LE TECNICHE - Teoria e pratica del colore

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Teoria e pratica del colore

Nell’Ottocento, l’entusiasmo per la scienza e per le nuove scoperte interessò anche l’arte e soprattutto il modo in cui venivano analizzati e studiati i colori.


I contrasti simultanei. Una delle figure più interessanti fu a questo proposito Michel-Eugène Chevreul, un chimico francese: divenuto direttore di un laboratorio di tessuti e tappezzerie, la manifattura dei Gobelins di Parigi, iniziò a interessarsi ai contrasti tra colori diversi proprio per migliorare la produzione della sua azienda, dopo aver ricevuto critiche dai clienti su come il colore nero appariva alla vista se accostato con il blu. In questo modo Chevreul scoprì che ciò che l’occhio umano vede dipende dalla presenza dei colori circostanti.

Accorgendosi infatti che, per esempio, certe tonalità di rosso, se accostate al verde, risultavano più vivaci, mentre se accostate al giallo tendevano a risultare più spente, Chevreul capì che due colori avvicinati l’uno all’altro tendevano a mescolarsi in un modo preciso: il giallo tendeva a colorare di un blu violaceo i colori vicini, il rosso di un verde tendente all’azzurro, il blu di un giallo aranciato.

Osservando e studiando questi fenomeni formulò la legge dei contrasti simultanei: se due colori sono posizionati vicini, l’occhio li percepisce in modo diverso da come sono realmente e da come appaiono se si trovano isolati.

Questa scoperta ebbe notevoli conseguenze nel mondo dell’arte: innanzitutto per gli impressionisti, che amavano studiare sfumature di luce e colore, e poi, in modo più scientifico e accurato, per i puntinisti (vedi p. 408): il modo con cui questi pittori studiavano come accostare i diversi colori puri dipendeva proprio dagli studi di Chevreul.

 FAI tu!

Prova a sperimentare in prima persona la tecnica puntinista. Scegli una porzione del dipinto a p. 408.

  • Dapprima copia il disegno ed esercitati a colorarlo usando le matite, sfumandole tra loro senza “dividere” i colori.
  • Ora fai un’altra prova: realizza prima il disegno a matita e poi procedi colorandolo a “punti” realizzati a pennarello. Decidi in anticipo quali colori utilizzare e parti prima da punti abbastanza lontani e poi procedi, inserendo nuovi toni, riempiendo gli spazi tra i punti e mettendoli sempre più vicini. Per esempio, per realizzare una porzione di prato, prima devi delimitare dove cadranno le ombre e le luci. Poi parti con dei puntini distanti di verde brillante e riempi gli spazi con punti più chiari nella parte in luce, inserendo anche il giallo, e più scuri nella parte in ombra, inserendo anche il nero.

Materiali e tecniche

L’Ottocento fu un periodo di invenzioni e scoperte anche per quanto riguardava la tecnica usata dai pittori.


I colori a olio. Fin dal Rinascimento per dipingere su tavola e poi su tela si usa prevalentemente il colore a olio, una mescolanza di pigmenti in polvere con un legante, l’olio (vedi p. 229).


I pigmenti. Per un artista del Cinquecento era tipico lavorare i pigmenti in prima persona o con l’aiuto dei garzoni di bottega, riducendo in polveri finissime i vari materiali e facendo attenzione a quelli che, mescolati tra loro, sarebbero risultati incompatibili o avrebbero reagito in modo strano. Una volta ottenute le polveri, venivano macinate insieme all’olio.


I leganti. Con il passare dei secoli, divenne sempre più frequente mettere in commercio i colori già mescolati con il legante. Nell’Ottocento i pigmenti venivano conservati in speciali contenitori ricavati dalle vesciche di maiale: per aprirle venivano forate e poi chiuse con una puntina. Era comunque facile che il contenitore si forasse e che il prezioso colore andasse disperso. Per questo motivo gli artisti erano soliti dipingere solamente all’interno di uno studio, per non rischiare di rovinare o perdere i materiali.


Il tubetto di metallo. La vera rivoluzione avvenne nel 1841, quando un artista americano, John Rand, inventò, per conservare e trasportare il colore già mescolato con l’olio, il tubetto in metallo morbido: questo consentiva finalmente di conservare il colore in modo ottimale, senza farlo seccare, ma anche di trasportare facilmente i colori. Con l’aiuto di cavalletti portatili chiamati “da campagna”, perché leggeri e maneggevoli, gli artisti potevano finalmente dipingere all’aperto, senza sprecare o disperdere i materiali.

Senza un’invenzione apparentemente banale come quella del tubetto metallico, probabilmente non avremmo avuto gran parte della pittura del secondo Ottocento – dagli impressionisti in poi – e soprattutto non sarebbe mai stato possibile per gli artisti lavorare en plein air, a diretto contatto con la natura.

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi