T5 - O bella età de l’oro (Aminta)

T5

O bella età de l’oro

Aminta, atto I, Coro, vv. 656-723

Nel coro del primo atto dell’Aminta, i pastori vagheggiano un tempo mitico: un Eden meraviglioso dove si viveva, in pace, un’eterna primavera, la terra produceva spontaneamente delizie e gli uomini godevano liberi e spensierati le gioie dell’amore. Ora quel mondo è irrimediabilmente perduto, sopraffatto dalla civiltà, e recuperarlo è impossibile: l’esortazione finale ad amare si tinge di malinconia, in un presente soffocato dalle leggi sociali e minacciato dalla precarietà dell’esistenza.


Metro Canzone di 5 stanze di 13 versi (9 settenari, 4 endecasillabi con schema di rime abCabCcdeeDfF) e un congedo di 3 versi (con rima XyY).

 Asset ID: 114172 (let-altvoc-o-bella-et-delloro-ami140.mp3

Audiolettura

CORO

         O bella età de l’oro,

         non già perché di latte

         sen’ corse il fiume e stillò mele il bosco;

         non perché i frutti loro

660 dier da l’aratro intatte

         le terre, e gli angui errar senz’ira o tosco;

         non perché nuvol fosco

         non spiegò allor suo velo,

         ma in primavera eterna,

665 ch’ora s’accende e verna,

         rise di luce e di sereno il cielo;

         né portò peregrino

         o guerra o merce agli altrui lidi il pino;

         ma sol perché quel vano

670 nome senza soggetto,

         quell’idolo d’errori, idol d’inganno,

         quel che dal volgo insano

         onor poscia fu detto,

         che di nostra natura ’l feo tiranno,

675 non mischiava il suo affanno

         fra le liete dolcezze

         de l’amoroso gregge;

         né fu sua dura legge

         nota a quell’alme in libertate avvezze,

680 ma legge aurea e felice

         che natura scolpì: «S’ei piace, ei lice».

         Allor tra fiori e linfe

         traen dolci carole

         gli Amoretti senz’archi e senza faci;

685 sedean pastori e ninfe

         meschiando a le parole

         vezzi e susurri, ed ai susurri i baci

         strettamente tenaci;

         la verginella ignude

690 scopria sue fresche rose,

         ch’or tien nel velo ascose,

         e le poma del seno acerbe e crude;

         e spesso in fonte o in lago

         scherzar si vide con l’amata il vago.

695 Tu prima, Onor, velasti

         la fonte de i diletti,

         negando l’onde a l’amorosa sete;

         tu a’ begli occhi insegnasti

         di starne in sé ristretti,

700 e tener lor bellezze altrui secrete;

         tu raccogliesti in rete

         le chiome a l’aura sparte;

         tu i dolci atti lascivi

         festi ritrosi e schivi;

705 a i detti il fren ponesti, a i passi l’arte;

         opra è tua sola, o Onore,

         che furto sia quel che fu don d’Amore.

         E son tuoi fatti egregi

         le pene e i pianti nostri.

710 Ma tu, d’Amore, e di Natura donno,

         tu domator de’ Regi,

         che fai tra questi chiostri,

         che la grandezza tua capir non ponno?

         Vattene, e turba il sonno

715 a gl’illustri e potenti:

         noi qui, negletta e bassa

         turba, senza te lassa

         viver ne l’uso de l’antiche genti.

         Amiam, ché non ha tregua

720 con gli anni umana vita, e si dilegua.

         Amiam, ché ’l Sol si muore e poi rinasce:

         a noi sua breve luce

         s’asconde, e ’l sonno eterna notte adduce.

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il coro del primo atto dell’Aminta, commentando e spiegando al pubblico – secondo il modello della tragedia greca – l’azione scenica, riassume la morale dell’opera esponendo il conflitto tra la civiltà presente e la favolosa età dell’oro. A rappresentarlo, Tasso contrappone l’Amore e l’Onore, personificandoli. Il primo sentimento simboleggia il piacere spontaneo e naturale, il sereno dispiegamento degli istinti, non sottoposto ad alcun vincolo morale né limitato da sensi di colpa: tale piacere era appunto vissuto in piena libertà in un tempo mitico e remoto, quando i pastori, nella semplicità della vita bucolica, potevano amare senza costrizioni.

Purtroppo i tempi di oggi – lamenta Tasso – non sono più quelli di una volta. L’innocenza e la spensierata schiettezza che caratterizzavano il mondo dei pastori dell’età dell’oro sono stati sostituiti dalla tirannia dell’Onore, quell’idolo d’errori, idol d’inganno (v. 671) che ha cancellato i disinibiti costumi primitivi introducendo il senso della vergogna, l’ipocrisia del moralismo, la falsa onestà. Generando turbamento e pudore, modificando i rapporti tra i sessi – un tempo armonici e liberi perché sottoposti unicamente alle leggi della natura – e minacciando la spontaneità degli affetti, l’Onore è il principale responsabile dell’infelicità degli uomini, costretti al rispetto di un codice etico fatto di arte, cioè di artificio, convenzioni e inganno (non a caso i dolci atti lascivi di un tempo sono diventati ritrosi e schivi, vv. 703-704, e ciò che una volta era don d’Amore ora è considerato furto, v. 707).

Il coro si congeda prima con un’apostrofe* all’Onore stesso, invitato ad accanirsi solo contro i potenti e a lasciare in pace gli umili, e poi con un’esortazione ad amare. Eppure, anche questo incitamento è venato d’inquietudine: le gioie dell’esistenza hanno breve durata. Amiam, ripete con un’anafora* il poeta (vv. 719 e 721): ma l’immagine della breve luce (v. 722) della nostra vita suggerisce, amaramente, la percezione della caducità delle cose umane e l’incombere dell’eterna notte (v. 723) della morte.

Gli argomenti usati da Tasso contro l’Onore non sono ideologicamente inoffensivi: di fronte al conformismo della società cortigiana, egli pronuncia un vero atto d’accusa, per quanto velato dall’utilizzo di un tema tradizionale della letteratura come quello dell’età dell’oro. Sotto l’apparenza mitologica e atemporale, il poeta infatti condanna una cultura formalista e falsa, chiusa in un freddo sistema di norme da rispettare. La nostalgia per un’epoca in cui il piacere e la sensualità potevano essere vissuti in piena libertà non è soltanto un astratto gioco letterario o un aristocratico passatempo da condividere all’interno della corte: nell’idealizzare il tempo in cui era possibile tutto ciò che piaceva («S’ei piace, ei lice», v. 681), Tasso insinua un messaggio non privo di provocazione indirizzato alle corti, luoghi dove l’autenticità dell’esistenza era stata soppiantata dai riti e dai valori fittizi del prestigio sociale.

Le scelte stilistiche

Al di là della sua implicita valenza ideologica, l’Aminta rimane pur sempre una favola lirica composta con grande sapienza letteraria. Non a caso, sul piano stilistico, il coro presenta una vera e propria collezione di citazioni e riferimenti classici. Sotto le spoglie di un’apparente naturalezza, infatti, Tasso utilizza fonti classiche e moderne. Le prime si colgono soprattutto nelle prime tre strofe del coro: la quarta delle Bucoliche di Virgilio, le Elegie di Tibullo e soprattutto le Metamorfosi di Ovidio offrono al poeta una raccolta di immagini e motivi legati alla celebrazione dell’età dell’oro. Non mancano inoltre gli agganci alla tradizione petrarchesca: i vv. 669-671 (vano / nome senza soggetto, / quell’idolo d’errori, idol d’inganno) richiamano alla memoria i vv. 76-77 della canzone Italia mia, benché ’l parlar sia indarno («non far idolo un nome / vano, senza soggetto», Canzoniere, 128,  T13, p. 400), mentre le chiome a l’aura sparte (v. 702) non sono che la variante dell’inizio del celebre sonetto Erano i capei d’oro a l’aura sparsi (Canzoniere, 90,  T11, p. 391).

Anche gli ultimi versi riprendono un modello classico, senz’altro noto ai colti spettatori della corte estense: l’invito all’amore, la caducità dei piaceri umani e l’incombere della morte – temi tipici anche della tradizione laica umanistico-rinascimentale (si pensi a Lorenzo de’ Medici e ad Angelo Poliziano), ma trattati da Tasso con struggimento e inquietudini maggiori – rappresentano quasi la traduzione letterale dei vv. 4-6 del quinto carme del poeta latino Catullo.

 >> pagina 993 

Vale la pena soffermarsi sulle modalità che Tasso impiega per passare dalla celebrazione letteraria dell’età dell’oro, a prima vista ideologicamente innocua e letterariamente stereotipata, al motivo più originale (e portatore di un messaggio più “pericoloso”) del prevalere dell’Onore sull’Amore. Ebbene, dobbiamo notare come all’inizio della quarta strofa l’autore accentui l’enfasi del discorso chiamando in causa direttamente in apostrofe (v. 695) il colpevole di tutti i mali del presente: non solo una volta, ma ben quattro (con la triplice ripetizione anaforica del pronome tu, ai vv. 698, 701 e 703). Il discorso continua anche nella strofa successiva, ulteriormente sottolineato prima dal tono sarcastico (E son tuoi fatti egregi / le pene e i pianti nostri, vv. 708-709), poi da un’incalzante interrogativa (vv. 710-713) e da una serie di imperativi (Vattene, e turba, v. 714; lassa / viver, vv. 717-718): tutti espedienti per esprimere il dolente – e polemico – rimpianto per la perdita della libertà e dell’autenticità.

Il congedo* rappresenta, infine, il punto d’arrivo di questa strategia retorica: l’anafora con la quale il poeta esorta ad amare (Amiam, vv. 719 e 721) e la cupa immagine del sonno eterno sigillano con un climax* significativo il messaggio inquieto e angoscioso dell’intero componimento.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Per quali ragioni l’età dell’oro è esaltata dalla tradizione e per quali altre ragioni, invece, secondo il coro, essa fu bella?


2 Qual è l’unica legge morale in vigore nell’età aurea?

Analizzare

3 Evidenzia le parti del testo in cui emerge, dietro la patina letteraria, il sofferto rapporto dell’autore con l’ambiente cortigiano.


4 Come abbiamo sottolineato, tutta la canzone è giocata sulla contrapposizione fra stato di natura e civiltà moderna. Rintraccia gli elementi inseriti nella tabella e scrivi il verso in cui compaiono. Completa quindi la tabella indicando per contrasto il secondo elemento della coppia e il relativo verso.


Stato di natura

Età moderna

Onore (v. …....)

 
 

affanno (v. …....)

 

dura legge (v. …....)

don d’Amore (v. …....)

 
 

negletta e bassa turba (v. …....)


5 Al v. 668 troviamo il termine pino: che significato ha e quale figura retorica vi riconosci?


6 Dura legge […] legge aurea (vv. 678-680): di quale figura retorica si tratta? Quale significato assume in questo contesto?


7 L’Onore ha negato l’onde a l’amorosa sete (v. 697). Siamo in presenza di una figura retorica. Quale?

  • a Metonimia.
  • b Metafora.
  • c Sineddoche.
  • d Iperbato.

 >> pagina 994 

Interpretare

8 Chiarisci con quale significato Tasso utilizza la parola “onore” in questa canzone. Con l’aiuto del vocabolario, serviti di una serie di termini che possono essere assimilati a questo concetto.


9 Nella conclusione, il poeta riprende il tema classico e rinascimentale del carpe diem. A tuo giudizio, nel declinare tale motivo, in che modo si differenzia dagli autori delle precedenti generazioni?

Produrre

10 Scrivere per esporre. Partendo dal coro del primo atto dell’Aminta e facendo riferimento alla biografia e al carattere del poeta, spiega quali sono le critiche maggiori che Tasso rivolge al proprio tempo, inquadrando il suo disagio all’interno del clima culturale e sociale in cui visse. Scrivi un testo espositivo di circa 30 righe.

Dibattito in classe

11 L’atteggiamento di rimpianto e nostalgia per un passato considerato più spensierato e felice è piuttosto comune, soprattutto nelle persone adulte o anziane. Che cosa ne pensi? Anche tu idealizzi, per esempio, il tempo della tua infanzia, oppure preferisci vivere appieno il presente? Confrontati con i compagni.

I grandi temi di Tasso

1 Il difficile rapporto con la corte

luogo all’apparenza splendido e scintillante ma negativo

alla corte si contrappone il valore assoluto della letteratura

2 Tra sensualità e spiritualità

Tasso autore manierista: poeta della transizione dal Rinascimento alla rigida epoca controriformistica

ambivalenza dell’immaginazione poetica, tra passione e morte

toni sensuali accompagnati da toni cupi

«bifrontismo»: aspirazione alla serenità e tensione verso la trasgressione

3 Amore e letteratura

l’amore è passione tormentata e non appagante

il sentimento è vittima dell’ipocrisia e della falsa moralità

la poesia è il luogo dell’autenticità

Il tesoro della letteratura - volume 1
Il tesoro della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento