CLASSICI a confronto - Da Dante a Petrarca

CLASSICI a confronto

Da Dante a Petrarca

Un dialogo fecondo

Petrarca non avrebbe potuto esistere come autore nei termini in cui si è sviluppata la sua produzione, se non ci fosse stato prima Dante e se egli, proprio con l’opera di Dante, non avesse istituito una relazione produttiva sul piano creativo. Basti pensare alle sue due maggiori opere in volgare, il Canzoniere e i Trionfi: la prima è debitrice della Vita nuova e più in generale della produzione lirica amorosa dantesca, mentre la seconda ripropone lo schema della visione che è alla base della Commedia.

L’ammirazione di Petrarca per Dante

Dante muore nel 1321, dunque Petrarca non ha occasione di frequentarlo, sebbene pare che lo abbia incontrato, all’età di sette anni, a Pisa. Dell’autore della Commedia egli scrive con ammirazione: «Visse col mio nonno e con mio padre, più giovane del primo, più vecchio del secondo, col quale nel medesimo giorno e da una stessa tempesta civile fu cacciato dalla patria. Spesso tra compagni di sventura nascono grandi amicizie; e questo accadde anche tra loro, che oltre alla fortuna avevano in comune l’ingegno e gli studi, se non che all’esilio, al quale mio padre ad altre cure rivolto e pensoso della famiglia si rassegnò, egli si oppose consacrandosi agli studi con maggiore ardore, di tutto incurante e desideroso solo di gloria. E in questo non saprei abbastanza ammirarlo e lodarlo; poiché non l’ingiuria dei concittadini, non l’esilio, non la povertà, non gli attacchi degli avversari, non l’amore della moglie e dei figliuoli lo distrassero dal cammino intrapreso» (Familiares, XXI, 15).

Ambienti sociali e professioni

Per quanto riguarda i rispettivi ambienti sociali, mentre la famiglia di Dante appartiene alla piccola nobiltà di origini antiche, ormai economicamente disagiata, Petrarca nasce in una famiglia borghese. Dante è un laico, Petrarca si fa chierico. Entrambi cercano e ottengono protezione da parte di vari signori; tuttavia, mentre Dante è per lo più un ospite, Petrarca si pone all’effettivo servizio dei Colonna, del re di Napoli Roberto d’Angiò, dei Visconti di Milano, dei Carrara di Padova, pur mantenendo sempre la libertà necessaria a dedicarsi al suo interesse principale, la letteratura. Petrarca, inoltre, è il primo autore della letteratura italiana che percepisca sé stesso come scrittore, cioè che consideri l’attività letteraria come la propria professione. Dante, invece, riteneva la letteratura uno strumento militante per intervenire nella politica attiva della sua città.

La diversa visione politica

Diversa è anche la visione politica dei due autori. Dante è strettamente legato alla vita comunale, partecipa all’amministrazione della città e subisce conseguenze durissime sul piano personale quando viene costretto all’esilio. Il suo ideale di governo è una monarchia universale, mentre Petrarca è inserito in una dimensione diversa: suo ideale è l’Italia, seppure intesa non ancora come entità politica, ma come patria spirituale.

La dimensione culturale e filosofica

Profondamente differente è la visione culturale di Dante e Petrarca. Il primo è caratterizzato da una cultura enciclopedica e sintetica, erede delle summae medievali: la Commedia rappresenta una sorta di summa “totale”; pur nella sua assoluta originalità, è infatti una formidabile sintesi di teologia, filosofia, letteratura, scienza. Petrarca tende invece a un approccio analitico. Mentre Dante è interessato alla realtà nella sua totalità (Dio, la natura, l’essere umano), Petrarca si limita a riflettere sull’uomo, anzi sull’individuo, a partire dal proprio io.

Dal punto di vista filosofico, Dante si appoggia sulle certezze di Aristotele riletto da san Tommaso in prospettiva cristiana, Petrarca prende come punto di riferimento l’inquietudine di sant’Agostino e del filosofo latino Seneca.

La concezione dell’amore

Quanto alla concezione dell’amore, mentre quello di Dante per Beatrice viene spiritualizzato, cioè da passione umana si trasforma in sentimento spirituale capace di portare il poeta alla salvezza eterna nell’aldilà, quello di Petrarca nei confronti di Laura rimane un tormento psicologico privo di evoluzione e di soluzione. Beatrice assurge a creatura angelica e dunque immortale, che guida il poeta in Paradiso, mentre Laura rimane una creatura fragile, terrena, soggetta al trascorrere del tempo.

Il tempo e la Storia

La concezione del tempo e della Storia muta radicalmente da Dante a Petrarca. In Dante troviamo una sorta di appiattimento della prospettiva cronologica: la storia umana è tutta in funzione della storia della salvezza offerta da Dio agli uomini attraverso l’incarnazione di Cristo; da quell’evento centrale si irradiano il passato e il futuro. Petrarca invece manifesta una maggiore attenzione alla specificità delle diverse epoche, attraverso il recupero del passato con rigore filologico.

La lettura dei classici: dalla sensibilità cristiana a quella umanistica

Nei due autori il rapporto con la cultura classica si instaura a partire da approcci molto diversi: Dante reinterpreta gli autori classici alla luce di una sensibilità cristiana, attraverso una lettura figurale e allegorica. Virgilio nella Commedia è maestro di morale, di scienza e di virtù, ma resta pur sempre un maestro “incompleto”, poiché non è in grado di accompagnare il poeta alla conoscenza totale e definitiva, cioè alla visione di Dio. Per giungere a essa serve la grazia divina, rappresentata da Beatrice. Petrarca, invece, apprezza e valorizza la saggezza degli antichi senza sottolinearne i presunti limiti (per Dante si tratta dell’assenza della fede), anzi proponendoli come modelli ancora validi e quindi da imitare, ed è il primo intellettuale a cui appartenga l’idea dell’importanza di trasmettere la cultura del passato.

Il rapporto con la fede

Tale diversità di visione storica deriva anche da un differente modo di vivere la fede cristiana. Mentre il credo di Dante è certo e sicuro, Petrarca si muove verso una ricerca e un’interpretazione personali dell’esperienza religiosa ed è combattuto incessantemente tra il richiamo della trascendenza e l’attrazione per i valori terreni. In Dante la fede religiosa approda alla visione divina, cioè a un’esperienza di gioia mistica, come si osserva nella conclusione della Commedia. Petrarca percepisce sé stesso sempre in una situazione di indegnità morale e spirituale, che gli impedisce di avvicinarsi a Dio con lo stesso slancio fiducioso di Dante.

Obiettivo di Petrarca è comunque quello di conciliare civiltà classica e civiltà cristiana. Ma la frequente constatazione di questa inconciliabilità pratica gli rende chiara l’impossibilità di un reale equilibrio. La frattura tra valori umani e valori ascetici rimane insanabile e, sul piano soggettivo, fonte di angosciosi turbamenti.

Il tesoro della letteratura - volume 1
Il tesoro della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento