Leggiamo l’opera
La scultura è quasi a grandezza naturale. La muscolatura della Chimera è in tensione, gli artigli sporgenti, le fauci spalancate, il pelo irto sul dorso e nella criniera. La belva si acquatta e arretra mentre volge il muso verso l’alto, cercando di difendersi da Bellerofonte che la sta colpendo. Infatti la Chimera ha ferite su tutto il corpo e sul collo della testa di capra che ricade all’indietro, ormai moribonda.
Il terrore del mostro è descritto con grande naturalezza, ma le ciocche del pelo e la fisionomia del muso risultano schematici: elementi di influenza greca si uniscono a elementi arcaici, tipicamente etruschi.
Su una zampa anteriore dell’animale è incisa una dedica in caratteri etruschi: “donata al dio Tin”, la divinità etrusca più importante, che corrisponde a Zeus per i Greci e a Giove per i Romani. Questo ci fa pensare che forse era una statua votiva, destinata a stare nell’area di un santuario.