destino fortunato dell’eroe, si rispecchia tuttavia nel poeta che lo ha immortalato: il parallelismo tra Omero che cantò le imprese di Ulisse (v. 9) e lui stesso che offre alla propria terra il dono del canto (v. 12) evidenzia un fato personale tragico perché su di esso grava la condanna dell’illacrimata sepoltura (v. 14), ma al tempo stesso glorioso dal momento che sarà reso immortale dall’arte. Il distacco dalla patria è una terribile lacerazione imposta all’uomo moderno, a cui non resta che la poesia per consolare una perdita irrimediabile.

Si afferma così un altro dei temi portanti dell’arte foscoliana: la fede nella poesia come forza capace di superare la finitezza del tempo umano e di rendere eterne le gesta degli eroi e la bellezza dei luoghi. Il riscatto dalla morte e dalle sventure esistenziali è così possibile grazie ai miti dell’Ellade, non riproposti in chiave ornamentale (come accadeva nella produzione di gran parte dei letterati neoclassici), ma rivissuti come simboli di una suprema bellezza conservata da un’arte superiore, capace di rendere limpido e armonioso tutto ciò che su questa Terra è invece fugace e doloroso.

 >> pagina 563 
Raffinato e significativo è l’uso dei tempi verbali. All’eterno presente che cristallizza la descrizione dell’isola (Zacinto mia, che te specchi nell’onde, v. 3) si contrappongono i passati remoti con cui il poeta parla di sé (a noi prescrisse il fato, vv. 13-14), di Venere, di Omero e di Ulisse. Il tempo futuro riguarda invece unicamente il destino dell’io lirico e ricorre in due occasioni: entrambe sono di segno negativo e vengono significativamente poste in apertura (Né più mai toccherò, v. 1) e in chiusura (Tu non altro che il canto avrai, v. 12), a rimarcare una sorta di circolarità nella struttura del componimento, dalla nascita del poeta fino alla sua morte, che lo vedrà restituito finalmente alla terra ma senza la consolazione delle lacrime dei cari.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Svolgi la parafrasi del sonetto, prestando attenzione a ricostruire i periodi secondo l’ordine consueto, alterato dall’ampio uso che Foscolo fa dell’iperbato.

Analizzare

2 I motivi dell’esilio e dell’arte poetica si intrecciano nel sonetto: individuali, trascrivendoli nella tabella.


 Esilio

Arte poetica


 


 


 


 


3 Individua gli enjambement presenti nel testo. 


4 Individua le due apostrofi a Zacinto e spiega i concetti che vi vengono espressi.


5 Si alternano, nel sonetto, immagini legate alle sfere dell’acqua e della terra: elencale nelle due colonne.


 Acqua

Terra


 


 


 


 

6 Vergine nacque / Venere (vv. 4-5); non tacque […] l’inclito verso (vv. 6-8); l’acque / cantò fatali (vv. 8-9); baciò la sua petrosa Itaca Ulisse (v. 11). Quale figura retorica si trova in questi versi?

  • a Anafora.
  • b Anacoluto.
  • c Iperbato.
  • d Anastrofe.

 >> pagina 564 

Interpretare

7 Che valore assume la forte negazione presente nell’incipit?


8 Rispetto alla negazione iniziale, quella finale del v. 12 svolge una funzione simile o differente? Perché?

Produrre

9 Scrivere per argomentare. Il fato non consente a Foscolo di tornare in patria. Il suo può essere interpretato come il lamento di un migrante costretto a lasciare la propria terra. Ragiona sull’attualità di questa tragica condizione in un testo argomentativo di circa 30 righe.


10 Scrivere per confrontare. A quasi due secoli di distanza si ricorderà del sonetto foscoliano il poeta Umberto Saba (1883-1957) nel comporre Ulisse: quali analogie e differenze cogli tra le due liriche?


Nella mia giovinezza ho navigato

lungo le coste dalmate. Isolotti

a fior d’onda emergevano, ove raro

un uccello sostava intento a prede,

coperti d’alghe, scivolosi, al sole

belli come smeraldi. Quando l’alta

marea e la notte li annullava, vele

sottovento sbandavano più al largo,

per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno

è quella terra di nessuno. Il porto

accende ad altri i suoi lumi; me al largo

sospinge ancora il non domato spirito,

e della vita il doloroso amore.

T8

In morte del fratello Giovanni

Poesie, 10

L’8 dicembre 1801 il ventenne Giovanni Dionigi Foscolo, tenente dell’esercito cisalpino, si suicida, forse per un debito di gioco. Nel 1803 il poeta, prendendo a modello i versi di Catullo, trae spunto dall’evocazione della sua tomba per esprimere motivi insieme soggettivi e universali (l’esilio, la caduta delle speranze, gli affetti familiari, la sventura).


Metro Sonetto con schema di rime ABAB, ABAB, CDC, DCD.

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo

di gente in gente, me vedrai seduto

su la tua pietra, o fratel mio, gemendo

4      il fior de’ tuoi gentili anni caduto.


La Madre or sol suo dì tardo traendo

parla di me col tuo cenere muto,

ma io deluse a voi le palme tendo

8      e sol da lunge i miei tetti saluto.


Sento gli avversi numi, e le secrete

cure che al viver tuo furon tempesta,

11    e prego anch’io nel tuo porto quïete.


Questo di tanta speme oggi mi resta!

Straniere genti, almen le ossa rendete

14    allora al petto della madre mesta.

 >> pagina 565 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il poeta fa riferimento alla grande tradizione dei componimenti funebri, e in particolare a un esempio classico, il carme 101 del liber di Catullo, ma, mentre in esso l’autore latino esprime almeno la consolazione di poter fare visita alla tomba del fratello, Foscolo non ha tale possibilità, poiché l’esilio glielo nega.

Più in generale, qui Foscolo adatta il modello alla propria situazione emotiva: nella trama dei versi catulliani irrompono infatti i temi del destino nemico (gli avversi numi, v. 9), dell’assedio perenne delle preoccupazioni (le secrete / cure, vv. 9-10) e dell’attesa spasmodica della pace (quïete, v. 11), nel confronto sconsolato tra le speranze tramontate e il presente, ormai privo di illusioni, confortato soltanto dalla prospettiva futura della morte (Questo di tanta speme oggi mi resta!, v. 12).

Il senso ultimo del sonetto* sta proprio in questo desiderio di riposo eterno, che il suicidio del fratello ha suscitato nell’autore. Come nel componimento Alla sera, la morte è promessa di pace dopo un’esistenza dolorosa. Il poeta tuttavia non spera in un ricongiungimento di anime in un aldilà di tipo cristiano: le sue convinzioni materialistiche glielo impediscono. Può aspirare soltanto a che la propria salma stia accanto ai suoi cari (sia chi non c’è più sia chi è ancora sulla Terra), in modo da garantire il dialogo pietoso che unisce i vivi e i morti.

La preghiera di un gesto di pietà, che permetta alle sue spoglie di essere riconsegnate dopo la morte al petto materno, esprime così il desiderio estremo del poeta di tornare in patria e poter contare su una forma di sopravvivenza ideale, grazie al compianto affettuoso della madre: in quanto confortata dal suo pianto, la tomba costituisce per lui un luogo di vita, dove è possibile ricomporre quel legame familiare che l’esistenza e la Storia hanno tragicamente reciso.

 >> pagina 566 

Le scelte stilistiche

Comuni ai due fratelli sono dunque l’esperienza del dolore (le secrete cure, vv. 9-10) e la speranza di morte, in una costante identificazione emotiva e biografica che alcuni parallelismi interni fissano sul piano stilistico: i due esempi di sineddoche* cenere muto (v. 6) e ossa (v. 13), che si riferiscono rispettivamente a Giovanni e al poeta nella loro relazione con la figura materna; il chiasmo* (viver tuo… tuo porto, vv. 10-11), che sottolinea l’identificazione tra le condizioni dei due fratelli; l’antitesi* tra le sofferenze della vita e la quiete della morte espressa dalle contrapposizioni cure-quïete (vv. 10-11) e viver-porto (vv. 10-11) e condivisa da entrambi (anch’io, v. 11). Del resto, tutto il componimento vede una transizione continua dal piano soggettivo dell’io poetico a quello del fratello, come si coglie dall’alternarsi degli aggettivi possessivi di prima e seconda persona: tua pietra, fratel mio, tuoi gentili anni, tuo cenere muto, miei tetti, viver tuo, tuo porto.

Appartiene invece solo al poeta la condizione della fuga continua – come si evince dalla frequenza dei verbi di movimento (andrò, v. 1; fuggendo, v. 1; tendo, v. 7) e dal campo semantico legato all’esilio (di gente in gente, v. 2; Straniere genti, v. 13) – e dell’insuperabile solitudine, sottolineata dal v. 8 (e sol da lunge i miei tetti): mentre la madre e il fratello hanno ricomposto il nucleo degli affetti grazie alla vicinanza e alla possibilità di coltivare l’illusione sentimentale del colloquio, il poeta è lontano, distante dal petto della madre (v. 14) e dalla terra di origine (i miei tetti, v. 8).

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Fai la parafrasi del sonetto.


2 Da quale tragico evento autobiografico prende spunto la poesia?


3 Quali passi del testo rimandano al tema dell’esilio?


4 Che significato ha l’apostrofe finale?

Analizzare

5 Spiega la metafora presente al v. 4.


6 La morte non viene mai nominata direttamente, ma sempre evocata attraverso immagini e metafore. Rintracciale nel testo e spiegane il significato.


7 Come è rappresentata la madre del poeta?

Interpretare

8 Quale significato viene attribuito al colloquio tra la madre e il figlio defunto?


9 Come si autorappresenta, in questo sonetto, Foscolo?


10 Quali similitudini e differenze il poeta istituisce tra sé e il fratello?

Produrre

11 Scrivere per confrontare. Confronta la lirica foscoliana con il carme 101 di Catullo (di cui riportiamo la traduzione di Luca Canali), evidenziando analogie e differenze tra i due componimenti in un testo espositivo di circa 20 righe.


Venuto fra tante distese di genti e di acque,

giungo, o fratello, alle tue spoglie sventurate

per rendere l’omaggio supremo dovuto alla morte

e dire vane parole al tuo cenere muto,

poiché la fortuna mi tolse la tua umana presenza,

povero fratello a me ingiustamente rapito.

Ma l’offerta, secondo l’antico costume dei padri,

come l’ultimo triste saluto rivolto alla tomba,

accoglila aspersa di molto pianto fraterno,

e ancora, o fratello, salute in eterno e addio.

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento