T13 - Tanto gentile e tanto onesta pare

T13

Tanto gentile e tanto onesta pare

Vita nuova, 26

Del capitolo 26 riportiamo la prima parte e il primo sonetto, Tanto gentile e tanto onesta pare, uno dei componimenti più celebri della letteratura italiana, che nella struttura della Vita nuova segna il culmine della poetica della lode a Beatrice.

 Asset ID: 113677 (let-altvoc-tanto-gentile-e-tanto-100.mp3

Audiolettura

          Questa gentilissima donna, di cui ragionato è1 ne le precedenti parole, venne in tanta grazia
 de le genti,2 che quando passava per via, le persone correano per vedere lei; onde mirabile
 letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso d’alcuno, tanta onestade giungea nel cuore
 di quello, che non ardia3 di levare li occhi, né di rispondere a lo suo saluto; e di questo

5       molti, sì come esperti,4 mi5 potrebbero testimoniare a chi non lo credesse. Ella coronata e
vestita d’umilitade s’andava, nulla gloria6 mostrando di ciò ch’ella vedea e udia. Diceano
molti, poi che passata era: «Questa non è femmina,7 anzi è uno de li bellissimi angeli del
cielo». E altri diceano: «Questa è una maraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilemente sae adoperare».8 Io dico ch’ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri,9

10    che quelli che la miravano comprendeano10 in loro una dolcezza onesta e soave, tanto che
ridicere11 non lo sapeano; né alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio nol
convenisse sospirare.12 Queste e più mirabili cose da lei procedeano virtuosamente:13 onde
io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stilo de la sua loda, propuosi di dicere parole, ne le
quali io dessi ad intendere de le sue mirabili ed eccellenti operazioni;14 acciò che non pur15 

15    coloro che la poteano sensibilemente16 vedere, ma li altri sappiano di lei quello che le parole
ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto, lo quale comincia: Tanto gentile.


 

         Tanto gentile e tanto onesta pare17

         la donna mia quand’ella altrui18 saluta,

         ch’ogne lingua deven tremando muta,19

4       e li occhi no l’ardiscon di guardare.20


          Ella si va,21 sentendosi laudare,

          benignamente d’umiltà vestuta;22

          e par che sia una cosa23 venuta

8       da cielo in terra a miracol mostrare.


          Mostrasi sì piacente24 a chi la mira,

          che dà per25 li occhi una dolcezza al core,

11     che ’ntender no la può chi no la prova:


          e par che de la sua labbia26 si mova

          un spirito soave pien d’amore,

14     che va dicendo a l’anima: Sospira.

 >> pagina 270 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Nel sonetto Dante descrive le operazioni (cioè gli effetti, r. 14) virtuose e mirabili di Bea­trice: il suo saluto paralizza gli astanti, che la giudicano un’apparizione soprannaturale, e al tempo stesso infonde una dolcezza ineffabile (che ’ntender no la può chi no la prova, v.11). La fanciulla tuttavia non si inorgoglisce, mantenendo un atteggiamento di profonda umiltà. L’immagine che ne risulta è quella di una creatura angelica, tanto che il testo sembra quasi più vicino alla letteratura agiografica che non alla poesia d’amore. Il sentimento amoroso qui non ha più niente di concreto (si noti che è del tutto assente la descrizione fisica della donna): la sua dimensione terrena è superata in una visione celestiale non corrotta dalla corporeità o da riferimenti contingenti.

La gioia della lode esalta l’apparire e l’incedere di Beatrice, per poi riconoscere nella dolcezza che essa suscita nei cuori un segno sicuro di redenzione: da qui la tensione corale delle rime e della prosa, il risolversi della poesia amorosa in un inno religioso che celebra la Funzione salvifica della donna. Un nuovo modo di fare poesia coincide per Dante con un nuovo modo di essere: lo stile della lode evidenzia il fatto che il poeta è tutto assorto in un amore ormai soltanto spirituale.

Le scelte stilistiche

La tranquilla, serena compostezza della rappresentazione stempera le residue reminiscenze cavalcantiane in una scena improntata a equilibrio e assenza di concitazione drammatica. Ciò vale sia per il motivo degli occhi (v. 10), che infondono al cuore di chi contempla Beatrice non angoscia, bensì dolcezza, sia per quello del sospirare (v. 14): un sospiro deprivato di qualsivoglia connotazione dolorosa.

Prima di questo sonetto molti altri poeti, a partire da Guido Guinizzelli, avevano scritto versi di lode della nobiltà e delle virtù della donna prescelta. Qui però Dante compie un’operazione diversa: anziché descrivere semplicemente Beatrice e le sue qualità, le pone, per così dire, in atto, le mostra in azione. C’è dunque nel sonetto una componente teatrale, anche se dissimulata e molto poco drammatica. Come ha notato Gianfranco Contini, nonostante l’alto numero di forme verbali presenti nel sonetto (se ne contano ventidue), soltanto una (si va, v. 5) è costituita da un verbo di movimento, mentre quasi nessuna delle altre indica azioni vere e proprie.

La scena è dunque caratterizzata da una sostanziale staticità, configurandosi come una sorta di epifania, cioè una “manifestazione dall’alto”, di questa creatura angelica che è Beatrice, in un clima di religiosa fissità. Il sonetto è tutto incentrato su tale manifestazione. Il verbo chiave è mostrare, collocato alla fine della seconda quartina e subito ripreso in poliptoto all’inizio della prima terzina: Beatrice con la sua presenza rivela la grandezza divina. L’idea di un’epifania è anche nel pare su cui si chiude il primo verso nel significato di “appare evidentemente” (e non “sembra”, come significa par ai vv. 7 e 12).

 >> pagina 271 

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Fai la parafrasi del sonetto, ponendo attenzione al fatto che il testo è soltanto in apparenza di facile lettura, poiché diverse parole che ancora oggi utilizziamo qui hanno un significato diverso da quello attuale (a partire da gentile, onesta e pare del primo verso).


2 Quali sono, tra le seguenti, le caratteristiche di Bea­trice menzionate in questo sonetto?

  • a Bellezza.
  • b Purezza.
  • c Onestà.
  • d Sensualità.
  • e Gentilezza.
  • f Nobiltà.
  • g Umiltà.
  • h Riservatezza.

ANALIZZARE

3 Individua nel testo i verbi che rendono evidente l’“epifania” di Beatrice.


4 Indica lo schema metrico del componimento.


5 Quali sono gli effetti prodotti da Beatrice su coloro che la vedono?


6 Soffermati soprattutto sulla seconda quartina: l’apparizione di Beatrice è qualcosa che riguarda solo Dante? Perché?

Interpretare

7 Come può essere inteso l’invito che lo spirito amoroso che si muove dalle labbra di Beatrice rivolge all’anima di chi la guarda (Sospira, v. 14)?

Produrre

8 Scrivere per confrontare. Confronta il sonetto dantesco con la poesia di Guinizzelli Io voglio del ver la mia donna laudare ( T2, p. 150). Quali sono le analogie? Quali le differenze?

T14

Oltre la spera che più larga gira

Vita nuova, 41

Dopo la morte di Beatrice, accennata nel capitolo XXVIII, Dante vive una fase di grande smarrimento psicologico, che lo porta prima a chiudersi in sé stesso, poi a ricambiare il sentimento provato per lui da una pietosa «gentile donna giovane e bella molto». Si tratta però di uno sbandamento di breve durata: l’apparizione in sogno di Beatrice, infatti, lo fa vergognare della sua debolezza riportandolo sulla diritta via. Nel sonetto che segue, l’ultimo della Vita nuova, il poeta contempla la donna amata ormai elevatasi nella gloria del Paradiso: un’esperienza che eccede la comprensione della mente umana e che quindi non può essere compresa né descritta con parole comuni.


Metro Sonetto con schema di rime ABBA, ABBA, CDE, DCE.

Oltre la spera che più larga gira

passa ’l sospiro ch’esce del mio core:

intelligenza nova, che l’Amore

4       piangendo mette in lui, pur su lo tira.

Quand’elli è giunto là dove disira,

vede una donna, che riceve onore,

e luce sì, che per lo suo splendore

8      lo peregrino spirito la mira.

Vedela tal, che quando ’l mi ridice,

io no lo intendo, sì parla sottile

11    al cor dolente, che lo fa parlare.

So io che parla di quella gentile,

però che spesso ricorda Beatrice,

14    sì ch’io lo ’ntendo ben, donne mie care.

 >> pagina 272 

Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Beatrice non è più sulla Terra: il poeta la rappresenta come una beata nell’Empireo, sede di Dio. In Tanto e gentile e tanto onesta pare ( T13, p. 269), Dante poteva contemplare il “miracolo” della sua apparizione sulla terra; ora, invece, l’impresa è possibile solo con il pensiero, che sotto forma di sospiro (v. 2) e peregrino spirito (v. 8), grazie a una sorta di raptus mistico, la raggiunge alla fine di un viaggio ascensionale dalla Terra al Cielo. Tuttavia non è un’esperienza comprensibile razionalmente (io no lo intendo, sì parla sottile, v. 10) né spiegabile: l’oggetto e il contenuto della visione sono ineffabili. Solo un elemento può essere inteso e detto: è il nome dell’amata, ormai a tutti gli effetti una santa nella gloria del Paradiso, creatura eletta che rimanda a Dio.


1 Perché il poeta non riesce a capire appieno ciò che gli racconta lo spirito?


2 Per quale ragione lo spirito viene definito peregrino (v. 8)?

Le scelte stilistiche

Tutto il sonetto è caratterizzato da un’atmosfera evanescente e da un tono agiografico, tipico delle vite dei santi che circolavano al tempo di Dante. Al tempo stesso, esso presenta una struttura tematicamente bipartita. Nelle quartine troviamo la rappresentazione del viaggio compiuto dal cuore del poeta verso la donna in Paradiso: non a caso, ricorrono termini appartenenti all’area semantica del movimento. Le terzine evidenziano invece il percorso inverso, dal Cielo all’interiorità dell’io lirico, vanamente impegnato nella ricerca di espressioni capaci di dire (ridice, v. 9; parla, v. 10; parlare, v. 11; ricorda, v. 13) e capire (intendo, v. 10; ‘ntendo, v. 14).


