Il settore secondario in Europa

CONOSCO E LOCALIZZO

Il settore secondario in Europa

L’industria continua ad avere una notevole rilevanza economica in Europa, anche se rispetto al passato occupa molte meno persone.

In questi ultimi decenni il settore sta però vivendo una fase di profonda crisi e trasformazione, dovendo fronteggiare con flessibilità e mobilità la concorrenza dei cosiddetti Paesi emergenti.

Tutto questo ha portato a un aumento della disoccupazione e alla diffusione di condizioni di precariato e insicurezza.

L’EUROPA è ancora fortemente INDUSTRIALizzata

Il continente europeo, che come abbiamo visto è stato la culla dell’industria moderna, continua oggi a essere largamente industrializzato.

Germania, Regno Unito, Francia e Italia fanno parte del ristretto gruppo dei Paesi più industrializzati del mondo; Belgio e Paesi Bassi contano su una storica tradizione manifatturiera; Spagna e Irlanda hanno conosciuto più recenti sviluppi nel settore secondario. Altre regioni (il Portogallo e la Spagna Sud-Occidentale, l’Italia Meridionale, la Grecia) hanno invece un apparato industriale meno sviluppato. Nonostante queste differenze territoriali, comunque, e sebbene il settore secondario occupi ormai solo il 22% dei lavoratori (contro il 73% degli addetti al terziario), l’Europa può ancora essere definita una regione industriale.

 >> pagina 197

L’industria è diffusa e diversificata

In Europa il settore secondario è infatti diffuso e radicato; è inoltre molto diversificato, comprendendo ogni genere di produzione industriale. Sono presenti industrie di base (l’Europa ha il primato mondiale nell’industria chimica); industrie di trasformazione (quella automobilistica, per esempio, è molto importante); settori di punta dell’industria avanzata, da cui dipende in buona parte la forza economica europea sul mercato mondiale.

In Europa hanno sede molte imprese multinazionali, cioè grandi società che svolgono la loro attività in più Paesi, mantenendo in quello di origine solo alcune fasi di produzione (talvolta solo il controllo e l’amministrazione). Nestlé, per esempio, leader mondiale nel settore alimentare, ha la sua base strategica in Svizzera ma conta sedi in molti Paesi del mondo.

La forza industriale europea non è però data solo da questi giganti dell’economia: fondamentale è il peso economico di una radicata struttura di piccole (meno di 50 dipendenti) e medie imprese (meno di 250 dipendenti), che “vanno all’estero” solo con le loro esportazioni.

gli stabilimenti si concentrano nelle regioni industriali

Osservando la carta puoi notare alcune importanti caratteristiche dell’industrializzazione europea: per esempio che le industrie sono concentrate in alcune aree o regioni industriali, nelle quali si trovano stabilimenti di vario genere.

L’asse industriale occidentale ha il suo fulcro nelle aree che ospitavano un tempo i grandi giacimenti carboniferi, importante materia prima per la produzione industriale: il Regno Unito, il Belgio e soprattutto la regione della Ruhr, in Germania. Oggi le miniere europee sono meno sfruttate, ma in queste aree si trovano ancora i maggiori stabilimenti siderurgici per la produzione di acciaio.

Molto industrializzate sono anche la vasta regione intorno al delta del Reno, da Anversa (in Belgio) a Groninga (nei Paesi Bassi), l’agglomerato di Parigi, la Lorena francese, l’Italia Centro-Settentrionale (in particolare la Pianura Padana). È la parte d’Europa dove, non a caso, si concentrano i maggiori porti, le grandi città, le più importanti vie di comunicazione. Altre aree di insediamento industriale sono la Svezia Meridionale, la Danimarca, Amburgo e la Sassonia (in Germania), la Slesia (in Polonia) e la Boemia (nella Repubblica Ceca).

Un terzo asse industriale comprende a est i poli di San Pietroburgo e Mosca (in Russia) e il bacino carbonifero del Donbass, in Ucraina.

nell’industria LAVORANO SEMPRE MENO PERSONE

Come abbiamo detto, oggi il settore secondario in Europa non coinvolge più la maggior parte della popolazione attiva, né produce la quota maggiore della ricchezza, come accadeva un tempo: in un certo senso, ha passato al settore terziario il “testimone” che aveva ricevuto a sua volta dall’agricoltura. Le capacità produttive via via crescenti, accumulate grazie alla tecnologia e alle macchine (computer compresi), fanno sì che a gestire i processi produttivi bastino ormai sempre meno persone.

Non tutta l’industria è però altamente tecnologizzata o addirittura robotizzata: alcuni settori, come quello tessile, quello alimentare e quello dell’edilizia, continuano a impiegare una manodopera numerosa.

 >> pagina 198

il settore secondario è in trasformazione

Negli anni ’70 del XX secolo l’industria pesante europea (siderurgica, metalmeccanica e petrolchimica) è entrata in crisi a causa dell’aumento dei costi di lavorazione e dell’avvento delle materie plastiche, che hanno sostituito in molti campi i materiali tradizionali (per esempio l’acciaio). Si è così verificata, in risposta a quella crisi, una trasformazione dell’attività produttiva in direzione delle industrie leggere, basate cioè su produzioni specializzate o ad alta tecnologia.

Ma per comprendere la crisi attuale del settore industriale e i cambiamenti più recenti è necessario prendere in considerazione anche altri fattori.

La concorrenza è diventata globale

In tempi di rapida e libera circolazione di prodotti, ricchezze e lavoro, la concorrenza tende a riguardare tutti i settori industriali e a coinvolgere tutti i Paesi. L’Europa, infatti, è in competizione non solo con le economie storicamente più sviluppate, come quelle di Stati Uniti e Giappone, ma anche con i cosiddetti Paesi emergenti, che stanno cioè acquisendo un peso sempre maggiore nel quadro mondiale.

La Cina, per esempio, che ha un peso demografico enorme e straordinaria disponibilità di manodopera, ha conquistato rapidamente grandi fette di mercato in settori industriali come quello tessile o degli accessori di abbigliamento, mentre l’India ha sopravanzato l’industria informatica europea.

In altre parole, chi riesce a produrre merci a prezzi inferiori, cioè i Paesi dove il lavoro e le materie prime costano meno, o di qualità superiore, grazie alla specializzazione, alla ricerca, alla formazione, ha oggi la possibilità di venderle quasi ovunque grazie allo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni, conquistando i mercati di Paesi anche molto lontani e mettendo in difficoltà le industrie che vi operano e che producono a costi maggiori (o con una qualità inferiore).

Le industrie sono mobili e flessibili

Le industrie europee, sempre meno legate alla vicinanza di miniere, di fonti di energia, di fiumi e di porti (la materia prima può essere portata anche da lontano), tendono oggi a disperdersi sul territorio. Ad attirarle sono di volta in volta i luoghi di consumo dei rispettivi prodotti, i servizi offerti da una certa regione, la qualità e la disponibilità di manodopera.

Il fondamentale elemento di mobilità, anzi di trasformazione, è però dato dalla concorrenza e dalle condizioni di mercato, che spingono le imprese a cambiare prodotti e modi di produzione, ma anche a spostare altrove i loro stabilimenti in cerca di condizioni produttive migliori (delocalizzazione): molte aziende dell’Europa Occidentale, per esempio, hanno aperto fabbriche nei Paesi dell’Europa Orientale dove gli operai sono pagati meno, mentre produttori giapponesi e statunitensi di personal computer hanno aperto sedi nei nuovi distretti tecnologici dell’Irlanda.

Una tendenza generale è inoltre quella di ridurre le dimensioni degli stabilimenti per accentuarne la flessibilità, cioè la capacità di cambiare rapidamente in relazione alle richieste del mercato: imprese più piccole, che impiegano meno lavoratori e che possono essere riorganizzate più velocemente, rispondono e si adeguano meglio alle tendenze di un mercato in continua evoluzione. Così la scala delle imprese va dal gigantesco, cioè dalle grandi compagnie multinazionali che hanno filiali in molti Paesi, ad aziende piccolissime: pochi lavoratori che svolgono incarichi (commesse) per conto di altre imprese.

 >> pagina 199 

La crisi del settore secondario ha trasformato profondamente la vita degli europei

La trasformazione e la crisi del settore secondario hanno modificato profondamente l’economia dei Paesi europei e la vita di milioni di persone, oltre che le modalità con cui il territorio e gli spazi vengono occupati. Infatti, con il declino delle grandi industrie, nei Paesi avanzati si è assistito non solo a uno spostamento della forza lavoro verso il settore terziario, ma anche a un aumento della disoccupazione.

Il mondo del lavoro è cambiato: il posto fisso, che rimaneva lo stesso per anni o addirittura per tutta la vita lavorativa, è sempre più una rarità. Oggi i lavoratori sono spesso costretti ad affrontare condizioni di precariato e insicurezza e a cambiare lavoro frequentemente, talvolta con periodi di disoccupazione tra un impiego e l’altro; devono inoltre far fronte alla necessità di una formazione e di un aggiornamento continui per riqualificarsi e rimanere al passo con le conoscenze che evolvono rapidamente in ogni campo lavorativo (si parla di lifelong learning: “apprendimento per tutta la durata della vita”).

Per quanto riguarda l’impatto sul territorio, molte aree industriali, che un tempo erano sede di grandi impianti e stabilimenti, sono state dismesse e risanate, e i vecchi edifici sono stati demoliti o riconvertiti, cioè recuperati per altri usi, dando vita a zone residenziali, commerciali o che offrono servizi. I vecchi stabilimenti talvolta sono diventati anche siti di archeologia industriale: architettura e spazi vuoti che testimoniano in modo suggestivo una cultura industriale profondamente diversa da quella di oggi.

GUIDA ALLO STUDIO

Geo CONCETTI CHIAVE

1 Che dimensione hanno le imprese industriali europee?

2 Quali sono le aree più industrializzate del continente?

3 Quali fattori consentono alle imprese di far fronte alla concorrenza mondiale?

4 In che senso si parla di “flessibilità” in riferimento all’industria?

Geo WORDS

Industria di base / Basic industry • Industria pesante / Heavy industry • Industria di trasformazione / Processing industry • Industria leggera / Light industry • Industria avanzata / Advanced industry/industries • Impresa multinazionale / Multinational company • Delocalizzazione / Relocation

Ad alta quota - volume 1
Ad alta quota - volume 1
L’Italia e l’Europa