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Dal palcoscenico al grande schermo un autore sempre giovane

Il rilievo di Shakespeare nella storia del cinema è dimostrato dal fatto che tutte le opere del suo repertorio tea­trale hanno conosciuto almeno un adattamento per il grande schermo. La figura di Shakespeare ha anche ispirato una commedia romantica di grande successo, Shakespeare in Love (1998) del britannico John Madden, che – senza pretese di verità storica – racconta le vicende nascoste dietro la creazione di Romeo e Giulietta.
Amleto: la lettura psicanalitica di Olivier

Amleto è il testo shakespeariano più trasposto al cinema. Un adattamento imprescindibile è quello diretto e interpretato nel 1948 dall’inglese Laurence Olivier, che resta fedele all’opera originale e la arricchisce attraverso le potenzialità del mezzo cinematografico. Il regista sfrutta gli spazi per caratterizzare l’essenza dei personaggi: luci e ombre nelle sequenze in interni rimandano all’oscurità interiore di Amleto, in contrapposizione alla luminosità delle scene (spesso girate all’aperto) in cui compare Ofelia. Da una posizione elevata (i bastioni, dove peraltro appare lo spettro) il protagonista osserva e giudica la vita di corte: il distacco fisico è emblema di quello morale. Infine, i percorsi labirintici seguiti dalla macchina da presa simboleggiano i dubbi e le incertezze di Amleto, rafforzando la dimensione onirica della vicenda.

Macbeth: destino e malinconia secondo Polanski

Nel 1971 il polacco Roman Polanski dirige Macbeth, in cui riflette sul protagonista come simbolo dell’uomo dominato e reso cieco dal proprio destino. La tragedia shakespeariana è resa attraverso uno sguardo realistico (gli ambienti spogli del castello nella selvaggia Scozia del Medioevo), che non disdegna brevi incursioni nella fantasia allucinata (il tema ossessivo del sangue) o nel grottesco (come nel duello finale). Polanski aggiunge un inquietante epilogo alla vicenda, mostrando la figura di un cavaliere che si aggira nei pressi dell’antro delle streghe: un nuovo Macbeth che insidierà il potere di Malcolm.

Molto rumore per nulla: le schermaglie amorose di Branagh

Nel 1993 il nordirlandese Kenneth Branagh dirige e interpreta Molto rumore per nulla, dall’omonima commedia shakespeariana del 1598-1599 incentrata sui bisticci d’amore (a lieto fine) di due coppie. La regia trasferisce l’azione da Messina alla Toscana per sfruttarne il paesaggio lussureggiante ed evocativo, perfetta cornice per la vitalità dei personaggi. La recitazione degli attori – britannici e statunitensi – è improntata alla spontaneità e alla freschezza e ha un ritmo dinamico e brillante, restando aderente al testo originale, che mostra le emozioni senza mai indulgere al sentimentalismo.

Otello: la creatività cinematografica di Welles

Se nel 1948 gli era bastato meno di un mese per girare il bellissimo e “barbarico” Macbeth, per realizzare Otello lo statunitense Orson Welles impiega invece più di tre anni: iniziato nel 1949, il film vede la luce solo nel 1952, dopo che la lavorazione ha subito varie interruzioni a causa di difficoltà finanziarie (l’odissea produttiva verrà raccontata nel 1978 da Welles nel suo Girando Othello). I problemi però stimolano la creatività del regista, che fa di necessità virtù (per esempio, non avendo a disposizione i costumi per la scena, ambienta l’assassinio di Cassio in un bagno turco) e, nonostante sequenze girate in luoghi e tempi diversi, riesce a conferire alla pellicola una linearità stilistica e una continuità nella narrazione. Raccontato in flash back come un’inchiesta, partendo dal funerale del Moro e di Desdemona per tornare all’inizio della tragedia, Otello è dominato dalla recitazione sobria ma incisiva dello stesso Welles.

Re Lear: l’inferno espressionista di Kurosawa

Akira Kurosawa è stato il più “occidentale” dei registi nipponici: non stupisce quindi la sua attrazione per Shakespeare. Dopo il memorabile adattamento di Macbeth (Il trono di sangue, 1957), rivisita liberamente Re Lear girando Ran (1985), ambientato nel Giappone del XVI secolo ma fedele allo spirito del testo originale. Il titolo significa letteralmente “caos” e allude al disordine generato dalla folle ambizione degli uomini, che scatenano la violenza anziché perseguire l’armonia e la gioia della pace. Attraverso la discesa agli inferi del protagonista (che affronta un percorso di espiazione), Kurosawa ritrae il declino del mondo e rappresenta il potere come frutto di misfatti e di sangue; il finale apocalittico evoca l’autodistruzione cui sembra tendere l’umanità.

Riccardo III: Al Pacino alla ricerca di Shakespeare

Nel 1996 l’attore americano Al Pacino, al debutto nella regia, fonde documentario e finzione realizzando Riccardo III – Un uomo, un re, una ricerca vivace e intellettualmente sofisticata sul senso di rappresentare il Riccardo III (1591-1594) di Shakespeare. L’originalissimo film-saggio alterna discussioni e indagini sulla messa in scena (intervistando esperti ma anche gente comune) a sequenze in costume.

Fra gli altri Riccardo III cinematografici, ne vanno menzionati due britannici: quello di taglio espressionista di Laurence Olivier (1955) e quello firmato da Rich­ard Loncraine (1995), che trasferisce l’azione negli anni Trenta del Novecento, nell’Inghilterra dilaniata dalla guerra civile.

Romeo e Giulietta: l’amore pop e senza compromessi di Luhrmann

Per raccontare la più celebre storia d’amore di tutti i tempi, l’australiano Baz Luhrmann guarda al musical West Side Story (1961) degli statunitensi Robert Wise e Jerome Robbins, da cui riprende l’idea di inserire la vicenda nel contesto di una faida tra bande rivali. Pur essendo recitato in versi, Romeo + Giulietta di Luhrmann non è un adattamento convenzionale: ambientato nell’America degli anni Novanta, nell’immaginaria Verona Beach, immerge i due amanti nei cruenti conflitti tra anglosassoni protestanti e ispanici cattolici. Mescolando suggestioni eterogenee (citazioni letterarie, musicali e cinematografiche), il regista dà vita a un’opera postmoderna dominata dal gusto per l’eccesso: azione, violenza, ritmo frenetico, trovate originali (la cornice televisiva, la piscina che sostituisce il famoso balcone) rendono scorrevole la tragedia, narrata in veste giovanilistica ma non priva di pathos.

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento