CLASSICI a confronto - Ariosto e Tasso

CLASSICI a confronto

Ariosto e Tasso

Due poeti diversi per indole, ideologia e poetica
Ariosto è equilibrato, ironico ma spesso scontento e lamentoso. Tasso è irrequieto, ipersensibile, passionale e di umore malinconico. Il primo, amante della vita semplice, vive un’esistenza che è il contrario della sua opera (per niente avventurosa, sedentaria, abitudinaria e poco incline alle passioni sfrenate): disincantato osservatore dei costumi della corte, rimane ancorato al sereno orizzonte dei propri affetti, all’ombra dei potenti. Il secondo, invece, conduce una vita sradicata, sofferta, potremmo dire senza fissa dimora, caratterizzata da scatti impulsivi, ossessioni, manie di persecuzione, angosciose evasioni e dolorosi pentimenti.

Così profondamente diversi per temperamento e sensibilità, Ariosto e Tasso sono sembrati già ai loro primi lettori l’uno l’antitesi dell’altro, e i rispettivi capolavori modelli di una visione della letteratura e dell’uomo assai diversi tra loro. L’autore dell’Orlando furioso scrive infatti un poema incongruente, sul piano della struttura e dei contenuti, con quelli antichi: privo di unità d’azione, ricchissimo di temi e situazioni, irrispettoso della sacralità del cavaliere cristiano, aperto alle suggestioni della magia. L’autore della Gerusalemme liberata, invece, si attiene ai princìpi della poetica aristotelica, segue l’esempio dei poemi epici classici, intende sviluppare il solo tema della liberazione della città santa e aderire alla verità storica (pur con ampie concessioni al fantastico, ma mai fine a sé stesso).

Un poema cavalleresco e un poema epico
In contrapposizione alla libertà inventiva che Ariosto eredita dai racconti cavallereschi, Tasso vuole celebrare le forze del Bene contro quelle del Male: mentre i personaggi del Furioso vivono l’irrazionalità e la diversità delle passioni e dei comportamenti umani, sono in continuo movimento attraverso una dimensione orizzontale e uno spazio labirintico che vanifica le loro avventurose ricerche e mette in crisi il loro eroismo, quelli della Gerusalemme, dovendo sottostare ai rigorosi vincoli morali e religiosi della Controriforma, sanno di dover compiere fino in fondo una missione voluta da Dio in difesa della fede, e perciò subiscono con un ambiguo groviglio di pulsioni le tentazioni e le fragilità del loro essere.
La distaccata ironia di Ariosto e l’inquieta passionalità di Tasso
I sentimenti e le relazioni umane sono insidiati secondo Ariosto dalla Fortuna: la realtà si rivela spesso un’illusione, gli oggetti del desiderio sfuggono, l’oggettività viene meno dinanzi alla complessità dell’esistenza e alla pluralità dei punti di vista. Con Ariosto abbiamo visto affermarsi un profondo relativismo, che preclude verità assolute, in una visione laica e problematica che ricorda quella dei grandi pensatori rinascimentali a lui contemporanei, come Machiavelli e Guicciardini. Anche in Tasso sentiamo il fascino e la seduzione del sentimento, dell’amore, del piacere, ma ciò dipende dalla macchinazione delle forze demoniache: sta all’uomo rifiutare tali minacce e adeguarsi alla sola logica possibile, quella che separa, senza possibilità di mediazione, la verità dall’errore, la giusta via dalla perdizione.

Ariosto può costruire dunque un ironico monumento alla casualità e variabilità del destino, con intrecci e combinazioni fortuite; Tasso, al contrario, riduce all’ordine la molteplicità, invoca l’ortodossia, chiama a raccolta i «compagni erranti» per ricordare loro il dovere, distoglierli dal peccato e celebrare, in conclusione del poema, la vittoria dell’umanità sul Male.

Il tesoro della letteratura - volume 1
Il tesoro della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento