LETTURE critiche

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Shakespeare al centro del canone

di Harold Bloom

Come Dante, anche Shakespeare è uno di quegli autori di cui il canone della letteratura occidentale non potrebbe fare a meno. Ne è convinto il critico statunitense Harold Bloom (n. 1930), autore, nel 1994, di un fortunato volume di saggi dal titolo Il canone occidentale, da cui abbiamo tratto il brano seguente. Ma se Dante rappresenta bene l’immutabilità di ciò che è stabile ed eterno, il suo collega inglese è il campione di coloro che sono capaci di mettere in luce ciò che è mutabile e variabile. Inoltre Shakespeare rappresenta, nella tradizione europea, una tappa fondamentale per l’affermazione di una letteratura dell’introspezione che si sarebbe ulteriormente sviluppata nei secoli successivi (sia nell’ambito della lirica sia in quello del romanzo).

Shakespeare e Dante costituiscono il centro del Canone perché superano tutti gli altri scrittori occidentali in fatto di acutezza cognitiva, energia linguistica e forza di invenzione. Può darsi che tutt’e tre le doti si amalgamino in una passione ontologica1 che è una capacità di gioia o quello che Blake2 intendeva con il suo Proverbio dell’Inferno: “Esuberanza è bellezza”. Energie sociali sussistono in ogni età, ma non sono in grado di comporre opere teatrali, poemi e narrazioni. La capacità di creare è un dono individuale, presente in tutte le ere ma con ogni evidenza largamente favorito da particolari contesti, slanci nazionali che tuttavia studiamo solo per segmenti, dal momento che l’unità di una grande era è una generica illusione. Shakespeare è stato un accidente?3 L’immaginazione letteraria e i modi di incarnarla sono null’altro che stravaganti entità, come anche la comparsa di un Mozart? [...] 

Vorrei situare qui la chiave della centralità di Shakespeare nel Canone. Esattamente come Dante supera ogni altro scrittore, prima e dopo, nell’enfatizzare una definitiva immutabilità di ciascuno di noi, una posizione fìssa che dobbiamo occupare in eterno, Shakespeare supera ogni altro nel dare evidenza a una psicologia della mutabilità. È questa solo una parte dello splendore di Shakespeare, il quale non soltanto supera tutti i rivali, ma dà il via alla descrizione dell’auto-mutamento sulla base dell’auto-origliamento4 avendo, a spronarlo a queste innovazioni letterarie, più degne di nota di ogni altra, null’altro che lo spunto tratto da Chaucer.5 Si può ipotizzare che Shakespeare, che evidentemente aveva letto a fondo Chaucer, si ricordò della Comare di Bath quando arrivò a quello straordinario momento in cui fu inventato Falstaff.6 Amleto, il massimo auto-origliatore di tutta la letteratura, colloquia con se stesso poco più di quanto faccia Falstaff. Tutti noi oggi non facciamo che parlare incessantemente con noi stessi, origliando ciò che diciamo, per poi riflettere e agire secondo ciò che abbiamo espresso. Non è tanto il dialogo della mente con se stessa, o anche solo un riflesso della guerra civile dentro la psiche, quanto la reazione della vita a ciò che la letteratura è inevitabilmente divenuta. A partire da Falstaff, Shakespeare aggiunge alla funzione della scrittura imaginifica, che era ammaestramento a come parlare agli altri, l’ormai dominante anche se più malinconica lezione della poesia: come parlare con noi stessi. [...] 

Venendo a Shakespeare dopo avere scritto di poeti romantici e moderni e dopo aver meditato sui problemi dell’influenza e dell’originalità, ho esperito il trauma della differenza, la differenza in fatto di qualità e di livello, che è unicamente di Shakespeare. È una differenza che ha poco a che fare col dramma in quanto tale. Una cattiva messa in scena di Shakespeare, affidata a un’orrenda regia e recitata da attori incapati di esprimersi in versi, differisce in fatto di qualità come di livello dalle buone o cattive messe in scena di Ibsen e di Molière.7 C’è il trauma di un’arte verbale più ampia e più definitiva di ogni altra, a tal punto suasiva da sembrare che non sia affatto un’arte ma qualcosa che c’è sempre stato. 


Harold Bloom, Il canone occidentale. I Libri e le Scuole delle Età, Bompiani, Milano 2005

Comprendere il pensiero critico

1 Che cosa hanno in comune Dante e Shakespeare per trovarsi entrambi al centro del Canone?


2 In che cosa consiste, secondo il critico, lo splendore di Shakespeare?

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento