Il Realismo

Il Realismo

Un’arte che racconta in modo fedele la realtà e la vita vera, facendo anche emergere le questioni sociali

Molta dell’arte più interessante dell’Ottocento nasce in Francia, luogo di importanti rivolgimenti politici e sociali: verso la metà del secolo alcuni artisti iniziano a raccontare la realtà, concentrandosi soprattutto sui temi del lavoro e delle ingiustizie sociali, con uno stile nuovo, fedele al dato di realtà. Tra i principali esponenti di quello che non fu un vero e proprio movimento, ma piuttosto un atteggiamento condiviso, ci sono François Millet, Honoré Daumier e Gustave Courbet.

Già i contemporanei chiamano quest’arte Realismo, un nome che ci aiuta a capirne le caratteristiche, anche se gli artisti stessi lo rifiutarono perché riduttivo.

La poesia della vita contadina

Originario di una famiglia di contadini benestanti, Jean-François Millet (1814-1875) studia pittura a Parigi, ma poi trascorre il resto della sua vita a Barbizon, un villaggio alle porte della capitale, vicino a una foresta: qui lavorano altri artisti francesi che prendono l’abitudine di disegnare schizzi all’aria aperta, soprattutto paesaggi e scene di vita contadina.

Millet predilige composizioni con figure umane, spesso al lavoro nei campi: i dipinti sono realistici nel modo di rappresentare il lavoro, ma allo stesso tempo eleganti e misurati. La fatica del lavoro diventa così quasi un gesto sacro e poetico.

Queste caratteristiche si notano con chiarezza nel dipinto Le spigolatrici (15) dove, in primo piano, tre donne sono chine a raccogliere le spighe rimaste sul terreno dopo la mietitura, un compito umile e pagato poco. L’opera è realista nel modo di rappresentare i volti segnati e i corpi affaticati. Allo stesso tempo, però, i gesti lenti delle donne appaiono quasi fuori dal tempo, diventano una sorta di fatica eterna.

Esposto a Parigi, il dipinto di Millet fu aspramente criticato perché i corpi in primo piano apparivano sgraziati: in realtà i critici temevano che la raffigurazione di un lavoro così umile potesse suscitare rivolte.

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La denuncia sociale

Ancora più chiara nella sua denuncia sociale è un’opera di Honoré Daumier (1808-1879), pittore, incisore e fumettista satirico, punito con l’arresto nel 1832 perché autore di una caricatura del re.

Nel Vagone di terza classe (16) Daumier ritrae con sguardo impietoso la povera gente che affolla lo scompartimento più economico di un treno: una donna in primo piano approfitta del viaggio per allattare il figlio, mentre accanto a lei un’anziana dal volto segnato ha gli occhi spenti e rassegnati.

Il tratto del pittore è veloce, semplice e forte allo stesso tempo e i colori marroni e rossastri contribuiscono a sottolineare la povertà dei volti e delle vesti.

Fedeli alla realtà

Questione sociale e attenzione al mondo del lavoro tornano anche nell’opera di Gustave Courbet (1819-1877), il quale trovava riduttiva la definizione di “realista”: affermava invece di “essere non solo un pittore ma un uomo”, e di voler “fare dell’arte viva”.

Negli Spaccapietre (17) Courbet rappresenta due uomini, un giovane e un anziano, impegnati nel durissimo lavoro di spaccare e trasportare pietre: il giovane è quasi un bambino, scelta che sottintende una denuncia del lavoro minorile da parte dell’autore, e porta con le braccia un masso troppo grande per lui, mentre l’anziano ha in mano un piccone troppo piccolo per la difficoltà dell’operazione che deve compiere.

  ricorda
Il Realismo
  • La realtà viene rappresentata in modo                                                           
  • Millet predilige ritrarre il duro                                                           nei campi
  • Daumier dipinge scene di                                                           sociale
  • Courbet dichiara di voler fare dell’arte “                                                          

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi