T9 - Solo et pensoso i più deserti campi

T9

Solo et pensoso i più deserti campi

Canzoniere, 35

Il poeta innamorato e sofferente fugge dalle persone, cercando la solitudine e il contatto con la natura. Ma ovunque si rechi, anche nei luoghi più deserti e selvaggi, Amore lo perseguita. La lirica risale a prima del 1337.


Metro Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDE CDE.

         Solo et pensoso i più deserti campi

         vo mesurando a passi tardi et lenti,

         et gli occhi porto per fuggire intenti

4      ove vestigio human l’arena stampi.

         Altro schermo non trovo che mi scampi

         dal manifesto accorger de le genti,

         perché negli atti d’alegrezza spenti

8      di fuor si legge com’io dentro avampi:

         sì ch’io mi credo omai che monti et piagge

         et fiumi et selve sappian di che tempre

11    sia la mia vita, ch’è celata altrui.

         Ma pur sì aspre vie né sì selvagge

         cercar non so ch’Amor non venga sempre

14    ragionando con meco, et io co·llui.

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il critico letterario Francesco De Sanctis (1817-1883) scorse in questo sonetto una delle più tipiche situazioni petrarchesche: il colloquio del poeta con sé stesso e con Amore in luoghi malinconicamente solitari e perciò adatti a suscitare pensieri più intimi. Vi troviamo Petrarca intento a fuggire le località abitate, cioè la vista delle persone, perché la sua condizione di sofferenza amorosa renderebbe chiaro a tutti il suo stato d’animo.

Il poeta vuole vivere il proprio tormento in solitudine. Lo scopo di tale discrezione, motivo già tipico della poesia provenzale e dello Stilnovo, sembrerebbe soprattutto la salvaguardia dell’onorabilità della donna amata. Eppure non è l’unica spiegazione. Scrive Giacomo Leopardi nello Zibaldone: «Quando l’uomo concepisce amore tutto il mondo si dilegua dagli occhi suoi, non si vede più se non l’oggetto amato, si sta in mezzo alla moltitudine alle conversazioni ec. come si stasse in solitudine, astratti e facendo quei gesti che v’ispira il vostro pensiero sempre immobile e potentissimo senza curarsi della maraviglia né del disprezzo altrui, tutto si dimentica e riesce noioso ec. fuorché quel solo pensiero e quella vista».

 >> pagina 388 

Leopardi descrive dunque il carattere totalizzante dell’esperienza amorosa, quel «pensiero dominante» che allontana l’animo dalla realtà circostante. Ritroviamo tale condizione nel sonetto di Petrarca, il quale però, diversamente da quanto afferma Leopardi, vuole evitare la «maraviglia» e il «disprezzo» delle persone che, incontrandolo, potrebbero comprendere il suo stato d’animo. Il contrasto è però solo apparente, Petrarca in realtà cerca di ottenere la condizione che più si adatta all’animo dell’amante, cioè la solitudine, per potersi abbandonare alla sua passione.

Infatti anche quando il poeta è solo in luoghi remoti, sembra che Amore lo perseguiti. Tuttavia questa difficile compagnia non gli è sgradita, poiché gli permette di riflettere liberamente in un immaginario dialogo con Amore – e dunque con “l’altro sé stesso” – sull’unico argomento che davvero gli sta a cuore: la sua passione per Laura.

Il critico Elio Gioanola offre una lettura di questo sonetto in chiave psicanalitica: «È uno dei sonetti più belli del Canzoniere perché sintetizza in armoniosi accenti meditativi la condizione interiore del poeta, nel quale l’amore è soprattutto tormento; il tema specifico è quello della solitudine, ricercata come fuga. Ma la solitudine è il corrispettivo naturale di un amore senza oggetto, e quindi tutto risolto nell’interiorità dell’anima; il poeta cerca la solitudine soprattutto per essere al cospetto del suo sentimento, non distratto dai rapporti con gli altri, e nemmeno in fondo dalla vista della donna».

Le scelte stilistiche

Ciò che risulta evidente in questo sonetto, e che rappresenta un altissimo risultato raggiunto dall’autore, è proprio il contrasto fra lo stato d’animo lacerato del poeta e l’assoluta compostezza formale del testo. Dal punto di vista ritmico-sintattico il sonetto ha un andamento ampio e lento, reso sia attraverso alcuni enjambement*, che determinano uno scorrere fluido delle frasi, sia da una figura sintattica come il polisindeto* (monti et piagge / et fiumi et selve, vv. 9-10). Tale ritmata fluidità rende, con un effetto musicale, la lenta progressione dei passi del poeta.

Sul piano strutturale va notato il gusto per la simmetria: in ciascuna quartina* ogni proposizione si estende per due versi e la congiunzione che lega le due frasi di ogni quartina è posta all’inizio del terzo verso della stessa quartina: et (v. 3); perché (v. 7). Inoltre si rilevano le tipiche dittologie*: Solo et pensoso (v. 1); tardi et lenti (v. 2); monti et piagge (v. 9); fiumi et selve (v. 10).

A rendere sul piano retorico la condizione di sofferenza interiore del poeta – e l’idea che sotto l’equilibrio formale viva una tensione segreta e lacerante – si colloca, al v. 8, un’antitesi* (di fuor […] dentro), figura presente anche nella contrapposizione tra spenti (v. 7) e avampi (v. 8). La presenza incombente di Amore è resa dalla posizione rilevata, in rima, dell’avverbio sempre (v. 13). Allo stesso modo l’avversativo che apre l’ultima terzina* (Ma, v. 12) denuncia l’inutilità della fuga: i luoghi, che fanno da testimoni del travaglio di Petrarca, possono difenderlo dalla vista dei suoi simili, ma non liberarlo dalla sua ossessione e permettergli di scappare da sé stesso. Anzi, le medesime strade aspre e selvagge, che rimandano a un verso dantesco («esta selva selvaggia e aspra e forte», Inferno, I, 5), sono l’attribuzione dall’alto di una caratteristica propria della sua inquietudine: la natura, non a caso priva di connotazioni realistiche, appare così come uno scenario mentale, un vero e proprio paesaggio dell’anima.

 >> pagina 389

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Quale stato d’animo indicano i due aggettivi con cui si apre il componimento?


2 In che modo ritieni che lo stato d’animo del poeta possa essere visibile agli altri?


3 Quali emozioni provoca l’amore in Petrarca? Scegline almeno tre.

  • a Gioia.
  • b Felicità.
  • c Dolore.
  • d Tormento. 
  • e Angoscia.
  • f Allegria

4 La solitudine aiuta il poeta? Gli permette di alleviare il suo stato d’animo? Motiva la tua risposta.

Analizzare

5 Perché Amore è scritto con l’iniziale maiuscola? Di quale figura retorica si tratta?


6 In un verso in particolare domina una sonorità dura e aspra. Individualo e spiega quale funzione espressiva riveste tale scelta fonica.


7 Individua tutti gli enjambement presenti nel testo.

interpretare

8 Il paesaggio è preciso e concreto oppure vago e indeterminato? Motiva la tua risposta.


9 Gli elementi naturali descritti nel sonetto riflettono lo stato d’animo del poeta? Motiva la tua risposta.

T10

Padre del ciel, dopo i perduti giorni

Canzoniere, 62

Si tratta di un testo di anniversario, datato 1338 (anche se probabilmente rielaborato intorno al 1350), undici anni dopo l’incontro con Laura, avvenuto il Venerdì Santo del 1327. Nel tempo, gradualmente, il poeta ha alimentato il proprio senso di colpa per non aver respinto le tentazioni di un sentimento peccaminoso. Per questo si rivolge a Dio, come in una preghiera, affinché lo aiuti a tornare sulla strada che conduce alla salvezza spirituale.


Metro Sonetto con schema di rime ABBA, ABBA, CDE, CDE.

         Padre del ciel, dopo i perduti giorni,

         dopo le notti vaneggiando spese,

         con quel fero desio ch’al cor s’accese,

4      mirando gli atti per mio mal sì adorni,


         piacciati omai col Tuo lume ch’io torni

         ad altra vita et a più belle imprese,

         sì ch’avendo le reti indarno tese,

8      il mio duro adversario se ne scorni.


         Or volge, Signor mio, l’undecimo anno

         ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo

11    che sopra i più soggetti è più feroce.


         Miserere del mio non degno affanno;

         reduci i pensier’ vaghi a miglior luogo;

14    ramenta lor come oggi fusti in croce.

 >> pagina 390 

Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Come spesso accade in Petrarca, anche questo sonetto è tutto giocato su una partitura temporale: al passato caratterizzato dal traviamento amoroso (i perduti giorni, v. 1) si oppone il presente della consapevolezza e del pentimento. La passione per Laura è vista come una parentesi negativa simboleggiata dal “vaneggiare” (espressione chiave, già ricorrente nel sonetto proemiale,  T6, p. 380), cioè dall’inseguire fisime inconsistenti e desideri ingannevoli, ispirati da quell’Amore capace con i suoi astuti tranelli di precludere al poeta la libertà e una superiore realizzazione personale.


1 Perché i giorni passati vengono definiti perduti (v. 1)?


2 Quale immagine metaforica suggerisce la trappola nella quale è caduto il poeta?


3 Indica le espressioni con cui Petrarca si riferisce all’amore.

Dalla presa di coscienza di quello che, sempre nel primo sonetto del Canzoniere, Petrarca definisce «giovenile errore», nasce l’esigenza di affidarsi a Dio in una preghiera che unisce la dimensione sacra dell’anniversario della passione di Cristo con quella profana della ricorrenza del proprio innamoramento (il Venerdì Santo del 1338). La domanda di misericordia è finalizzata a redimere il cuore del poeta dal peccato e dalla sottomissione al dispietato giogo (v. 10), affinché egli possa tornare all’altra vita (v. 6), alle più belle imprese (v. 6), al miglior luogo (v. 13). A che cosa, effettivamente, conduce questa diversa prospettiva esistenziale? Come ha suggerito il critico Enrico Fenzi, la risposta non può che essere ambigua: il poeta si riferisce indubbiamente alla necessità morale di una vita non più esposta alle lacerazioni dell’amore e quindi finalmente «fondata su saldi imperativi etici e religiosi», ma anche al desiderio più squisitamente letterario di dedicarsi alle opere latine alle quali affida – molto più che alle “rime sparse” in volgare – la propria fama di grande letterato.


4 Con quale verbo è completata l’invocazione iniziata al v. 1?


5 Quali espressioni si riferiscono all’occasione (sacra e profana) in cui Petrarca fissa simbolicamente la data di composizione del sonetto?


6 Su chi si accanisce maggiormente Amore?


7 La necessità di imprimere alla vita di oggi una svolta rispetto a quella di ieri è sottolineata dalla presenza dei tre paragoni impliciti indicati anche nell’analisi. Precisa per ciascuno di essi il termine di confronto sottinteso.


8 La considerazione delle passioni terrene come tentazioni degradanti è uno dei motivi ricorrenti della produzione petrarchesca. Facendo riferimento ai testi studiati, sviluppa l’argomento in un testo di circa 30 righe.


9 Confrontando questo componimento con i più significativi della tradizione poetica precedente (in particolare, lo Stilnovo e Dante), indica in un testo espositivo di circa 20 righe gli elementi di continuità e di originalità della lirica petrarchesca rispetto al passato.

 >> pagina 391

Le scelte stilistiche

L’intento penitenziale del testo è dichiarato da subito con l’invocazione iniziale (Padre del ciel, v. 1), che ricalca il “Padre nostro, che sei nei cieli”, con cui Gesù insegna ai suoi discepoli a pregare, e poi ribadito dall’invocazione della prima terzina (Signor mio, v. 9) oltre che dal Miserere dell’ultima, che recupera una formula presente nei Salmi dell’Antico Testamento. L’atto di raccoglimento evidenziato da questo registro spirituale si accorda, d’altra parte, con il tono complessivo dell’intero componimento, che si presenta in una veste molto sobria da un punto di vista stilistico: quasi che il poeta volesse conferire al testo una forma coerente alla severità senza retorica del giorno della Passione di Cristo.


10 Tipica delle preghiere è la presenza di anafore e parallelismi. Indicali.


11 Nella prima quartina l’espressione dopo i perduti giorni / dopo le notti vaneggiando spese è un

  • a chiasmo.
  • b climax.
  • c anafora.
  • d ossimoro.

T11

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

Canzoniere, 90

In questo sonetto il poeta ricorda una visione di Laura: era così bella che non è stato possibile non innamorarsene. Sebbene ora il tempo sia trascorso e anche la bellezza di Laura sia sfiorita, l’intensità dell’amore che il poeta nutre nei suoi confronti è la medesima. Il testo è stato composto fra il 1330 e il 1340.


Metro Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDE DCE.
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Audiolettura

         Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

         che ’n mille dolci nodi gli avolgea,

         e ’l vago lume oltra misura ardea

4      di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

         e ’l viso di pietosi color’ farsi,

         non so se vero o falso, mi parea:

         i’ che l’ésca amorosa al petto avea,

8      qual meraviglia se di sùbito arsi?

         Non era l’andar suo cosa mortale,

         ma d’angelica forma; et le parole

11    sonavan altro, che pur voce humana.

         Uno spirto celeste, un vivo sole

         fu quel ch’i’ vidi; et se non fosse or tale,

14    piagha per allentar d’arco non sana.

 >> pagina 392 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il poeta rievoca una visione del passato. Nelle due quartine Laura, con i capelli biondi scompigliati dal vento e gli occhi splendidi e luminosi, sembra per un attimo impietosirsi del poeta, ed è proprio tale accenno di compassione a far improvvisamente divampare in lui il sentimento amoroso. Nelle terzine, di impostazione stilnovistica, Laura viene descritta come una creatura angelica, il suo passo e la sua voce hanno parvenze celesti, più che umane.

Il poeta paragona la donna a uno spirito paradisiaco e a un sole splendente. Poco importa che con il passare degli anni la bellezza di Laura possa essere sfiorita. L’epigrafica sentenza di Petrarca, che estende l’insegnamento dal caso personale a un piano generale, è chiarissima: anche se l’arco si allenta, la ferita provocata dalla freccia d’amore che esso ha scoccato rimane aperta e dolente (piagha per allentar d’arco non sana, v. 14).

Rispetto a una semplice poesia di lode (si vedano gli esempi stilnovistici, Tanto gentile e tanto onesta pare di Dante,   T13, p. 269, o Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira di Cavalcanti,  T3, p. 153), Petrarca introduce dunque una novità: il trascorrere del tempo. Se gli Stilnovisti lodano la donna al presente, come se si trovasse di fronte a loro nello stesso momento in cui ne parlano, Petrarca lo fa al passato (un verbo all’imperfetto, Erano, apre il sonetto, e altri imperfetti chiudono i versi 2, 3, 6 e 7: avolgea, ardea, parea, avea), filtrando la descrizione attraverso la soggettività del proprio ricordo. Però, a un certo punto, al piano temporale del passato si aggiunge quello del presente, che diventa non il tempo della lode, ma quello della disillusione. Ora gli occhi di Laura sono privi della luce che avevano quando era una giovane bellissima (di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi, v. 4) e il poeta è consapevole di quanto oggi ella sia diversa: per delicatezza attenua l’affermazione con il tono dubitativo – et se non fosse or tale (v. 13) –, ma il concetto è chiaro. Così, la poesia di Petrarca guadagna in complessità e il ritratto di Laura in concretezza e umanità.

Tipicamente petrarchesco è il motivo della caducità della bellezza e della fragilità delle cose umane, che compare già nel sonetto proemiale al v. 14 ( T6, p. 380): «quanto piace al mondo è breve sogno». Gli stessi aggettivi mortale e humana, che chiudono rispettivamente i vv. 9 e 11 e dunque sono posti in posizione di rilievo, smentiscono l’impressione di quelle caratteristiche sovrumane percepite al momento dell’innamoramento. Anche l’espressione fu quel ch’i’ vidi (v. 13) sottolinea, più che un dato di fatto, una valutazione soggettiva.

 >> pagina 393 

Le scelte stilistiche

La descrizione della situazione è tutta giocata sulle metafore*: i capelli di Laura sono d’oro (v. 1); il poeta ha nell’animo l’ésca amorosa (v. 7; letteralmente, “materia infiammabile”, per indicare la sua intima disposizione ad amare) e l’innamoramento è descritto come un prendere fuoco (arsi, v. 8); Laura è un vivo sole (v. 12); l’amore è una ferita (piagha, v. 14).

L’espressione a l’aura (v. 1) richiama chiaramente, attraverso un bisticcio*, il nome della donna, quasi come un senhal, lo pseudonimo utilizzato già dai trovatori provenzali al fine di celare, per discrezione, la vera identità della donna (nel manoscritto del Canzoniere “l’aura” è sempre scritto senza apostrofo, cioè come “laura”; dunque l’identificazione è ancora più evidente).

Del resto, poiché l’immagine della donna, sottratta all’azione corrosiva del tempo, rimane affidata soltanto alla dimensione soggettiva della memoria, essa si condensa in pochi dettagli significativi, rievocati attraverso la sineddoche*: prima i capelli, poi la luce degli occhi e infine il colore del viso. Ma è soprattutto la chioma bionda sparsa al vento a imprimersi nella memoria di Petrarca, e in quella del lettore, essendo collocata nella posizione rilevata del primo verso del sonetto. Gli stessi nodi (v. 2) dei capelli rimandano allusivamente ai “lacci d’Amor”.

Il tono del componimento è sospeso, quasi a rendere lo stupore che coglie il poeta di fronte alla visione dell’amata: sul piano retorico collaborano alla resa di tale sospensione i numerosi iperbati* presenti in tutti i versi delle quartine e gli enjambement*, come quello tra i vv. 3-4 (ardea / di quei begli occhi), quello tra i vv. 10-11 (et le parole / sonavan altro) e quello tra i vv. 12-13 (un vivo sole / fu quel ch’i’ vidi).

Lo stacco netto tra passato e presente, tra visione lontana e realtà attuale, è reso al v. 13 (fu quel ch’i’ vidi; et se non fosse or tale) attraverso un’antitesi* che contrappone la Laura splendente di un tempo a quella sfiorita di oggi. Ma l’invecchiamento della donna non rende comunque medicabile la ferita del poeta: l’amore può sottrarsi al tempo e opporre l’invincibile eternità della memoria.

 >> pagina 394 

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Qual è, fuor di metafora, la scintilla che dà fuoco all’esca amorosa?


2 Traccia un ritratto fisico di Laura sulla base degli elementi descrittivi forniti dal sonetto. Tali elementi ti paiono sufficienti a ricavarne una descrizione compiuta della donna oppure no? Se no, elenca quelli che a tuo parere mancano.


3 Che cosa significa mi parea (v. 6)? Lo stesso verbo, “parere”, è impiegato nel sonetto dantesco Tanto gentile e tanto onesta pare ( T13, p. 269). In quel caso «pare» significa “appare in tutta evidenza”, “si mostra manifestamente”. Il significato che gli attribuisce qui Petrarca è lo stesso?

Analizzare

4 Nelle terzine sono presenti due chiasmi, relativi alla disposizione di quattro sostantivi e quattro aggettivi. Individuali spiegandone la funzione.


5 Riportiamo alcuni dei numerosi iperbati presenti nel sonetto: riscrivi i relativi versi nella forma sintatticamente più regolare.


Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

 


che ’n mille dolci nodi gli avolgea

 


e ’l vago lume oltra misura ardea / di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi

 

 


e ’l viso di pietosi color’ farsi, / non so se vero o falso, mi parea

 

 


Non era l’andar suo cosa mortale, / ma d’angelica forma

 

 

interpretare

6 Quale idea dell’amore emerge nel sonetto? È positiva o negativa? Motiva la tua risposta con esempi tratti dal testo.


7 Quale concezione del tempo viene presentata nel testo? Spiega soprattutto se è positiva o negativa.

Produrre

8 Scrivere per confrontare. In che cosa differisce la rappresentazione della donna qui offerta da Petrarca rispetto a quella degli Stilnovisti? Scrivi un testo argomentativo di circa 20 righe elencando almeno due analogie e due differenze. Puoi completarlo con citazioni di versi degli autori stilnovisti ( pp. 145 ss.).


9 Scrivere per argomentare. Il critico Gianfranco Contini ha definito questo sonetto una «insigne dichiarazione di dedizione oltre il tempo». Ritieni ancora attuale l’idea di Petrarca che quando si ama veramente si ama per sempre? Argomenta la tua risposta con riflessioni tratte dalla tua esperienza e dall’osservazione della realtà contemporanea. Scrivi un testo di circa 30 righe.

Una descrizione audace

C’è una certa audacia, da parte di Petrarca, nel descrivere una Laura dai capelli sciolti e mossi dal vento, perché all’epoca le donne in pubblico portavano i capelli sempre raccolti, e li scioglievano soltanto in privato. Dunque il poeta offre al lettore una descrizione che presuppone una certa intimità con Laura, che sappiamo probabilmente più immaginata che vissuta davvero. A ciò si aggiunga l’elemento naturale del vento, che fa supporre una collocazione della scena in un luogo aperto, in ogni caso lontano dalla dimensione domestica abituale. Anche sul piano letterario si tratta di una notevole innovazione: rispetto alla fissità della descrizione delle chiome o delle trecce delle donne amate tipica dello Stilnovo, Petrarca colloca la donna in uno scenario naturale, e le attribuisce un’inedita carica di vitalità. In tal modo egli recupera alcuni modelli classici, come la Venere descritta dal poeta latino Virgilio, oppure la Dafne del poeta Ovidio. Il sonetto Erano i capei d’oro è perciò un testo che mostra il passaggio dai modelli stilnovistici a una poesia più viva e moderna, attraverso il recupero dei modelli classici.

Il tesoro della letteratura - volume 1
Il tesoro della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento