Due poeti diversi per indole, ideologia e poetica
Ariosto è equilibrato, ironico ma spesso scontento e lamentoso. Tasso è irrequieto, ipersensibile, passionale e di umore malinconico. Il primo, amante della vita semplice, vive un’esistenza che è il contrario della sua opera (per niente avventurosa, sedentaria, abitudinaria e poco incline alle passioni sfrenate): disincantato osservatore dei costumi della corte, rimane ancorato al sereno orizzonte dei propri affetti, all’ombra dei potenti. Il secondo, invece, conduce una vita sradicata, sofferta, potremmo dire senza fissa dimora, caratterizzata da scatti impulsivi, ossessioni, manie di persecuzione, angosciose evasioni e dolorosi pentimenti.Così profondamente diversi per temperamento e sensibilità, Ariosto e Tasso sono sembrati già ai loro primi lettori l’uno l’antitesi dell’altro, e i rispettivi capolavori modelli di una visione della letteratura e dell’uomo assai diversi tra loro. L’autore dell’Orlando furioso scrive infatti un poema incongruente, sul piano della struttura e dei contenuti, con quelli antichi: privo di unità d’azione, ricchissimo di temi e situazioni, irrispettoso della sacralità del cavaliere cristiano, aperto alle suggestioni della magia. L’autore della Gerusalemme liberata, invece, si attiene ai princìpi della poetica aristotelica, segue l’esempio dei poemi epici classici, intende sviluppare il solo tema della liberazione della città santa e aderire alla verità storica (pur con ampie concessioni al fantastico, ma mai fine a sé stesso).