I grandi temi

I grandi temi

1 La visione tragica

Una scelta elitaria Come si è visto, nel 1775 Alfieri scopre la propria vocazione letteraria, in particolare tragica, e si raccoglie in sé stesso, allontanandosi dalla vita mondana e interrompendo la stagione dei viaggi. Egli si accorge di avere un’affinità di temperamento con gli eroi tragici e sente una naturale predisposizione a teatralizzarne umori e stati d’animo. Il genere della tragedia corrisponde inoltre a un’idea elitaria di arte che egli ha sempre coltivato: la commedia e il romanzo sono da lui giudicati generi buoni a intrattenere le masse, inferiori perciò alla letteratura aristocratica.

La tragedia come analisi psicologica Il teatro italiano, al tempo di Alfieri, è dominato dalla commedia borghese di Carlo Goldoni, mentre all’estero le linee guida della drammaturgia sono tracciate dagli autori francesi. Alfieri segue la lezione di Jean Racine (1639-1699), il più illustre drammaturgo del Seicento, ma rielabora il genere tragico eliminando dai testi i personaggi secondari, gli effetti a sorpresa e le trame complesse.

Questa semplificazione gli permette di indagare i caratteri dei protagonisti con grande penetrazione psicologica, e di elaborare trame lineari in cui si assiste all’esasperazione progressiva di un dissidio che si presenta in maniera esplicita sin dal primo atto. L’interesse del poeta è quello di “spettacolarizzare“ i conflitti interiori, fino a spingere i personaggi verso un destino inevitabile, in cui la morte è vista come salvezza e liberazione da una crisi di coscienza insanabile.

Eroi del dissidio Le tragedie di Alfieri tendono a ridurre le situazioni storiche e sociali a una lotta tra forze inconciliabili, in cui si scontrano frontalmente libertà e tirannide, bene e male, rettitudine e corruzione morale, coraggio eroico e meschinità. I protagonisti manifestano subito una sensibilità estranea a ogni compromesso e una volontà intransigente che né le forze naturali né quelle divine riescono ad arginare. La ricerca di libertà si configura allora non soltanto come lotta contro un tiranno particolare, ma come volontà di ribellione contro la natura e i limiti umani in generale.

La peculiarità delle due tragedie alfieriane più riuscite, Saul e Mirra, sta nella capacità dell’autore di trasferire gli elementi oppositivi in un unico personaggio, anziché rappresentarli attraverso lo scontro di due figure che si fronteggiano come duellanti. In questo modo il conflitto si sposta nell’interiorità dei personaggi, nell’io lacerato di Saul e di Mirra, e l’azione cede il passo all’analisi di sentimenti e passioni: il desiderio di ribellione, il senso di colpa, la drammatica percezione dello scorrere inesorabile del tempo e della morte incombente.

Struttura e stile della tragedia alfieriana Comprendendo che in Italia manca una tragedia degna di quella antica, Alfieri guarda prevalentemente ai modelli del passato, sia a livello strutturale sia sul piano stilistico. Per quanto riguarda la struttura, si mantiene fedele alle cosiddette unità aristoteliche (di tempo, di luogo e d’azione), che gli consentono di concentrare la vicenda in un arco di tempo breve e di ridurre l’intreccio agli elementi essenziali, caratteristiche che rendono compatti i suoi drammi.

A una tragedia con personaggi trascinati da potenti emozioni e dall’ansia di libertà si addice uno stile aulico e sostenuto, con un lessico ricercato e una sintassi articolata. Nell’endecasillabo alfieriano dominano le inversioni, i contrasti, gli enjambement: la struttura della frase è continuamente spezzata, per rispecchiare al meglio l’interiorità disgregata e problematica dei personaggi.

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento