Un mondo senza più certezze
La scoperta del Nuovo Mondo e dei suoi abitanti, la fine della concezione geocentrica, la rottura dell’unità del cristianesimo, le innovazioni in campo medico e scientifico impongono, nel corso del Cinquecento, una profonda revisione degli antichi saperi e dei valori trasmessi dalla tradizione. Vengono elaborati nuovi modelli di conoscenza, in cui l’esperienza e la riflessione personale cancellano la pretesa di costruire sistemi filosofici unitari e organici. Il dubbio, la perdita delle certezze, il senso del limite determinano un approccio nuovo alla realtà, svincolato da ogni dogma e libero da ogni rigido steccato ideologico.
I Saggi di Montaigne
La difficile ricerca di una ricomposizione dei dati contraddittori che emergono dall’esperienza è alla base dell’opera dello scrittore, politico e filosofo francese Michel de Montaigne (1533-1592). Formatosi sui testi umanistici, magistrato e consigliere nel parlamento di Bordeaux, Montaigne si ritira presto a vita privata nel castello di famiglia per dedicarsi alla stesura del suo capolavoro, i Saggi, la cui prima edizione appare nel 1580. Si tratta di un’opera dalla struttura e dal contenuto particolari: pensieri, annotazioni, riflessioni di varia natura si susseguono secondo il «procedere degli umori», stimolati ora dalla lettura dei classici, ora da una meditazione personale.
La vicinanza ideologica a Guicciardini
Per questo andamento asistematico, i Saggi si avvicinano ai Ricordi di Guicciardini, un autore a cui Montaigne può essere accostato anche per gli aspetti ideologici. Comuni ai due scrittori sono il rifiuto di ogni approccio metafisico, la convinzione dell’impossibilità di aspirare alla conoscenza assoluta, la critica rivolta a ogni ipotesi di interpretazione preconcetta della realtà. Anche Montaigne tenta di illuminare l’“altalena” dei sentimenti umani, le debolezze e le contraddizioni che caratterizzano la nostra vita secondo una prospettiva scettica e relativistica che abbiamo visto dominare l’indagine guicciardiniana. La serena visione rinascimentale, già entrata in crisi nell’opera dell’autore dei Ricordi, può dirsi con Montaigne definitivamente tramontata. Prevalgono invece l’amara coscienza dei mali del mondo e il disgusto per le vanità e i capricci umani.
Il breve brano che presentiamo è un esempio del procedere conoscitivo di Montaigne. Invece di aspirare a un ruolo di maestro dispensatore di verità assolute, lo scrittore francese sceglie di non affannarsi a inseguire risposte definitive. L’unica ricerca possibile è quella della soddisfazione personale, di una felicità parziale, da cogliere attimo dopo attimo nell’incerta esplorazione di un mondo in cui «tutte le cose […] oscillano».