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rinascimento

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Sandro Botticelli

La nascita di Venere

Che cosa sappiamo?

Come per la Primavera, così anche per la Nascita di Venere non conosciamo il committente, ma il dipinto potrebbe essere appartenuto a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico.

L’opera è realizzata su tela, un supporto al tempo ancora inconsueto a Firenze, dove si dipinge soprattutto su tavola; le tele dipinte erano destinate alle grandi sale oppure proprio alle dimore fuori città.


La tecnica. Botticelli ha usato una tecnica molto raffinata: alla consueta preparazione della tela a base di gesso e colla, unisce la polvere di alabastro, una pietra gessosa molto luminosa. Su questa stesura ha poi dipinto con una tempera così leggera da far intravedere in certi punti la trama della tela. Il pittore così ottiene un dipinto particolarmente luminoso, come in una perfetta mattina di primavera.

Che cosa vediamo?

Il tradizionale titolo del dipinto, la Nascita di Venere, è stato in realtà attribuito all’opera nell’Ottocento, e non corrisponde perfettamente al soggetto rappresentato da Botticelli. Infatti, secondo il mito, Venere nasce dal mare fecondo, mentre la tela rappresenta il viaggio della dea compiuto dopo la sua nascita fino alle coste dell’isola di Cipro (o Citera).

Leggiamo l’opera

Nella composizione Venere, eretta su una conchiglia, è quasi al termine del suo viaggio. Viene sospinta, fra rose sospese nell’aria, dal soffio di due figure alate, due venti: Zefiro, forte e vitale, e la gentile Aura, che alita piuttosto che soffiare, trattenendo l’irruento compagno.

Sulla riva una fanciulla, con la veste candida punteggiata di fiordalisi stretta da una cintura di rose, è pronta ad avvolgere la dea in un manto rosato, ornato da pratoline e garofanini: è probabilmente Flora o, secondo un’altra interpretazione, l’Ora della Primavera.

La scena è ambientata in una natura irreale, che pare congelata, senza profondità prospettica. Le dorature accendono di una luce magica capelli, foglie e fiori. La superficie verdastra del mare, increspata da onde astratte, non ha trasparenza. La costa è verdeggiante, come mai potrebbe esserlo dove batte l’onda marina: sulla destra si elevano piccoli alberi di alloro, fra i piedi di Flora c’è una mammola fiorita, mentre dal bordo a sinistra spuntano mazze sorde o tife, piante palustri che non vivono fra le acque del mare.

I personaggi stanno tutti in primo piano come fossero contro un fondale dipinto. Come nella Primavera, le figure femminili hanno le medesime fisionomie ideali, incorniciate dai capelli biondi a larghe ciocche, le forme candide allungate ed eteree, ma sono senza emozioni.

È l’immagine di un mondo lontano di sublime bellezza, con simboli di difficile interpretazione e venato da una certa malinconia.

confronta

Nel dipinto Botticelli cita opere antiche, ben note nella Firenze del tempo. La figura di Venere si rifà alla Venere pudica, scolpita dal greco Prassitele, nota attraverso varie copie di epoca romana. Invece per i due venti alati Botticelli si è ispirato a due figure molto simili incise in una preziosa gemma ellenistica, oggi denominata Tazza Farnese, che si trovava nelle collezioni di Lorenzo il Magnifico.

Le vie dell'arte - volume B
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Dalla preistoria a oggi