3 Sospiro sta per “spirito”. È dunque una figura retorica. Quale tra queste?

  • a Metafora.
  • b Similitudine.
  • c Anastrofe.
  • d Metonimia.

4 Sottolinea nel testo tutti i verbi che esprimono l’idea del muoversi verso l’alto.


5 Nel sonetto emergono anche espressioni tipiche dell’area semantica della visione e della luce. Quali sono?


6 Osserva la posizione delle parole relative all’atto di vedere. Quali osservazioni puoi fare?


7 Quali espressioni richiamano il tipico lessico stilnovistico?


8 Scrivere per raccontare. Il viaggio a cui allude Dante è di tipo mistico, un’avventura puramente mentale e spirituale. Raccontalo in un resoconto realistico di circa 20 righe come se fosse vero.

 >> pagina 273 

T15

La «mirabile visione»

Vita nuova, 42

L’ultimo capitolo può essere visto come climax del tema della lode nella Vita nuova. Si conclude così quest’opera e si preannuncia – secondo l’interpretazione più verosimile – la Divina Commedia, in cui pure sarà centrale la figura di Beatrice.

 Asset ID: 113678 (let-altvoc-la-mirabile-visione-vi110.mp3

Audiolettura

         Appresso questo sonetto1 apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi
cose che mi fecero proporre2 di non dire più di questa benedetta infino a tanto che
io potesse più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio3 quanto posso,
sì com’ella sae veracemente.4 Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono,5 

5      che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai
non fue detto d’alcuna. E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia,
6 che la mia
anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna, cioè di quella benedetta
Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia
7 di colui qui est per omnia secula
benedictus.
8

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Beatrice è morta (cap. 28) e ora l’immaginazione del poeta la rappresenta come una santa, emblema della direzione e del significato dell’esistenza. Se la Vita nuova era nata quando Dante aveva avvertito il senso più profondo del suo amore per Beatrice, dopo avere acquistato coscienza della novità della propria poesia all’interno dello Stilnovo, adesso il poeta manifesta l’esigenza di cantare la sua donna più degnamente (r. 3), in un’opera che forse non gli è ancora chiara nei particolari, ma della quale intuisce l’ingente portata. Gli studiosi vedono in questo ancora nebuloso riferimento un’allusione alla Divina Commedia.

 >> pagina 274 

Le scelte stilistiche

Pur nella sua brevità (peraltro speculare a quella del primo capitoletto dell’opera, quello introduttivo), l’ultimo capitolo presenta un’impostazione elegante e solenne, come testimoniano la chiusa latina e anche, poco prima, l’espressione colui a cui tutte le cose vivono (rr. 4-5), che riprendono precisi passi scritturistici. Tali allusioni bibliche hanno lo scopo di evidenziare il clima religioso e il piano già tutto ultraterreno su cui è ormai proiettata la figura di Beatrice.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Qual è lo sforzo che Dante afferma di voler compiere?

Analizzare

2 Per indicare Dio l’autore scrive prima colui a cui tutte le cose vivono (rr. 4-5) e poi colui che è sire de la cortesia (r. 6). Di quale figura si tratta?

Interpretare

3 In che cosa potrà essere consistita la mirabile visione (r. 1) di cui parla l’autore?

COMPETENZE LINGUISTICHE

4 E di venire a ciò io studio quanto posso: il termine studio e i suoi derivati vengono dal latino studium, che significa “impegno, applicazione, sforzo”, ma ha acquisito, nel corso del tempo, varie accezioni. Individuale nelle frasi che seguono e spiegale con l’aiuto del dizionario.

  • a Avevamo studiato per l’aldilà un fischio, un segno di riconoscimento (E. Montale).
  • b Ho studiato a fondo il problema e forse ho trovato una soluzione.
  • c Gianni, con gli estranei, ha sempre un atteggiamento molto studiato.
  • d Spero tu abbia studiato anche il capitolo 5, perché il professore lo chiederà sicuramente nell’interrogazione.
  • e Le studia tutte pur di lavorare il meno possibile.
  • d Il professor Rossi è un noto studioso di economia.
  • g Il tuo compagno di banco non mi sembra molto studioso.
  • h Penso che dopo la scuola superiore non proseguirò gli studi.
  •  i  Mio padre ha aperto il suo studio di architettura.

Produrre

5 Scrivere per confrontare. Confronta il primo capitoletto in prosa ( T8, p. 257) con quest’ultimo. Quali sono le analogie? Quali le differenze?

Il tesoro della letteratura - volume 1
Il tesoro della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento