LETTURE critiche

LETTURE critiche

L’invadenza dell’io nel Canzoniere

di Marco Santagata

Dopo aver analizzato l’ipotetico rapporto che Petrarca istituisce con il pubblico nei primi versi del Canzoniere, lo studioso Marco Santagata (n. 1947) mette in evidenza la natura soggettiva della poesia petrarchesca, mediante la quale l’autore entra in contatto con i propri lettori.

Il rapporto che il Canzoniere istituisce col suo pubblico, emblematizzato da quel pronome (Voi) che lo nomina da una sede tanto importante può essere un buon punto di avvio per la nostra ricerca. Nel rapporto col pubblico sta infatti una delle maggiori innovazioni della poesia petrarchesca, una di quelle che hanno segnato il corso della lirica europea. Il testo petrarchesco si rivolge ad un uditorio privo di caratterizzazioni sociali o culturali o ideologiche: non è una cerchia aristocratica né un pubblico borghese, non un gruppo di «scuola», né una udienza specializzata (le donne o i «fedeli d’amore»). L’unico requisito che il testo sembra richiedere al proprio lettore è quello di essere tale, di «ascoltare». È forse la prima volta nell’epoca moderna che la poesia lirica si rivolge a un pubblico non preselezionato. Sicuramente, rispetto alle condizioni duecentesche, anche alle più «aperte», Petrarca ipotizza e richiede un’udienza molto più vasta, tendenzialmente universale. Mentre dunque la prassi poetica duecentesca appare strettamente legata a una specifica referenza sociale, la poesia del Petrarca sembra non volersi rapportare a nessun referente determinato. A questo pubblico indifferente Petrarca propone una storia d’amore, la sua personale storia d’amore. Una storia però che è anche un itinerario spirituale e in quanto tale un itinerario simbolico, suo e di tutti, individuale ed esemplare. È ovvio allora che un testo di morale cristiana si rivolga ad un pubblico universale: una vicenda di salvazione (in senso agostiniano) non può rinchiudersi entro confini socialmente determinati.

Quella descritta ora è però l’esplicita operazione ideologica del Petrarca, l’intenzione che la regge e il quadro di riferimento entro il quale vuole collocarsi. […] È una impressione condivisa da molti lettori del Canzoniere che quella storia sia più asserita o suggerita che effettivamente calata in racconto. Non credo che si cada necessariamente nello psicologismo rilevando che, prima ancora della dimensione narrativa, ciò che colpisce nel Canzoniere è l’invadenza del personaggio che dice «io», al punto che la storia stessa sembra quasi in funzione di quell’«io», che viene così ad accamparsi al centro dello spazio testuale, nella duplice veste di oggetto e di soggetto del discorso. La macrostruttura con le sue articolazioni «romanzesche» solo in un secondo momento viene percepita come «forma» che dà senso ed orientamento ad una esperienza individuale; al primo impatto appare piuttosto il luogo o lo spazio creati dall’espansione di un «io» soggettivo. «Io» soggettivo non apparirà una zeppa1 se si riflette su ciò che quel pronome indica nella lirica del Duecento: ivi l’«io» del poeta è infatti una istanza locutrice o testimoniale che si rapporta immediatamente ad una collettività: l’«io» che parla non si identifica con la materia di cui parla, l’«io» che fonda il discorso non è l’oggetto del discorso. Dunque la seconda grande novità petrarchesca, omogenea al rifiuto di una specifica referenza sociale, è nell’aver chiuso su se stesso il cerchio della poesia: l’«io» parla di sé. Lo statuto della lirica duecentesca ne viene radicalmente sconvolto: la poesia da mezzo di scambio, da canale di trasmissione di una realtà culturale di cui essa è parte ma che in essa non si esaurisce, richiudendosi in se stessa si trasforma in oggetto. Il poeta ed il proprio testo, fra loro individualmente legati, si offrono alla fruizione del pubblico. Una fruizione che può, anzi che deve essere apprendimento, ma una forma di apprendimento che ignora i canali della didassi.2 Al dire d’Amore, che richiede un pubblico «intelligente», Petrarca sostituisce il confessare l’amore sollecitando la simpatia, la comprensione, oggi diremmo l’identificazione da parte dei suoi lettori.

Se mettiamo in rapporto il «voi» che inaugura il Canzoniere con quell’«io» che lo affolla in ogni piega, misuriamo in un solo colpo d’occhio tutta la sproporzione tra la vastità del pubblico a cui il poeta si rivolge e la limitatezza dell’oggetto su cui la sua poesia si costruisce. Sembrerebbe quasi che il prezzo pagato dalla lirica per svincolarsi da una committenza sociale ristretta sia stato la rinuncia al vasto territorio extrasoggettivo.


Marco Santagata, Dal sonetto al Canzoniere, Liviana, Padova 1979

Comprendere il PENSIERO CRITICO

1 A quale pubblico si rivolge Petrarca nel Canzoniere?


2 L’“io lirico” parla di sé: perché ciò costituisce una novità?

Il tesoro della letteratura - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento