PROTAGONISTI - Gli imputati dei processi-spettacolo sovietici

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Gli imputati dei processi-spettacolo sovietici

Nella concezione sovietica, a differenza che in quella liberale, il diritto non era uno strumento neutrale dello Stato, volto alla garanzia delle libertà individuali, ma un’arma della lotta di classe, tesa ad affermare la supremazia del Partito comunista e l’indiscussa verità della sua linea politica.

Dalle “purghe” degli anni Trenta...

I processi-spettacolo, che miravano a neutralizzare e a reprimere i sospetti di tradimento, erano stati celebrati per la prima volta a Mosca fra il 1936 e il 1938 e avevano portato alla condanna a morte di alcuni dei più importanti dirigenti bolscevichi, come Zinov’ev, Kamenev e Bucharin. Lo svolgimento dei processi prevedeva un’aperta autocritica da parte degli accusati, che, sotto terribili pressioni fisiche e psicologiche, confessavano i propri reati a danno della causa del socialismo.

Lo scrittore ungherese Arthur Koestler, militante comunista prima di lasciare il movimento a seguito del Patto Molotov-Ribbentrop, scrisse, nel 1940, un romanzo di denuncia di questi processi, Buio a mezzogiorno, che suscitò ampio scalpore fra i comunisti di tutto il mondo. Tuttavia, la tesi fondamentale di Koestler riguardava non tanto l’uso della tortura da parte delle autorità sovietiche, quanto la complicità fra vittime e carnefici nelle confessioni dei processi: una complicità fondata sul riconoscimento condiviso del ruolo del Partito comunista nella storia.

... alla repressione del dopoguerra

Sotto il controllo dell’Armata rossa, l’Europa orientale fu investita, fra il 1948 e il 1954, da una nuova ondata di terrore, di arresti e di esecuzioni. Se negli anni Trenta Trockij era stato considerato il capo di una cospirazione internazionale contro l’Urss, nei tardi Quaranta l’emblema dei supposti nemici della “patria del socialismo” divenne il leader comunista iugoslavo Tito. Nel clima di crescente paranoia del tardo stalinismo, i principali accusati dal sistema continuavano a essere comunisti, spesso militanti della prima ora. I più importanti processi del dopoguerra coinvolsero il ministro degli Interni ungherese Laszlo Rajk, il segretario generale del Partito comunista cecoslovacco Rudolf Slánský, il segretario generale del Partito comunista polacco Władysław Gomułka, l’importante esponente del Partito comunista tedesco Paul Merker, la prima donna ministro degli Esteri e figura di spicco del Partito comunista rumeno Ana Pauker e Traicho Kostov, uno dei fondatori del Partito comunista bulgaro. Quest’ultimo fu l’unico comunista orientale a ritrattare la propria confessione e a protestare la propria innocenza di fronte al tribunale. Molti degli imputati furono condannati a morte.

Una tardiva riabilitazione

La riabilitazione dei condannati nelle “purghe” del dopoguerra sarebbe avvenuta solo nel contesto della destalinizzazione, quando le democrazie popolari cercarono di attribuire alle degenerazioni del tardo stalinismo le responsabilità della repressione interna. Uno squarcio di luce sui processi sarebbe venuto dalle stesse voci delle vittime. Un ebreo cecoslovacco, Artur London, comunista combattente in Spagna, successivamente con la Resistenza in Francia, detenuto nel campo di concentramento di Mauthausen e infine ministro degli Esteri nella Cecoslovacchia comunista, fu coinvolto nel processo Slánský e condannato all’ergastolo: successivamente liberato, pubblicò il suo racconto autobiografico, La confessione (1968). Analogamente, Heda Margolious Kovály, sopravvissuta ai campi di sterminio di Auschwitz e Bergen Belsen, fuggì negli Stati Uniti, dove nel 1973 pubblicò Sotto una stella crudele, una straordinaria testimonianza della drammatica vicenda del marito, un importante membro della Resistenza: detenuto nei campi di Auschwitz e Dachau e poi ministro comunista nel dopoguerra, fu processato e impiccato nel quadro del processo Slánský.

Storie. Il passato nel presente - volume 3
Storie. Il passato nel presente - volume 3
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