I macchiaioli

realismo

I macchiaioli

Scene di vita quotidiana ritratte a grandi macchie di colore

Gli anni che immediatamente precedono e seguono l’Unità d’Italia sono fondamentali per lo sviluppo e il rinnovamento dell’arte della Penisola: in questo contesto, Firenze è uno dei centri pulsanti della giovanissima nazione, città ricca di cultura grazie a una fiorente produzione libraria e teatrale, meta preferita di viaggiatori e artisti stranieri.

Qui, in opposizione all’ambiente delle Accademie, dove si insegna arte secondo i canoni più tradizionali, un gruppo di giovani artisti inizia a riunirsi al Caffè Michelangiolo, luogo dove si discute d’arte ma anche di politica.

Nel 1862 un critico li definirà in modo dispregiativo “macchiaioli”, un termine che però loro adotteranno, in modo polemico, per definire il gruppo. Il nome indica lo stile scelto da questi artisti: dipingono usando macchie di colore, senza definire con il disegno i loro lavori.

In realtà i macchiaioli guardano con attenzione alla tradizione del passato: amano riprendere l’arte fiorentina quattrocentesca, i volumi solidi di Masaccio (vedi p. 223), le forme pure e piene di luce di Piero della Francesca (vedi p. 234). Allo stesso tempo, però, si appassionano alla realtà quotidiana e preparano i bozzetti per i loro dipinti dal vero all’aria aperta, nella campagna toscana.

Fattori, il “leader” del gruppo

Giovanni Fattori (1825-1908), il più famoso del gruppo, è uno dei primi artisti a dipingere usando le “macchie”, sfruttando gli effetti di luce e contrapponendo chiari e scuri, utilizzando i colori e i toni a contrasto, senza contorni definiti.

Nel Riposo (18) Fattori esplora gli effetti di luce e ombra nella campagna livornese a ridosso del mare. Il contadino, il suo carro e due buoi sono in primo piano. Il punto di vista è basso, quasi a livello del terreno, così gli animali, immobili, assumono proporzioni amplificate, quasi come fossero statue fuori dal tempo.

Oltre alla pittura di paesaggio, Giovanni Fattori ama anche i soggetti storici e la raffigurazione dell’Italia negli anni che precedono l’unificazione.

Militari e campi di battaglia costituiscono così uno dei temi prediletti del pittore livornese: nella tela In vedetta (19) i soldati risaltano nello spazio naturale, che diventa quasi astratto per la luce abbagliante del mezzogiorno.

Il cielo sembra fondersi, in lontananza, con il terreno battuto, mentre la profondità è data dallo sviluppo diagonale del muro, su cui si staglia l’ombra del soldato a cavallo.

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Gli affetti di Lega

Il tema degli affetti familiari è invece quello che caratterizza le tele di Silvestro Lega (1826-1895). Negli anni della maturità l’artista conobbe la famiglia Batelli, che lo accolse come ospite nella propria dimora toscana, dove il pittore si fidanzò con una delle tre figlie, Virginia.

Uno dei suoi dipinti più noti, Il canto di uno stornello (20), rappresenta proprio le tre sorelle Batelli. Le fanciulle sono disposte di fronte a una finestra aperta: due cantano e una le accompagna al pianoforte.

Le figure si stagliano monumentali nella luce del pomeriggio, e le loro forme ricordano la pittura quattrocentesca di Piero della Francesca, mentre il paesaggio che si intravede dalla finestra testimonia la passione dei macchiaioli per i bozzetti all’aria aperta.

Solo in apparenza, però, il dipinto raffigura una semplice scena familiare: le tre voci che cantano all’unisono alludono infatti alla necessità, per la nuova nazione italiana, di unire voci differenti.

  ricorda
I macchiaioli
  • Sono un gruppo di artisti toscani che dipingono con                                                           di colore
  • Fattori ama i soggetti                                                           
  • Lega raffigura gli                                                           familiari

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi