Il Dadaismo e Marcel Duchamp

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Il Dadaismo e Marcel Duchamp

Gli artisti “ribelli” si oppongono alla tradizione con opere provocatorie e dissacranti

Nel 1916, mentre in Europa infuria il dramma della Prima guerra mondiale, nella neutrale Svizzera nasce un movimento artistico nuovo, il Dadaismo: artisti di ogni tipo – pittori, scultori, poeti, musicisti e scrittori – si ritrovano in un locale, il Cabaret Voltaire di Zurigo, dove ogni sera danno vita alle loro performance: suonano, dipingono, recitano, mescolano le arti in modo irriverente e provocatorio.

Questi artisti vedono nella provocazione l’unica possibilità di sfuggire all’orrore della guerra: sognano di ripartire da zero, annullando la tradizione artistica, ma anche le convenzioni del linguaggio. Per questo motivo scelgono un nome, Dada, che ricorda le prime sillabe pronunciate da un bambino, ma che in realtà vuole essere casuale e privo di significato; «Dada non significa nulla», scrive nel 1918 il poeta Tristan Tzara nel Manifesto del movimento.

Gli scherzi irriverenti di Duchamp

Vicino al Dadaismo ma di fatto impossibile da classificare è Marcel Duchamp (1887-1968): di origine francese, dagli anni Quaranta del Novecento si trasferisce a New York e le sue opere, irriverenti, innovative, completamente diverse da tutto ciò che l’arte occidentale ha prodotto finora, cambiano per sempre il modo di considerare e produrre l’arte.

Nel 1919 Duchamp trasforma in modo scherzoso una cartolina raffigurante la Gioconda (33). Nel 1911 il famoso quadro di Leonardo era stato rubato dal Louvre e ritrovato solo due anni dopo: se l’opera era già una delle più famose dell’arte occidentale, il furto ne aveva aumentato ancor più il mito. L’artista sceglie così una cartolina con una riproduzione del dipinto e disegna sul volto di Monna Lisa baffi e pizzetto: è un modo per farsi beffe del dipinto rinascimentale e per andare contro la tradizione secondo cui la Gioconda era un capolavoro indiscusso.

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Un’arte “già pronta”

Partendo dalle prove più semplici, come quella con la cartolina della Gioconda, Duchamp inizia a sperimentare la tecnica del ready-made, espressione inglese che significa “già pronto”: in pratica l’artista sceglie un oggetto di uso comune, lo priva della sua funzione originaria e, esponendolo al pubblico in una mostra, lo trasforma in un’opera d’arte.

Nel 1913 Duchamp crea Ruota di bicicletta (34): montando la ruota di una bici su uno sgabello da cucina in legno dipinto, fa sì che la ruota perda la sua funzione, ma la sua nuova collocazione – in una galleria d’arte – la fa diventare un’opera d’arte. Il talento dell’artista non è tanto nello scolpire o nel creare l’opera, ma nel “decontestualizzarla”, cioè nel toglierla dal suo ambiente e dalla sua funzione originaria per trasformarla in qualcosa di nuovo e insolito.

Ancora più dissacrante è l’opera Fontana (35) del 1917: si tratta di un orinatoio, che l’artista ha provocatoriamente firmato “R. Mutt”, un nome che è rimasto sempre misterioso perché forse allude alla collaborazione tra Duchamp e altri artisti o a un modo di scherzare sulla propria identità. Considerata da molti critici l’opera più influente del Novecento, Fontana è diventata il simbolo della nuova concezione di arte: un oggetto prodotto in serie e non realizzato dall’artista stesso, un’opera che non basa il suo valore sulla bellezza o su particolari caratteristiche estetiche, ma sul fatto di essere stata scelta dall’artista.

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Il Dadaismo e Marcel Duchamp
  • Il Dadaismo vuole essere irriverente e                                                           per azzerare la tradizione artistica precedente
  • Duchamp sceglie oggetti di uso                                                           e li trasforma in opere d’arte: crea i                                                          

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi