T8 - Tancredi e Clorinda

T8

Tancredi e Clorinda

Canto XII, ott. 52-70

Questo può essere considerato l’episodio centrale di tutto il poema, non tanto per la sua funzione narrativa (altri sono infatti gli snodi nevralgici del racconto e della guerra stessa), quanto per la sua densità emotiva. Come e meglio che in altri momenti della Liberata, qui la passione amorosa si rivela nella sua tragica incompiutezza. Tancredi che uccide l’oggetto del suo desiderio, peraltro ricambiato, è il simbolo di quanto incomunicabili siano i sentimenti e di come agli uomini sia preclusa la felicità.

L’episodio antologizzato si apre nel momento in cui Clorinda, dopo aver incendiato insieme al compagno Argante una macchina da guerra dei crociati, non riesce a rientrare nelle mura di Gerusalemme. Sfruttando la confusione, tenta di mescolarsi ai nemici e di non farsi notare. Ma il cavaliere cristiano Tancredi si è accorto della sua presenza, senza però rendersi conto che dentro l’armatura del nemico si cela la donna di cui è innamorato.


Metro Ottave di endecasillabi con schema di rime ABABABCC.

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Audiolettura

52

Vuol ne l’armi provarla: un uom la stima

degno a cui sua virtù si paragone.

Va girando colei l’alpestre cima

verso altra porta, ove d’entrar dispone.

5       Segue egli impetuoso, onde assai prima

che giunga, in guisa avien che d’armi suone,

ch’ella si volge e grida: «O tu, che porte,

che corri sì?». Risponde: «E guerra e morte».


53

«Guerra e morte avrai»; disse «io non rifiuto

10    darlati, se la cerchi», e ferma attende.

Non vuol Tancredi, che pedon veduto

ha il suo nemico, usar cavallo, e scende.

E impugna l’uno e l’altro il ferro acuto,

ed aguzza l’orgoglio e l’ire accende;

15    e vansi a ritrovar non altrimenti

che duo tori gelosi e d’ira ardenti.


54

Degne d’un chiaro sol, degne d’un pieno

teatro, opre sarian sì memorande.

Notte, che nel profondo oscuro seno

20    chiudesti e ne l’oblio fatto sì grande,

piacciati ch’io ne ’l tragga e ’n bel sereno

a le future età lo spieghi e mande.

Viva la fama loro; e tra lor gloria

splenda del fosco tuo l’alta memoria.


55

25    Non schivar, non parar, non ritirarsi

voglion costor, né qui destrezza ha parte.

Non danno i colpi or finti, or pieni, or scarsi:

toglie l’ombra e ’l furor l’uso de l’arte.

Odi le spade orribilmente urtarsi

30    a mezzo il ferro, il piè d’orma non parte;

sempre è il piè fermo e la man sempre in moto,

né scende taglio in van, né punta a vòto.


56

L’onta irrita lo sdegno a la vendetta,

e la vendetta poi l’onta rinova;

35    onde sempre al ferir, sempre a la fretta

stimol novo s’aggiunge e cagion nova.

D’or in or più si mesce e più ristretta

si fa la pugna, e spada oprar non giova:

dansi co’ pomi, e infelloniti e crudi

40     cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi.


57

Tre volte il cavalier la donna stringe

con le robuste braccia, ed altrettante

da que’ nodi tenaci ella si scinge,

nodi di fer nemico e non d’amante.

45    Tornano al ferro, e l’uno e l’altro il tinge

con molte piaghe; e stanco ed anelante

e questi e quegli al fin pur si ritira,

e dopo lungo faticar respira.


58

L’un l’altro guarda, e del suo corpo essangue

50    su ’l pomo de la spada appoggia il peso.

Già de l’ultima stella il raggio langue

al primo albor ch’è in oriente acceso.

Vede Tancredi in maggior copia il sangue

del suo nemico, e sé non tanto offeso.

55    Ne gode e superbisce. Oh nostra folle

mente ch’ogn’aura di fortuna estolle!


59

Misero, di che godi? oh quanto mesti

fiano i trionfi ed infelice il vanto!

Gli occhi tuoi pagheran (se in vita resti)

60    di quel sangue ogni stilla un mar di pianto.

Così tacendo e rimirando, questi

sanguinosi guerrier cessaro alquanto.

Ruppe il silenzio al fin Tancredi e disse,

perché il suo nome a lui l’altro scoprisse:

60

65    «Nostra sventura è ben che qui s’impieghi

tanto valor, dove silenzio il copra.

Ma poi che sorte rea vien che ci neghi

e lode e testimon degno de l’opra,

pregoti (se fra l’arme han loco i preghi)

70    che ’l tuo nome e ’l tuo stato a me tu scopra,

acciò ch’io sappia, o vinto o vincitore,

chi la mia morte o la vittoria onore».


61

Risponde la feroce: «Indarno chiedi

quel c’ho per uso di non far palese.

75    Ma chiunque io mi sia, tu inanzi vedi

un di quei due che la gran torre accese».

Arse di sdegno a quel parlar Tancredi,

e: «In mal punto il dicesti»; indi riprese

«il tuo dir e ’l tacer di par m’alletta,

80    barbaro discortese, a la vendetta».

62

Torna l’ira ne’ cori, e li trasporta,

benché debili in guerra. Oh fera pugna,

u’ l’arte in bando, u’ già la forza è morta,

ove, in vece, d’entrambi il furor pugna!

85    Oh che sanguigna e spaziosa porta

fa l’una e l’altra spada, ovunque giugna,

ne l’arme e ne le carni! e se la vita

non esce, sdegno tienla al petto unita.


63

Qual l’alto Egeo, perché Aquilone o Noto

90    cessi, che tutto prima il volse e scosse,

non s’accheta ei però, ma ’l suono e ’l moto

ritien de l’onde anco agitate e grosse,

tal, se ben manca in lor co ’l sangue vòto

quel vigor che le braccia a i colpi mosse,

95    serbano ancor l’impeto primo, e vanno

da quel sospinti a giunger danno a danno.


64

Ma ecco omai l’ora fatale è giunta

che ’l viver di Clorinda al suo fin deve.

Spinge egli il ferro nel bel sen di punta

100 che vi s’immerge e ’l sangue avido beve;

e la veste, che d’or vago trapunta

le mammelle stringea tenera e leve,

l’empie d’un caldo fiume. Ella già sente

morirsi, e ’l piè le manca egro e languente.


65

105 Segue egli la vittoria, e la trafitta

vergine minacciando incalza e preme.

Ella, mentre cadea, la voce afflitta

movendo, disse le parole estreme;

parole ch’a lei novo uno spirto ditta,

110 spirto di fé, di carità, di speme:

virtù ch’or Dio le infonde, e se rubella

in vita fu, la vuole in morte ancella.

66

«Amico, hai vinto: io ti perdon… perdona

tu ancora, al corpo no, che nulla pave,

115 a l’alma sì; deh! per lei prega, e dona

battesmo a me ch’ogni mia colpa lave».

In queste voci languide risuona

un non so che di flebile e soave

ch’al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,

120 e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.


67

Poco quindi lontan nel sen del monte

scaturia mormorando un picciol rio.

Egli v’accorse e l’elmo empié nel fonte,

e tornò mesto al grande ufficio e pio.

125Tremar sentì la man, mentre la fronte

non conosciuta ancor sciolse e scoprio.

La vide, la conobbe, e restò senza

e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!


68

Non morì già, ché sue virtuti accolse

130 tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,

e premendo il suo affanno a dar si volse

vita con l’acqua a chi co ’l ferro uccise.

Mentre egli il suon de’ sacri detti sciolse,

colei di gioia trasmutossi, e rise;

135 e in atto di morir lieto e vivace,

dir parea: «S’apre il cielo; io vado in pace».

69

D’un bel pallore ha il bianco volto asperso,

come a’ gigli sarian miste viole,

e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso

140 sembra per la pietate il cielo e ’l sole;

e la man nuda e fredda alzando verso

il cavaliero in vece di parole

gli dà pegno di pace. In questa forma

passa la bella donna, e par che dorma.


70

145 Come l’alma gentile uscita ei vede,

rallenta quel vigor ch’avea raccolto;

e l’imperio di sé libero cede

al duol già fatto impetuoso e stolto,

ch’al cor si stringe e, chiusa in breve sede

150 la vita, empie di morte i sensi e ’l volto.

Già simile a l’estinto il vivo langue

al colore, al silenzio, a gli atti, al sangue.

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Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Infuria la battaglia sotto le mura di Gerusalemme, ma Tasso – attraverso un procedimento a lui caro, che può ricordare uno zoom cinematografico – si sposta da una visione d’insieme a un episodio particolare, che osserva da vicino. Nella mischia c’è un guerriero saraceno che non è riuscito a varcare la porta della città. E ce n’è uno cristiano che si è accorto della sua presenza e lo sfida a duello. Le prime ottave descrivono analiticamente questo scontro, che il lettore sa bene essere frutto di un tragico equivoco: dentro l’armatura indossata dal cavaliere ignoto (a Tancredi) si trova proprio la donna amata dal valoroso crociato.


1 Individua il passo in cui Tasso dichiara che Tancredi non ha riconosciuto il suo avversario.


2 Perché Tancredi vuole sfidare il guerriero sconosciuto?

L’ambiguità della situazione narrativa è accentuata sapientemente da Tasso, che anima lo spettacolo del duello (degno d’un pieno / teatro, vv. 17-18) inserendo, accanto al fronteggiarsi violento e quasi bestiale dei contendenti, suggestive allusioni al carattere implicitamente erotico e fortemente sensuale del loro corpo a corpo. Volutamente il poeta accentua la doppiezza dei gesti, contenenti sempre qualche vago sottinteso, che non sfugge al lettore il quale conosce l’identità della guerriera: nell’ottava 57 i duellanti hanno movenze che tradiscono a volte la diversità di genere (le braccia del cavaliere che avvince sono robuste, v. 42; quanto a Clorinda, da que’ nodi tenaci ella si scinge, v. 43, rivelando nel gesto la femminilità nascosta dalle armi); l’uomo per tre volte stringe la donna (e il verbo stringere evoca più un abbraccio che uno scontro tra nemici); la loro mischia produce nodi, somiglianti a un intreccio amoroso (nodi di fer nemico e non d’amante, v. 44) che si scioglie alla fine come dopo un amplesso (ciascuno dei due nemici-amanti è anelante e dopo lungo faticar respira, vv. 46 e 48). La valenza metaforica e sensuale della scena si accentua nell’epilogo dello scontro: Spinge egli il ferro nel bel sen di punta / che vi s’immerge e ’l sangue avido beve (vv. 99-100); la femminilità e la grazia fisica della donna si disvelano con la veste, che d’or vago trapunta / le mammelle stringea tenera e leve (vv. 101- 102); Clorinda, da guerriera che era, diventa ora trafitta / vergine (vv. 105-106). Il lessico ha così introdotto, prima per via allusiva e poi con maggior chiarezza, un significato diverso da quello del combattimento cavalleresco: il destino di amore e morte, che lega i due avversari-innamorati, si avvia al suo compimento.


3 Che funzione ha l’iterazione del non all’inizio dell’ottava 55?


4 Individua i punti del testo in cui viene sottolineata la violenza del combattimento.


5 Quale stereotipo ricorrente della femminilità viene sottinteso nell’immagine di Clorinda che si scinge (v. 43) dalla stretta di Tancredi?

 >> pagina 1019 

Nel frattempo Tasso, testimone accorato della scena, nelle vesti del narratore onnisciente che partecipa emotivamente alle vicende narrate e vi interviene con i suoi commenti, si rivolge con un’apostrofe allo stesso Tancredi, in una pausa che precede la fine del duello e la scoperta dell’identità del nemico sconfitto (Misero, di che godi?, v. 57). Anche Ariosto interveniva a commentare le vicende descritte, ma per sottolineare la sua (spesso ironica e sempre disincantata) distanza dalla materia. Nei suoi personaggi Tasso invece si immedesima con tormento e inquieta soggettività. Qui, con tono sconsolato, egli riflette sulla vanità dei successi umani (oh quanto mesti / fiano i trionfi ed infelice il vanto!, vv. 57-58) e anticipa, così, il dramma del cavaliere cristiano.

Tancredi, ancora ignaro, furente per lo sdegnoso e provocatorio atteggiamento del nemico (che, a fronte della cavalleresca richiesta del cristiano di conoscerne il nome, lo tace e si vanta delle proprie imprese), gli infligge il colpo mortale. Le varie fasi del duello preparano questo tragico epilogo, con un crescendo drammatico, a prima vista coerente con le esigenze dell’epica, destinato però a sciogliersi nel contrasto lirico dei sentimenti e nel paradossale rovesciamento delle parti.

La tensione del combattimento sfrenato svanisce con le parole della donna morente. Dopo il frastuono del combattimento, le sue voci languide (v. 117) si percepiscono appena e la tensione improvvisamente si stempera: un sussurro (un non so che di flebile e soave, v. 118) prepara la ricomposizione del dissidio tra i due nemici-amanti. A sanarlo è la religione, che sancisce con il rito purificatore del battesimo l’avvenuta metamorfosi di Clorinda, giunta al termine del suo percorso di conoscenza e di scoperta della Grazia.


6 Individua, nelle ottave 58 e 59, i commenti di Tasso: il poeta si riferisce solo alla situazione specifica di Tancredi o no? perché, a tuo giudizio?


7 Che cosa vuole sottolineare la similitudine all’ottava 63?


8 Individua, nell’ottava 64, i termini e le espressioni che sottolineano la femminilità di Clorinda.


9 In quale punto del testo vengono menzionate le tre “virtù teologali” (fede, speranza, carità)? perché?

Clorinda (che ormai si è rivelata a Tancredi) muore ma, ricevuto il battesimo, trova nella morte e nell’aldilà una pace e un appagamento impossibili in vita. La sua redenzione sublima in amore cristiano la violenza perpetrata in vita: dietro la sua conversione c’è la guida della Provvidenza, che le regala la salvezza celeste. L’eroina, un tempo rubella (v. 111) a Dio e ora battezzata, perdona e chiede perdono, trasfigurata nell’aspetto, in estatica contemplazione del Paradiso che la attende, serenamente pronta a trapassare dalla vita terrena a quella celeste (colei di gioia trasmutossi, e rise, v. 134).

Tancredi vince, ma contemporaneamente è condannato a una sofferenza senza riscatto per la morte dell’amata, per di più procurata da lui stesso. Ignaro di ciò che stava facendo, più che obbedire alla propria volontà, ha agito come semplice esecutore del destino di Clorinda. Ora, travolto dal dolore, è pallido, muto, quasi svenuto: un climax di emozioni che Tasso esprime con un’incalzante sequenza verbale (La vide, la conobbe, e restò senza / e voce e moto, vv. 127-128) e con la forte spezzatura dell’enjambement tra la preposizione senza e i sostantivi congiunti in polisindeto. Al contempo – e in questo sta il genio paradossale del poeta –, mentre lui, l’uccisore, che è persona viva, diventa simile a un morto, la moribonda riceve il dono di una vita nuova. Inoltre, per il modo simbolico in cui è avvenuta, possiamo considerare la conversione di Clorinda come l’annuncio della futura vittoria dei cristiani: non a caso, mentre il duello si svolge di notte, il battesimo-catarsi viene celebrato alle prime luci dell’alba. La sua morte, in quest’ottica, è rappresentata da Tasso come un’uscita dalle tenebre della colpa, progressivamente sconfitte dal sorgere del sole divino che illumina pietosamente lo sguardo della donna.


10 È possibile affermare che, già prima della richiesta del battesimo, Clorinda si sia convertita al cristianesimo? perché?


11 Quali figure retoriche sottolineano il paradosso enunciato con le parole a dar si volse / vita con l’acqua a chi co’l ferro uccise (vv. 131-132)?


12 È possibile affermare che la morte di Clorinda sia descritta come quella di una santa? perché?


13 Delinea il climax delle reazioni di Tancredi dal momento in cui scopre di aver ferito a morte la donna amata.


14 Scrivere per argomentare. Lo scopo di Tasso è trasmettere al lettore il pathos dell’avvenimento, facendolo partecipare in modo emozionale al drammatico evolversi della situazione. Ti sembra che il poeta abbia conseguito tale scopo? Ti sei sentito coinvolto dalla vicenda narrata? In generale, quali sono state le tue reazioni alla lettura del brano? A tale proposito scrivi un testo di circa 20 righe, indicando a sostegno della tua risposta i versi che ti hanno colpito maggiormente.


15 Scrivere per esporre. Scrivi una sceneggiatura dell’episodio. Che genere di attori sceglieresti? Prepara i dialoghi in italiano moderno con le varie indicazione di regia (gli abiti da indossare, i luoghi in cui girare, le inquadrature da fare, la recitazione degli attori ecc.). Per avere un’idea su come scrivere una sceneggiatura, consulta (insieme al docente) uno dei tanti siti web disponibili sull’argomento.

 >> pagina 1020 

  intrecci musica

Claudio Monteverdi Il combattimento di Tancredi e Clorinda

L’episodio della morte di Clorinda fu musicato nel 1624 dal padre del melodramma, il cremonese Claudio Monteverdi (1567-1643), in un madrigale intitolato Il combattimento di Tancredi e Clorinda, un capolavoro capace di valorizzare la concitazione e il dramma dei due guerrieri e sintetizzare con raffinatezza i sentimenti portanti del testo di Torquato Tasso: l’ira e la preghiera, la rabbia e il dolore.

Il tesoro della letteratura - volume 1
Il tesoro della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento