Il Grand Tour: UN viaggio per imparare
Nel nostro Paese, ricco di città d’arte e di bellezze naturali, siamo abituati alla presenza di visitatori stranieri. Fino al secolo scorso, però, viaggiare per ammirare le attrattive dell’Italia era un’opportunità riservata a pochi privilegiati, che seguivano la tradizione del Grand Tour, affermatasi nel Settecento per i giovani europei di buona famiglia: un viaggio “grande”, che toccava le mete d’eccellenza della Penisola. Tra queste c’erano Venezia, per il suo splendore di città sull’acqua; Firenze per i capolavori d’architettura e d’arte; Roma per l’antichità e per il Papato; Napoli e il Sud per i monumenti greco-romani, compresi gli scavi di Ercolano e Pompei, e per gli affascinanti vulcani attivi. Si viaggiava da soli o in gruppo, con tempi lunghi, tra scomodità e pericoli, come raccontano i diari giunti fino a noi. Il Grand Tour era un’esperienza educativa perché permetteva di conoscere le usanze di altri Paesi. Molti di questi “turisti” riportavano in patria opere antiche, ma anche contemporanee: non a caso le più belle vedute del Canaletto si trovano all’estero.