La pittura fiamminga

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La pittura fiamminga

La verità della luce e delle piccole cose, descritte sulla tela grazie alla pittura a olio

Alla sintesi geometrica dei fiorentini, gli artisti fiamminghi (delle Fiandre) preferiscono l’analisi dell’occhio che, attraverso la luce, svela i dettagli della natura, dell’uomo e dello spazio in cui vive.

Per ottenere questo luminoso naturalismo, caratterizzato da colori brillanti e forme scolpite dalla luce, i fiamminghi usano la pittura a olio, capace di restituire la realtà epidermica (cioè “della pelle”) delle cose.

La verità delle piccole cose

Jan van Eyck (1390 circa-1441) è l’iniziatore del Rinascimento fiammingo. Lavora fra L’Aia e Bruges per privati cittadini e come artista di corte al servizio di Filippo il Buono, duca di Borgogna.

Dipinge varie opere per ricchi mercanti e banchieri italiani stabilitisi nelle Fiandre, dove l’economia è molto florida. Tra questi c’è il lucchese Giovanni Arnolfini, che in un celebre dipinto noto come I coniugi Arnolfini (13) viene ritratto da Jan insieme alla moglie: la coppia ha abiti lussuosi e gioielli che ne attestano l’elevata posizione sociale.

I due coniugi stanno celebrando il loro matrimonio nella camera nuziale: mano nella mano stanno pronunciando la promessa di fedeltà coniugale di fronte a testimoni. Ma dove sono i testimoni? Guarda nello specchio convesso sulla parete di fondo: si vedono gli Arnolfini di spalle, di fronte a due uomini sulla porta della stanza. Uno di loro è probabilmente il pittore Van Eyck: infatti sul muro, al di sopra dello specchio, si legge la scritta latina «Johannes de Eyck fuit hic, 1434», che significa «Jan van Eyck è stato qui, 1434».

La luce calda e brillante di una tiepida mattina di primavera penetra nella stanza dalla finestra aperta e accarezza le superfici di oggetti, stoffe, pellicce, arredi.

Ogni dettaglio è descritto con cura e pare avere vita propria, assumendo il valore di un simbolo, talvolta difficile da interpretare. Ecco, qui sotto, alcuni esempi.

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Il ritratto fiammingo

I pittori fiamminghi introducono un nuovo schema del ritratto: il personaggio è rappresentato di tre quarti, anziché frontale o di profilo come era nella tradizione italiana. Il ritratto è tagliato a mezzo busto e spesso comprende le mani in pose fisse: conserte, giunte in preghiera, impegnate a mostrare un oggetto o appoggiate a un davanzale.

È questo lo schema del Ritratto di Francesco d’Este (14) dipinto da Rogier van der Weyden (1399 circa-1464), il più importante pittore di Bruxelles e uno dei ritrattisti fiamminghi più apprezzati in Europa. Rogier descrive in maniera dettagliata la fisionomia del giovane Francesco, figlio di Lionello d’Este, duca di Ferrara. La luce scolpisce le forme allungate del volto ed esalta la preziosità di vesti e gioielli. Il personaggio, impassibile, manifesta con evidenza la propria nobiltà.

I ritratti fiamminghi hanno una grande diffusione nell’Italia del Quattrocento, molto richiesti e facilmente trasportabili grazie al piccolo formato.

confronta

Solo una ventina di anni prima, Pisanello, pittore del Gotico internazionale, aveva ritratto Lionello d’Este, duca di Ferrara e padre di Francesco, secondo lo schema di profilo della tradizione italiana, ispirato a monete e medaglie antiche e del suo tempo.

  ricorda
La pittura fiamminga
  • I fiamminghi descrivono la realtà nei minimi                                                           grazie alla luce
  • Introducono lo schema del ritratto di                                                           
  • Usano la pittura a                                                          

le tecniche

La pittura a olio

La pittura a olio prevede l’utilizzo di pigmenti colorati mescolati con olii. Di questo procedimento si parla già nei ricettari di fine Trecento: Jan van Eyck non ha quindi inventato questa tecnica, come la tradizione racconta, ma l’ha perfezionata.

Materiali e procedimenti

I colori della pittura a olio si preparano utilizzando pigmenti naturali, come per la pittura a tempera (vedi p. 187). Questi sono mescolati con un legante oleoso in percentuale variabile; il più usato è l’olio di lino, che asciuga in tempi rapidi. All’olio si uniscono altre sostanze per diluire il colore, come le resine o la trementina.

La pittura a olio permette di disporre di un maggior numero di colori e tonalità rispetto alla tempera a uovo. A seconda della consistenza dell’impasto, i colori possono essere stesi con tecniche diverse, per esempio col pennello, con la spatola o con le dita. La stesura dei colori a olio avviene sovrapponendo strati successivi di colore, di spessore variabile: se sottili, sono detti “velature”.

Le vie dell'arte - volume B
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Dalla preistoria a oggi