gli artisti
Mark Rothko e Barnett Newman
Grandi campiture di toni diversi per esprimere le emozioni
Grandi campiture di toni diversi per esprimere le emozioni
Come abbiamo visto, molti degli artisti attivi tra Europa e Stati Uniti intorno alla metà del Novecento sono attratti dalle molteplici possibilità offerte dal gesto artistico: gettare o sgocciolare colori, dipingere con una spatola, tagliare la tela o crearla assemblando materiali diversi. Negli stessi anni però lavorano anche artisti interessati al valore del colore, che stendono in ampie superfici: è la corrente chiamata Color field painting, cioè “pittura per campi di colore”. I suoi massimi esponenti sono Mark Rothko e Barnett Newman.
Nato in Lettonia e di origine ebraica, Mark Rothko (1903-1970), si trasferisce ancora bambino con la sua famiglia negli Stati Uniti e nel 1925 va ad abitare a New York.
I suoi dipinti sono molto simili tra loro e insieme sempre differenti: accostamenti di campiture di toni diversi, quasi sempre in forma di rettangoli orizzontali dai bordi sfrangiati, che permettono un graduale passaggio cromatico. Molti dei quadri di Rothko sono Senza titolo (72): emozioni pure che non possono essere tradotte in parole o espresse attraverso le forme figurative riconoscibili.
Dal carattere chiuso e riservato, Rothko lottò tutta la vita con la depressione e spesso ebbe problemi con i suoi committenti a cui all’ultimo minuto decideva di non consegnare le opere che aveva realizzato, preoccupato di come il pubblico le avrebbe considerate.
È il caso dei cosiddetti Seagram Murals (73), originariamente commissionati al pittore nel 1958 per decorare la sala di un ristorante alla moda, il Four Seasons di New York, situato nel grattacielo chiamato Seagram Building.
Per otto mesi Rothko lavora incessantemente alle composizioni, arrivando a realizzare tre versioni della stessa serie, ma una volta completato il lavoro decide di non consegnarlo: aveva infatti paura che i clienti del costoso ristorante non si sarebbero soffermati sul profondo valore di solitaria meditazione spirituale delle tele e non avrebbero dato loro il giusto valore.
Donate alla Tate Modern di Londra, le tele sono ora esposte in ampie sale, secondo l’allestimento scelto dallo stesso artista: i visitatori possono così meditare in silenzio sui sottili passaggi di colore dei rettangoli di Mark Rothko.
Anche Barnett Newman (1905-1970), attivo come pittore e scultore, lavora prevalentemente a New York, studiando il valore unico del colore in tele di dimensioni monumentali.
In Vir Heroicus Sublimis (74), un titolo in latino che significa “Uomo eroico sublime”, sceglie una strada molto diversa da quella di Rothko: invece di lasciare il suo dipinto senza titolo, aprendo a tutte le possibili interpretazioni dell’osservatore, sceglie un nome che allude alle qualità più alte dell’uomo espresse non attraverso un’immagine figurativa, ma con un campo di colore rosso profondo e quasi ininterrotto.
Eppure niente sembra ricordare la figura umana nella sua tela: nei quasi cinque metri di lunghezza ci sono solo tre rettangoli rossi intensi, senza sfumature, interrotti da tre sottili strisce colorate. L’artista le otteneva “in negativo”: applicava sulla tela del nastro adesivo prima di dipingere tutto uniformemente. Rimosso il nastro adesivo, rimanevano delle strisce bianche, che l’artista lasciava del colore della tela o dipingeva, come in questo caso, di giallo e di rosso scuro.
Sperimenta la tecnica di Newman con il nastro adesivo.
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi